Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18657 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18657 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 3984/2021 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento a ll’ indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
CONTRO
Agenzia del Demanio e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, INDIRIZZO
Comune di Cavallino-Treporti
-intimato- avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 1632/2020, depositata il 30/6/2020
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/5 /2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione, avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 1632/2020, pubblicata il 30/6/2020, che ha accolto l’appello proposto dal MEF e dalla Agenzia del Demanio nei confronti della società ed avverso la sentenza del Tribunale di Venezia n. 820 del 13/4/2018, che, con riferimento all’anno 2015, aveva rideterminato il canone demaniale marittimo dovuto in relazione a due aree in concessione.
Ed infatti, la società RAGIONE_SOCIALE era titolare di due concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo rilasciate dal Comune di Cavallino-Treporti: la n. 9/2004 del 4/10/2004 e la n. 10/2004 del 4/10/2004.
Le concessioni prevedevano un canone annuo rispettivamente di euro 73.978,58 ed euro 28.785,90.
Il Comune aveva quantificato gli importi in base alla nuova disciplina di cui all’art. 1, comma 251, della legge n. 296 del 2006.
Il Comune aveva calcolato una serie di fabbricati come pertinenze demaniali.
Al contrario, la concessionaria aveva reputato che i fabbricati in questione erano di sua proprietà, proponendo un’azione di accertamento del dovuto a titolo di canoni demaniali per l’anno 2015.
Il tribunale aveva stabilito che i fabbricati presenti nelle aree in concessione non costituivano pertinenze demaniali.
La Corte d’appello, invece, con la sentenza n. 1632/2020, ha accolto l’appello principale del MEF e dell’Agenzia del demanio.
Ha proposto ricorso per cassazione la società.
L’Agenzia del Demanio e il Ministero dell’Economia e delle Finanze si sono costituiti con controricorso.
3.1. È rimasto contumace il Comune di Cavallino-Treporti
Con istanza del 17.11.2021 l’Agenzia del demanio rilevava che la società ricorrente aveva definito la controversia ai sensi del D.L. n. 104 del 2020, ART. 100, comma 7, convertito in l. N. 126 DEL 2020, e chiedeva dichiararsi cessata la materia de contendere.
La causa, dopo che il ricorrente ha depositato memoria, è stata posta in decisione all’udienza camerale del 16 maggio 2025
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. (extrapetizione) con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.».
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la «erronea declinatoria di giurisdizione, ex art. 360, primo comma, n. 1, c.p.c. e falsa applicazione del n.1) e violazione del n.3) della lettera b) del comma 1 dell’art. 03 decreto-legge 400/1993 novellato dall’art. 1 comma 251 legge 296 del 2006, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente si duole della «violazione dell’art. 133, primo comma, lettera b) del decreto
legislativo 2/7/2010, n. 104 e dell’art. 59 legge 18/6/2009, n. 18, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 1, c.p.c.».
Con il quarto motivo di impugnazione si deduce la «falsa applicazione del n. 2.1) e violazione del n. 1.3) della lettera b) del comma 1 dell’art. 03 del decreto-legge n. 400 del 1993, novellato dall’art. 1, comma 251 della legge n. 296 del 2006, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Con il quinto motivo di impugnazione si deduce la «falsa applicazione, sotto diverso profilo, del n. 21) della lettera b) del comma 1 dell’art. 03 del decreto-legge n. 400 del 1993 novellato dall’art. 1 comma 251 della legge 296 del 2006, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Con il sesto motivo di impugnazione si lamenta la «falsa applicazione, sotto ulteriormente diverso profilo, del n. 2.1) della lettera b) del comma 1 dell’art. 03 del decreto-legge 400 del 1993 novellato dall’art. 1 comma 251 della legge n. 296 del 2006, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Con il settimo motivo di impugnazione si deduce la «nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, 2º comma, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 111, 6º comma, costituzione, in ordine all’individuazione della tariffa applicabile, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.».
Con l’ottavo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la «violazione della 2ª parte del n. 2.1) della lettera b) del comma 1 dell’art. 03 del decreto-legge 400 del 1993, novellato dall’art. 1 comma 251 della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 3 della costituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Con il nono motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione dei n. 1.1.), 1.2) e 1.3) della lettera b) del comma 1 dell’art. 03 del decreto-legge n. 400 del 1993 novellato dall’art. 1
comma 251 della legge n. 296 del 2006, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Va dichiarata l’estinzione del giudizio, alla stregua di quanto previsto dal D.L. n. 104 del 2020, art. 100, comma 7, convertito in L. n. 126 del 2020, secondo il quale «Al fine di ridurre il contenzioso relativo alle concessioni demaniali marittime per finalità turisticoricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, derivante dall’applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni ai sensi del D.L. 5 ottobre 1993, n. 400, art. 3, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, n. 494, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, i procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, concernenti il pagamento dei relativi canoni, possono essere definiti, previa domanda all’ente gestore e all’Agenzia del demanio da parte del concessionario, mediante versamento: a) in un’unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somma richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo; b) rateizzato fino a un massimo di sei annualità, di un importo pari al 60 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo”.
Orbene, nel caso di specie l’Agenzia del demanio ha dato atto della definizione della lite alla stregua della disposizione anzidetta.
Ne consegue l’estinzione del giudizio, con compensazione delle spese processuali.
Nell’ipotesi di rinuncia al ricorso per cassazione da parte del contribuente per adesione alla definizione agevolata (nella specie, di cui al d.l. n. 148 del 2017, conv., con modif., dalla l. n 172 del 2017), non sussistono i presupposti per condannare lo stesso al pagamento del cd. “doppio contributo unificato”, di cui all’art. 13, comma 1
quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, ove il presupposto per la rinuncia e, quindi, la causa di inammissibilità del ricorso sia sopravvenuta rispetto alla proposizione del medesimo (Cass., sez. 6-5, 7/6/2018, n. 14782).
Dichiara estinto il giudizio.
Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione