Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27356 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27356 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 21631/2021 r.g. proposto da:
COMUNE RAGIONE_SOCIALE MILAZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall’AVV_NOTAIO, il quale dichiara di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato.
-ricorrente-
CONTRO
COGNOME NOME E COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, giusta mandato agli atti, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato.
-controricorrente-
E
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME
COGNOME NOME, COGNOME FABIO, COGNOME NOME, INDIRIZZO NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura speciale rilasciata su separato foglio allegato in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente processo all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato.
-controricorrenti-
avverso la sentenza della Corte di appello di Messina n. 369/2020, depositata il 28/9/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/9/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, con atto di citazione del 24/11/1993, convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto il Comune di Milazzo e la RAGIONE_SOCIALE, per sentir accertare l’illegittimità e la decadenza della concessione rilasciata su un’area di proprietà degli attori, poi perfezionata con convenzione stipulata il 13/10/1989 tra il Comune di Milazzo e la suddetta società RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, gli attori evidenziavano la violazione delle norme sui finanziamenti pubblici delle cooperative, oltre ai vizi dell’intera procedura espropriativa, chiedendo la restituzione dell’area illegittimamente occupata, oltre al risarcimento del danno per la perdita di possesso degli immobili.
Si costituivano in giudizio i convenuti, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
Con la sentenza non definitiva n. 10 dell’8/1/2010 il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario in ordine alla inosservanza del termine iniziale della procedura espropriativa oltre che al mancato inserimento della RAGIONE_SOCIALE nel piano di utilizzazione degli stanziamenti previsti. Dichiarava invece la giurisdizione del Giudice ordinario in ordine alla inosservanza del termine finale della procedura espropriativa.
Con la successiva sentenza definitiva n. 93 del 23/2/2016 il Tribunale condannava il Comune di Milazzo a pagare in favore degli attori il risarcimento dei danni, quantificati in euro 746.325,00.
Il Tribunale dichiarava la RAGIONE_SOCIALE non tenuta al risarcimento del danno in favore degli attori.
Avverso tale sentenza proponeva impugnazione il Comune di Milazzo.
Nel procedimento in appello si costituivano gli attori NOME COGNOME e NOME COGNOME, proponendo anche appello incidentale, mentre la RAGIONE_SOCIALE restava RAGIONE_SOCIALE.
Con ordinanza del 9/7/2018 la Corte territoriale disponeva la notifica della comparsa di costituzione, contenente l’appello incidentale, anche alla società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Gli appellanti incidentali COGNOME, stante l’estinzione della società, avvenuta nelle more, provvedevano alla notifica dell’appello incidentale nei confronti dei singoli soci.
Si costituivano in giudizio i soci: NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La notifica non si perfezionava nei confronti dei soci NOME COGNOME e NOME COGNOME, in quanto deceduti.
All’udienza del 6/12/2018 «veniva dichiarata la morte di alcuni soci» e la Corte d’appello con ordinanza del 26/2/2019 dichiarava l’interruzione del processo per la mancata notifica a NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Con istanza del 13/1/2000 il difensore degli appellanti incidentali COGNOME chiedeva dichiararsi ex art. 307 c.p.c. l’estinzione del giudizio per mancata riassunzione nel termine ex art. 305 c.p.c.
La Corte d’appello rinviava per la prosecuzione all’udienza del 27/2/2020.
Nelle more, il difensore del Comune di Milazzo, AVV_NOTAIO, in data 17/1/2020, depositava ricorso per riassunzione.
La Corte d’appello di Messina, con la sentenza n. 369/2020, pubblicata il 28/9/2020, dichiarava estinto l’intero giudizio.
In particolare, evidenziava che il difensore degli appellanti incidentali aveva eccepito l’estinzione del processo.
Osservava che con l’ordinanza del 26/2/2019, depositata l’1/3/ 2019 e «regolarmente comunicata alle parti costituite», era stata dichiarata l’interruzione del giudizio per morte di una delle parti, quindi ex art. 300 c.p.c. «o più precisamente ex art. 299 c.p.c. atteso che l’evento morte si è verificato prima della formale costituzione».
Il processo doveva essere riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dall’interruzione.
Tuttavia, nessuna delle parti, nonostante la regolare comunicazione dell’ordinanza interruzione, aveva provveduto alla riassunzione del giudizio nei termini di legge.
Il primo atto successivo all’interruzione risultava infatti l’istanza depositata il 13/1/2010 (dieci mesi dopo) dal difensore degli appellanti incidentali COGNOME, con la richiesta di estinzione; pochi giorni dopo, e precisamente 17/1/2020, vi era stato il deposito telematico del ricorso per riassunzione da parte del difensore del Co-
mune di Milazzo, quindi oltre dieci mesi dalla dichiarazione di interruzione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Milazzo.
Hanno resistito con controricorso gli appellanti incidentali NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Hanno resistito con controricorso anche i soci della RAGIONE_SOCIALE: NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
Il Procuratore Generale, nella persona del AVV_NOTAIO COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie scritte.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 307 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3 E 4, c.p.c.».
Ad avviso del ricorrente, la sentenza della Corte d’appello sarebbe viziata «stante la dichiarazione di integrale estinzione del giudizio di appello in presenza di domande proposte dal Comune di Milazzo, in quel giudizio, nei confronti dei sigg. NOME COGNOME e NOME COGNOME», in riferimento a rapporti «del tutto autonomi e distinti rispetto a quelli dei controinteressati, costituitisi in appello, «per chiamata», a seguito della estinzione e cancellazione dal registro delle imprese della società RAGIONE_SOCIALE.
Si è in presenza – a giudizio del ricorrente – «di distinti e scindibili rapporti», dovendosi peraltro osservare che l’evento interruttivo aveva riguardato unicamente due soci della RAGIONE_SOCIALE, con la precisazione che l’estinzione, con cancellazione dal registro delle imprese, non era stata dichiarata dal procuratore della società in sede processuale.
Poiché dunque l’evento interruttivo non aveva riguardato i COGNOME, il rapporto processuale tra l’ente locale ed i COGNOME, non restava inciso né poteva subire interferenza o condizionamento da parte dei controinteressati.
La Corte di merito non avrebbe potuto pronunciare l’estinzione del giudizio «anche per la parte riguardante le domande svolte nei confronti dei COGNOME».
Trattandosi di cause scindibili, risulta illegittima la declaratoria di estinzione dell’intero processo, per la mancata riassunzione a seguito dell’evento interruttivo che abbia colpito una sola delle parti di una o di alcune tra le domande cumulativamente istruite (si cita Cass. n. 9829 del 2018).
Tra l’altro, la chiamata in giudizio, in sede di appello, dei soci della RAGIONE_SOCIALE, era il frutto di una iniziativa autonoma «non necessaria ed irrituale da parte degli appellanti incidentali COGNOME NOME e NOME», mentre la Corte d’appello aveva adottato l’ordinanza del 9/7/2018 con cui aveva ordinato la notifica del gravame incidentale esclusivamente alla società RAGIONE_SOCIALE, presso il procuratore del primo grado.
L’appello principale era stato correttamente notificato dal Comune al procuratore costituito in prime cure per la società, mentre gli appellanti incidentali avevano notificato il gravame ai soci personalmente; non ne poteva derivare l’effetto processuale della interruzione e dell’estinzione dell’intero giudizio, in quanto «in assenza della
dichiarazione dell’evento interruttivo riguardanti la RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima risultava regolarmente intimata in appello, quale parte non costituita e quindi RAGIONE_SOCIALE, trovando applicazione la regola della «ultrattività del mandato difensivo».
Con il secondo motivo di impugnazione si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 307 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Pur in presenza, in sede di appello, di un litisconsorzio facoltativo, restano distinti i rapporti processuali tra soggetti interessati.
Non sussistono dunque i presupposti per l’estinzione del giudizio, stante la natura parziale della (eventuale) obbligazione risarcitoria a carico di ciascuno dei soci della cessata RAGIONE_SOCIALE, «dal momento che la mancata riassunzione avrebbe potuto comportare l’estinzione del rapporto processuale con gli aventi causa, iure successionis , dei due soci interessati dall’evento interruttivo».
Di conseguenza, il procedimento sarebbe potuto proseguire legittimamente nei confronti degli altri soci (si cita Cass., n. 4684 del 2020).
I motivi primo e secondo, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono fondati ne termini di cui in motivazione.
3.1. Deve muoversi dalla pronuncia di questa Corte, a Sezioni Unite, per cui in caso di estinzione della società in conseguenza della sua cancellazione dal registro delle imprese, si determina un meccanismo di tipo successorio in forza del quale, sul piano processuale, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di giudizio del quale la società è parte, si ha effetto interruttivo, disciplinato dagli articoli 299 e ss. c.p.c., con conseguente prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c.; se però l’evento non sia stato fatto constare nei modi di
legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena di inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, «atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso» (Cass., Sez. U, 12/3/2013, n. 6070; richiamata da Cass., Sez. 2, 17/5/2024, n. 13737).
3.2. Si è però precisato che il rigore di tale regola ha trovato una attenuazione con la successiva pronuncia a Sezioni Unite di questa Corte n. 15295 del 4/7/2014, perché questa sentenza ha statuito che l’incidenza sul processo degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. (morte e perdita di capacità della parte) è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio per mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite.
In ragione dell’ultrattività del mandato, qualora l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione (Cass., 17/5/2024, n. 13777; Cass. Sez. U, 4/7/2014, n. 15295; Cass., Sez. L, 18/1/2016, n. 710; contra Cass., n. 6598 del 2023).
Tuttavia, si è anche ulteriormente precisato che tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano i soci successori della società, ovvero se il procuratore costituito per la società, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza l’evento o lo
notifica alle altre parti, o ancora se, in caso di RAGIONE_SOCIALE, tale evento sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, c.p.c. (Cass., 17/5/2024, n. 13777; Cass., Sez. 3, 31/10/2014, n. 23141; Cass., Sez. 3, 29/7/ 2016, n. 15762; Cass., Sez. 3, 25/1/2024, n. 2439).
Ai sensi dell’art. 300, quarto comma, c.p.c., infatti, se l’evento riguarda la parte dichiarata RAGIONE_SOCIALE, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è documentato dall’altra parte, o è notificato ovvero è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all’art. 292 c.p.c.
Ne deriva che – in generale – è sicuramente ammissibile l’atto di impugnazione notificato ai sensi dell’art. 330, primo comma, c.p.c. presso il procuratore della società cancellata (per il principio della ultrattività del mandato), anche se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento (Cass., Sez. 2, 17/5/2024, n. 13777).
Ciò è quanto si è verificato proprio nella specie, in quanto a seguito della notifica dell’appello incidentale da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti dei singoli soci della società cooperativa, quasi tutti i soci si sono costituiti nel giudizio d’appello, in luogo della società ormai cancellata dal registro delle imprese e, quindi, estinta ex art. 2495 c.c.
Solo i soci NOME COGNOME e NOME COGNOME non si sono costituiti nel giudizio d’appello, in quanto deceduti, come risulta dalla notifica dell’appello incidentale, effettuata ai sensi dell’art. 292 c.p.c.
Pertanto, nella specie non opera la regola dell’ultrattività del mandato, stante l’avvenuta costituzione in giudizio di quasi tutti i soci, ad eccezione dei due soci deceduti, per i quali non si è provveduto alla riassunzione del giudizio interrotto.
5.1. La regola della ultrattività del mandato, in caso di cancellazione della società dal registro delle imprese ex art. 2495 c.c., è stata di recente ribadita da questa Corte a Sezioni Unite (Cass., Sez. U, 16/7/2025, n. 19750), per la quale, a seguito dell’estinzione, vi è la trasmissione ai soci dei rapporti obbligatori già facenti capo alla società. Tuttavia, per un verso, ove prima della cancellazione la stessa abbia conferito ad un avvocato procura speciale per la proposizione di un ricorso per cassazione, la perdita della capacità processuale conseguente all’estinzione non comporta la inammissibilità dell’impugnazione notificata alla controparte in epoca successiva, trovando applicazione il principio di ultrattività del mandato (Cass., Sez. U, 19/11/2024, n. 29812). Per altro verso, ai fini della configurazione della responsabilità dei soci per un debito tributario della società estinta, l’avvenuta riscossione di somme da parte degli stessi in base al bilancio finale di liquidazione integra una condizione dell’azione attinente non già alla legittimazione dei soci, ma all’interesse ad agire del fisco, che l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dedurre con apposito avviso di accertamento emesso nei confronti dei soci, ai sensi dell’art. 36, comma 5º, del d.P.R. n. 602 del 1963 e dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, e del quale ha l’onere di fornire la prova in giudizio (Cass. Sez. U, 12/2/2025, n. 23625).
Ove dunque l’evento estintivo si verifichi nel corso del giudizio di secondo grado, prima che la causa sia trattenuta per la decisione e senza che lo stesso sia stato dichiarato, né notificato, dal procuratore della società medesima, ai sensi dell’art. 300 c.p.c. per il principio dell’ultrattività del mandato, il suddetto difensore continua a rappresentare la parte come dell’evento non si fosse verificato, sicché il ricorso per cassazione notificato alla (pur estinta) società contribuente, presso il difensore costituito nei gradi di merito, risulta ritualmente proposto (Cass., Sez. 5, 17/12/2014, n. 26495).
Nella specie, invece, come detto, l’avvenuta costituzione dai soci nel giudizio di appello ha superato l’ultrattività del mandato.
Tuttavia, la Corte d’appello ha erroneamente dichiarato l’interruzione del giudizio, in quanto, a seguito della costituzione solo di una parte dei soci della RAGIONE_SOCIALE estinta e, dunque, cancellata, ad eccezione di due soci risultati deceduti, la Corte territoriale, per le ragioni che seguono, avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi dei soci deceduti, sussistendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i soci della società estinta ed un litisconsorzio processuale tra tutte le parti del giudizio di appello.
Va, dunque, rilevato che, una volta costituitisi i soci della società RAGIONE_SOCIALE estinta, per intervenuta cancellazione dal registro delle imprese, ex art. 2495 c.c., si è verificata, nella specie, un’ipotesi di litisconsorzio tra tutti i soci, sicché la Corte d’appello avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci presso i quali la notifica non era andata a buon fine, per l’avvenuto decesso, e quindi nei confronti dei loro eredi.
Per questa Corte, infatti, in tema di legittimazione ad agire degli ex soci di società di capitali estinta, per i rapporti facenti capo a questa ed ancora pendenti dopo la cancellazione dal registro delle imprese si determina un fenomeno successorio rispetto al quale occorre distinguere: se l’ex socio agisce per un debito della società estinta, non definito in sede di liquidazione, la successione interessa tutti i soci esistenti al momento della cancellazione, posto che essi succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società, sicché sussiste un litisconsorzio di natura processuale e tutti i soci debbono essere chiamati in giudizio, ciascuno quale successore della società e nei limiti della propria quota di partecipazione; se invece l’ex socio agisce per un credito della società estinta, pur rimanendo immutato
il meccanismo successorio, la mancata liquidazione comporta soltanto che si instaurerà tra i soci medesimi un regime di contitolarità o comunione indivisa, onde anche la relativa gestione ne seguirà il regime proprio, con esclusione del litisconsorzio (Cass., Sez. 1, 4/7/ 2018, n. 17492; Cass., Sez. 5, 11/6/2019, n. 15637).
Inoltre, deve reputarsi, comunque, non corretta l’estinzione dell’intero giudizio, fermo restando che il giudice di secondo grado non avrebbe dovuto dichiarare l’avvenuta interruzione del processo, ma ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi dei soci deceduti.
Ed infatti, una volta che la Corte di merito ha dichiarato la morte dei due soci il 16/12/2018 ed ha dichiarato interrotto il giudizio con provvedimento del 26/2/2019, l’atto di riassunzione è stato depositato tardivamente solo in data 17/1/2020, quando il termine di sei mesi di cui all’art. 305 c.p.c. (il processo è stato instaurato prima dell’entrata in vigore della legge n. 69 del 2009, che si applica ai processi instaurati a decorrere dal 4/7/2009) era ormai decorso.
Ciò, però, trattandosi di cause scindibili, non avrebbe potuto provocare in alcun modo l’estinzione dell’intero giudizio, ma esclusivamente del giudizio relativo ai due soci contumaci, per i quali era stata dichiarata l’interruzione ex art. 300, quarto comma, c.p.c.
Trova infatti applicazione la giurisprudenza di questa Corte per cui quando vengano riunite e cumulativamente istruite la domanda di risarcimento del danno e quella di garanzia, proposta dalla convenuto nei confronti del proprio assicuratore della responsabilità civile, in presenza di un evento interruttivo che tocchi una sola delle due cause connesse il giudice ha la facoltà e non l’obbligo di separarle, ma, ove non si avvalga di tale facoltà, l’eventuale ordinanza che dichiari interrotto il processo produce gli effetti di cui agli artt. 300 e ss. c.p.c. solo con riferimento alla causa in cui si è verificato
l’evento interruttivo, mentre l’altra causa non separata resta in una «fase di stallo» o di «rinvio», destinata necessariamente a cessare per effetto della riassunzione della causa interrotta o dell’estinzione di essa (Cass., 20/4/2018, n. 9829; Cass. Sez. U, 22/4/2013, n. 9686; Cass., 20/4/2017, n. 9960).
Il principio è stato a maggior ragione applicato nell’ipotesi di cumulo soggettivo facoltativo, in presenza di più rapporti processuali autonomi.
Pertanto, l’evento interruttivo che colpisca uno solo di tali rapporti processuali, tecnicamente riferiti a cause scindibili, legittimamente può produrre i suoi effetti solo quanto al rapporto processuale che coinvolge la parte cui l’evento si riferisce, senza alcuna possibilità di inficiare gli altri e, segnatamente, senza alcuna trasmissione a questi ultimi dell’eventuale effetto estintivo derivato dalla mancata tempestiva riassunzione del rapporto processuale in cui è parte del soggetto colpito dall’evento interruttivo (Cass., n. 9829 del 2018).
Per questa Corte, infatti, in caso di cumulo di cause scindibili, l’evento interruttivo relativo a una delle parti (nella specie, apertura del fallimento ex art. 43, comma 3, l. fall.) non spiega effetti nei confronti delle altre, le quali, pertanto, anche laddove il giudice non disponga la separazione delle cause, non sono tenute a riassumere il processo; conseguentemente, qualora la riassunzione non sia stata tempestivamente effettuata nell’interesse della parte colpita dal suddetto evento, l’estinzione si verifica nei soli confronti di quest’ultima, continuando il processo nei confronti degli altri litisconsorti (Cass., Sez. 3, 23/4/2020, n. 8123), non potendosi estendere a costoro l’eventuale estinzione del processo ex art. 330 c.p.c. relativa ad uno dei convenuti originali (Cass., Sez. 2, 20/8/2019, n. 21514).
12. La sentenza di questa Corte n. 14040 del 29/9/2003, richiamata dalla difesa dei soci, attiene alla diversa ipotesi della mancata
riassunzione nei confronti del terzo chiamato in causa come soggetto effettivamente obbligato; nella specie, invece, gli attori NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno chiamato in giudizio originariamente sia il Comune di Milazzo, sia la società RAGIONE_SOCIALE, senza che vi sia stata alcuna chiamata in causa nei confronti del terzo.
12.1. Anche la sentenza di questa Corte, a Sezioni Unite, n. 9686 del 22/4/2013, richiamata sempre dalla difesa dei soci nel controricorso, conferma il principio generale della estinzione solo parziale del giudizio pendente tra soggetti diversi in cause scindibili.
12.2. L’ordinanza di questa Corte n. 16007 del 21/7/2011, pure richiamata dalla difesa dei soci, attiene alla diversa ipotesi in cui l’attore propone contro più convenuti in cumulo tra loro e con nesso di subordinazione gradata più domande tra loro connesse.
12.3. Peraltro, i controricorrenti hanno ammesso l’esistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i soci, ma ne hanno dedotto che «non avendo il Comune di Milazzo rispettato l’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di alcuni soci, correttamente la Corte di merito ha dichiarato l’estinzione dell’intero giudizio».
In realtà – si ribadisce – la Corte d’appello avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi dei soci deceduti.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, che provvederà ad ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi dei soci deceduti, e deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025, in camera di consiglio
Il Presidente NOME COGNOME