Rinuncia al Ricorso: Conseguenze e l’Estinzione del Processo
Nel complesso iter della giustizia, una delle fasi cruciali è rappresentata dal giudizio di Cassazione. Tuttavia, può accadere che la parte che ha promosso il ricorso decida di fare un passo indietro. In questo articolo, analizzeremo un decreto della Corte di Cassazione che chiarisce le conseguenze di tale scelta, concentrandoci sul concetto di estinzione del processo e sulla conseguente condanna alle spese legali. Questa decisione evidenzia come la rinuncia non sia un atto privo di effetti, ma un’azione processuale con precise implicazioni economiche e giuridiche.
I Fatti del Caso
Una società operante nel settore dei trasporti ferroviari aveva impugnato una sentenza della Corte d’Appello, portando la controversia dinanzi alla Corte di Cassazione. Successivamente alla presentazione del ricorso, la stessa società ha formalizzato la propria rinuncia all’impugnazione. Tale atto di rinuncia è stato regolarmente notificato e comunicato alla controparte, un ex dipendente, che si era costituito nel giudizio di legittimità per difendere le proprie ragioni.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, una volta ricevuta la documentazione attestante la rinuncia al ricorso da parte della società, ha agito conformemente a quanto previsto dal codice di procedura civile. I giudici hanno emesso un decreto con cui hanno dichiarato l’estinzione del processo. Di conseguenza, la Corte non è entrata nel merito della questione, ma ha semplicemente preso atto della volontà della parte ricorrente di non proseguire con il giudizio.
Le Motivazioni: L’Automatica Estinzione del Processo
La decisione della Corte si fonda sull’applicazione diretta degli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile. L’articolo 390 c.p.c. disciplina la rinuncia al ricorso, stabilendo che la parte può rinunciare finché non sia cominciata la relazione all’udienza o la discussione. L’articolo 391 c.p.c. ne delinea le conseguenze, prevedendo che sulla rinuncia la Corte provveda con decreto, dichiarando l’estinzione del procedimento e condannando il rinunciante al pagamento delle spese.
La motivazione del provvedimento è quindi di natura puramente procedurale. La Corte rileva che la rinuncia, una volta comunicata alla controparte costituita, produce l’effetto automatico di estinguere il giudizio. Non è necessaria alcuna valutazione sul merito del ricorso originario; la volontà del ricorrente di abbandonare l’impugnazione è sufficiente a chiudere la vicenda processuale in quella sede. La condanna alle spese legali a carico della parte rinunciante è una conseguenza diretta e obbligatoria di questa scelta, volta a ristorare la controparte dei costi sostenuti per difendersi in un giudizio poi abbandonato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Rinuncia
La pronuncia in esame offre importanti spunti pratici. In primo luogo, ribadisce che la rinuncia al ricorso è un atto che comporta l’immediata estinzione del processo, rendendo definitiva la sentenza impugnata. In secondo luogo, chiarisce che la rinuncia non è a costo zero. La parte che rinuncia è tenuta per legge a rimborsare tutte le spese legali sostenute dalla controparte per il giudizio di legittimità, liquidate dal giudice. Nel caso specifico, la società è stata condannata al pagamento di € 2.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali e accessori di legge. Questa regola incentiva le parti a valutare con attenzione la fondatezza dei propri ricorsi prima di adire la Suprema Corte, per evitare di incorrere in costi significativi in caso di successivo ripensamento.
Cosa succede quando una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Quando una parte rinuncia formalmente al ricorso e comunica tale decisione alla controparte, la Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del processo. Questo significa che il giudizio si conclude senza una decisione sul merito della questione.
Chi paga le spese legali in caso di estinzione del processo per rinuncia?
La parte che rinuncia al ricorso è tenuta per legge a pagare tutte le spese legali sostenute dalla controparte nel giudizio di legittimità. L’importo viene liquidato direttamente dalla Corte nel decreto che dichiara l’estinzione.
Dopo il decreto di estinzione, è possibile fare qualcos’altro?
Sì, il decreto prevede che, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, i difensori delle parti possono chiedere che venga fissata un’udienza per discutere ulteriormente la questione, sebbene questa sia un’ipotesi residuale.
Testo del provvedimento
Decreto di Cassazione Civile Sez. L Num. 22617 Anno 2025
Civile Decr. Sez. L Num. 22617 Anno 2025
Presidente:
Relatore:
Data pubblicazione: 05/08/2025
nella causa vertente tra:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME domicilio digitale ; giusta procura in atti;
ricorrente
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME domicilio digitale EMAIL; giusta procura in atti;
contro
ricorrente
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, n. 1205-2023, depositata il 3.1.24, N.R.G. 868-2023;
Rilevato che dalla documentazione prodotta risulta rinuncia di parte ricorrente e che la stessa è stata comunicata alla controparte;
P.Q.M.
Visti gli articoli 390 e 391 c.p.c., dichiara estinto il processo. Condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 2500,00 per compensi professionali e in € 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, con distrazione.
Dispone che del presente decreto sia data comunicazione ai difensori delle parti costituite e li avvisa che nel termine di dieci giorni dalla comunicazione possono chiedere che sia fissata l’udienza.
Roma, 1°.8.2025