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Estinzione del processo per rinuncia: guida pratica

Una società cooperativa ha impugnato in Cassazione un decreto del Tribunale relativo all’ammissione di un suo credito nello stato passivo di un’altra cooperativa in liquidazione coatta. Durante il giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, rinunciando reciprocamente ai ricorsi. La Suprema Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del processo per rinuncia, specificando che, in tal caso, non si procede alla condanna sulle spese (compensate tra le parti) né si applica l’obbligo del versamento del doppio del contributo unificato.

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Estinzione del Processo per Rinuncia: Analisi di un Caso Pratico

L’estinzione del processo per rinuncia rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento per porre fine a una controversia legale prima di giungere a una sentenza definitiva. Questa opzione, spesso frutto di un accordo transattivo tra le parti, permette di evitare le lungaggini e le incertezze del giudizio. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di analizzare le conseguenze pratiche di tale scelta, in particolare per quanto riguarda la gestione delle spese legali e gli obblighi relativi al contributo unificato.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una procedura di liquidazione coatta amministrativa a carico di una società cooperativa. Un’altra cooperativa, creditrice della prima, aveva presentato opposizione allo stato passivo, ottenendo dal Tribunale il riconoscimento di un credito di oltre 2,4 milioni di euro in collocazione privilegiata.

Non pienamente soddisfatta della decisione, la cooperativa creditrice ha proposto ricorso per Cassazione. La società in liquidazione, a sua volta, ha resistito con un controricorso, presentando anche un ricorso incidentale per contestare altri aspetti della decisione del Tribunale. La controversia sembrava destinata a un lungo iter giudiziario davanti alla Suprema Corte.

La Transazione e l’Estinzione del Processo per Rinuncia

Prima che la Corte potesse pronunciarsi nel merito, le parti hanno trovato una soluzione stragiudiziale, stipulando un atto transattivo. Con questo accordo, hanno risolto le loro pendenze e, di conseguenza, hanno deciso di porre fine al giudizio in corso. La cooperativa ricorrente ha depositato in Cassazione l’atto di transazione, manifestando espressamente la volontà di rinunciare al proprio ricorso principale.

La rinuncia è stata accettata dalla controparte, che a sua volta ha rinunciato al proprio ricorso incidentale, il tutto con l’autorizzazione dell’autorità di vigilanza sulla procedura di liquidazione. Questo atto congiunto ha innescato il meccanismo che porta all’estinzione del processo per rinuncia.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, presa visione dell’accordo e delle reciproche rinunce, ha applicato l’articolo 391, comma 1, del codice di procedura civile. Questa norma stabilisce che, se il ricorrente rinuncia al ricorso, il processo si estingue. La decisione della Corte è stata quindi una presa d’atto della volontà delle parti di non proseguire la lite.

Un punto cruciale della decisione riguarda le spese processuali. La Corte ha chiarito che, poiché la controparte ha accettato la rinuncia, non è possibile emettere una pronuncia sulle spese di lite. Questo perché l’accettazione consolida l’accordo tra le parti, che nel caso di specie avevano già convenuto per la compensazione integrale delle spese nell’atto transattivo.

Infine, l’ordinanza affronta la questione del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’, previsto dall’articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115/2002. La norma impone alla parte che ha impugnato senza successo di versare un ulteriore importo pari al contributo già pagato. La Corte, richiamando una propria precedente giurisprudenza (Cass. n. 25485/2018), ha stabilito che tale obbligo non si applica nei casi di estinzione del processo. La declaratoria di estinzione, infatti, non equivale a un rigetto o a una dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione, ma è una constatazione della fine anticipata del giudizio per volontà delle parti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio importante: l’accordo tra le parti è sovrano nel determinare la fine di un processo. L’estinzione del processo per rinuncia è una via d’uscita efficiente che permette di chiudere una controversia in modo definitivo. Le implicazioni pratiche sono significative: le parti possono definire autonomamente la ripartizione delle spese legali nel loro accordo transattivo, senza attendere una decisione del giudice. Inoltre, si evita il rischio di dover pagare il raddoppio del contributo unificato, un onere economico non trascurabile previsto per chi soccombe in appello o in Cassazione. La decisione offre quindi un quadro chiaro dei vantaggi e delle conseguenze di una risoluzione consensuale della lite anche nella fase più avanzata del giudizio.

Cosa succede se le parti di un processo in Cassazione si accordano e rinunciano al ricorso?
Il processo viene dichiarato estinto, come previsto dall’art. 391 del codice di procedura civile. La Corte prende atto della volontà delle parti di non proseguire la controversia.

In caso di estinzione del processo per rinuncia, chi paga le spese legali?
La Corte non emette alcuna statuizione sulle spese legali se la rinuncia è accettata dalla controparte. Le parti stesse regolano la questione nel loro accordo, come in questo caso in cui avevano convenuto per la compensazione.

Se il processo si estingue per rinuncia, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicazione della norma (art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/2002) che obbliga la parte impugnante non vittoriosa a versare un’ulteriore somma pari al contributo unificato già versato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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