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Estinzione giudizio: rinuncia e spese legali

Un ente pubblico, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza di condanna per un incidente stradale, ha rinunciato al ricorso. A seguito dell’accettazione della controparte, la Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione giudizio. La decisione chiarisce che in caso di estinzione per rinuncia, non è dovuto il raddoppio del contributo unificato, previsto solo per i casi di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione Giudizio in Cassazione: Cosa Succede con la Rinuncia al Ricorso?

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sulla procedura di estinzione giudizio davanti alla Corte di Cassazione. Il caso analizzato dimostra come la rinuncia al ricorso, se accettata dalla controparte, non solo ponga fine alla controversia, ma abbia anche precise conseguenze sulle spese legali e sul versamento del contributo unificato. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa: Dal Sinistro Stradale alla Cassazione

La controversia ha origine da una richiesta di risarcimento danni avanzata da alcuni cittadini nei confronti di un Comune, a seguito di un incidente stradale mortale avvenuto nel 2005. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva riconosciuto un concorso di colpa della vittima nella misura del 50%, condannando comunque l’ente locale al risarcimento della restante parte dei danni.

Insoddisfatto della decisione, il Comune ha proposto ricorso per Cassazione. Tuttavia, prima che si tenesse l’udienza per la discussione, lo stesso ente ha cambiato strategia, depositando un atto di rinuncia al ricorso, che è stato prontamente accettato dalle controparti.

La Rinuncia al Ricorso e l’Estinzione Giudizio

La rinuncia al ricorso è un atto processuale con cui la parte impugnante manifesta la volontà di non proseguire nel giudizio. Secondo l’articolo 390 del Codice di Procedura Civile, quando la rinuncia viene accettata dalle altre parti (che potrebbero avere interesse alla prosecuzione del giudizio), il processo si estingue. È esattamente ciò che è accaduto nel caso di specie: l’accordo tra le parti ha portato la Corte di Cassazione a dichiarare l’estinzione giudizio.

Spese Legali e Contributo Unificato: La Decisione della Corte

Uno degli aspetti più interessanti della decisione riguarda le conseguenze economiche della rinuncia. La Corte ha stabilito due punti fondamentali:

1. Spese del Giudizio: Non si è provveduto alla condanna alle spese. L’articolo 391, ultimo comma, del Codice di Procedura Civile, stabilisce che in caso di rinuncia non si decide sulle spese. Questo suggerisce che le parti, nel contesto della rinuncia e della sua accettazione, abbiano trovato un accordo privato anche su questo aspetto, ad esempio attraverso una compensazione.

2. Raddoppio del Contributo Unificato: La Corte ha escluso l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002. Questa norma prevede che la parte che ha perso l’impugnazione (per rigetto, inammissibilità o improcedibilità) sia tenuta a versare un ulteriore importo pari al contributo unificato già pagato. La Corte chiarisce che tale sanzione non si applica quando il processo si estingue per rinuncia. La ratio è che l’estinzione giudizio non equivale a una soccombenza nel merito, ma è una chiusura concordata del contenzioso.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte sono lineari e strettamente ancorate al dettato normativo. La Corte ha semplicemente preso atto della volontà concorde delle parti di porre fine alla lite. La rinuncia al ricorso, seguita dall’accettazione dei controricorrenti, ha attivato il meccanismo previsto dall’art. 390 c.p.c., che impone al giudice di dichiarare l’estinzione del processo. Di conseguenza, la pronuncia non è di rigetto o inammissibilità, ma di mera estinzione. Questo distingue nettamente la fattispecie da quelle in cui scatta l’obbligo del versamento del doppio contributo unificato, che ha una natura sanzionatoria per chi propone impugnazioni infondate.

Conclusioni

L’ordinanza conferma che la rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento strategico per chiudere una controversia in modo definitivo, evitando gli esiti incerti di un giudizio di Cassazione. La decisione sottolinea un vantaggio non trascurabile di questa scelta: l’inapplicabilità del raddoppio del contributo unificato. Per le parti, ciò significa poter negoziare la fine della lite con maggiore serenità, senza il timore di incorrere in ulteriori oneri economici qualora l’impugnazione fosse stata respinta. Si tratta di un principio fondamentale che incentiva le soluzioni concordate e deflattive del contenzioso anche nella fase più alta del giudizio.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione e l’altra parte accetta?
In base all’art. 390 del Codice di Procedura Civile, il giudice dichiara l’estinzione del giudizio, il che significa che il processo si conclude senza una decisione sul merito della questione.

In caso di estinzione del giudizio per rinuncia, la parte che ha rinunciato deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo nei casi in cui l’impugnazione venga respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, non quando il giudizio si estingue per rinuncia accettata.

Chi paga le spese legali se il giudizio si estingue per rinuncia accettata?
Secondo l’ordinanza, che richiama l’art. 391 del Codice di Procedura Civile, la Corte non provvede sulle spese. Solitamente, questo implica che le parti hanno raggiunto un accordo privato sulla loro compensazione come parte dell’intesa che ha portato alla rinuncia e alla sua accettazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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