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Estinzione giudizio: chi paga se una parte non accetta?

Una società edile, dopo aver perso in primo e secondo grado una causa per violazione delle distanze tra costruzioni, ricorre in Cassazione. Successivamente, trova un accordo stragiudiziale e rinuncia al ricorso. Non tutti i resistenti, però, accettano la rinuncia. La Corte Suprema dichiara l’estinzione del giudizio, ma condanna la società a pagare le spese legali solo della parte che non ha accettato la rinuncia, compensando quelle delle altre.

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Estinzione del Giudizio: Cosa Succede alle Spese Legali se non Tutti Accettano la Rinuncia?

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità con cui un processo può concludersi prima di una sentenza definitiva. Questo accade spesso quando le parti raggiungono un accordo stragiudiziale. Ma cosa succede ai costi legali se una parte rinuncia al proprio ricorso e le controparti non sono tutte d’accordo sulle modalità? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto cruciale, delineando precise responsabilità.

I Fatti di Causa: Una Disputa sulle Distanze tra Edifici

La vicenda ha origine da una controversia in materia edilizia. Una società di costruzioni era stata citata in giudizio da alcuni proprietari confinanti per la violazione delle distanze legali nella realizzazione di un muro e di un porticato. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai proprietari, condannando la società ad arretrare le costruzioni e a risarcire i danni causati.

Non ritenendosi soddisfatta, la società edile aveva deciso di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione, proponendo un ricorso per contestare la sentenza d’appello.

La Svolta: La Rinuncia al Ricorso e l’Estinzione del Giudizio

Durante il procedimento in Cassazione, le parti sono riuscite a trovare un accordo e a risolvere la controversia in via amichevole. Di conseguenza, la società ricorrente ha depositato un atto di rinuncia all’azione e agli atti del giudizio, notificandolo a tutte le controparti.

La reazione, tuttavia, non è stata unanime:

* Alcuni proprietari confinanti hanno formalmente accettato la rinuncia, concordando per la compensazione delle spese legali (ciascuno paga il proprio avvocato).
* Un altro proprietario, invece, tramite il suo nuovo difensore, non ha aderito alla rinuncia e ha insistito affinché il ricorso della società venisse dichiarato inammissibile o rigettato.

Questa divergenza ha costretto la Corte di Cassazione a pronunciarsi non sul merito della disputa edilizia, ma sulla gestione procedurale della rinuncia e, soprattutto, sulla ripartizione delle spese legali.

Le Motivazioni della Corte sulla Ripartizione delle Spese

La Corte Suprema, applicando gli articoli 390 e 391 del Codice di procedura civile, ha innanzitutto dichiarato l’estinzione del giudizio. La rinuncia della parte ricorrente, infatti, è sufficiente a porre fine al processo.

La questione più delicata riguardava le spese. La Corte ha ragionato in modo distinto per le diverse parti:

1. Per le parti che hanno accettato la rinuncia: I giudici hanno disposto la compensazione delle spese, in linea con l’accordo raggiunto tra loro e la società ricorrente. Quando c’è un’accettazione esplicita, la volontà delle parti prevale.

2. Per la parte che non ha accettato la rinuncia: Il rifiuto di aderire alla rinuncia e l’insistenza nel chiedere una pronuncia sul ricorso hanno mantenuto attiva la lite processuale, almeno per quanto riguarda la posizione di questo specifico resistente. Di conseguenza, la Corte ha stabilito che la parte rinunciante (la società edile) dovesse essere condannata a pagare le spese legali sostenute da chi non aveva accettato. La mancata accettazione, infatti, impedisce la compensazione automatica e impone al giudice di decidere a chi addebitare i costi.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza offre un importante insegnamento pratico: quando si decide di porre fine a una causa tramite una rinuncia agli atti, è fondamentale assicurarsi l’accettazione da parte di tutte le controparti, preferibilmente formalizzata all’interno di un accordo di transazione onnicomprensivo.

L’estinzione del giudizio pone fine alla controversia principale, ma non risolve automaticamente la questione delle spese. Se anche una sola delle controparti non accetta la rinuncia, la parte rinunciante rischia di essere condannata a rimborsare le spese legali di quest’ultima. Pertanto, una gestione attenta degli accordi stragiudiziali è essenziale per evitare costi imprevisti e per chiudere definitivamente ogni pendenza legata al processo.

Cosa succede se una parte rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio, il che significa che il processo si conclude senza una decisione nel merito della questione.

Se il giudizio si estingue per rinuncia, chi paga le spese legali?
Dipende dall’accettazione delle controparti. Se le controparti accettano la rinuncia, le spese possono essere compensate come da accordo. Se una controparte non accetta, il giudice può condannare la parte che ha rinunciato a pagare le spese legali di chi non ha accettato.

Perché nel caso esaminato la società è stata condannata a pagare le spese di un solo avversario?
Perché solo quel specifico avversario, tramite il suo avvocato, non ha accettato la rinuncia e ha continuato a chiedere una decisione sul ricorso. Gli altri avversari avevano invece accettato la rinuncia con compensazione delle spese, e per questo motivo, nei loro confronti, ogni parte ha sostenuto i propri costi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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