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Estinzione del processo: la rinuncia al ricorso

Un lavoratore aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello che negava il suo diritto al risarcimento per demansionamento e perdita di chance nel passaggio al pubblico impiego. Giunto in Cassazione, il lavoratore ha presentato una rinuncia al ricorso, che è stata accettata dalla controparte, il Ministero. Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del processo, senza entrare nel merito della questione e senza disporre sulle spese.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Processo: Analisi di un Caso di Rinuncia al Ricorso in Cassazione

L’estinzione del processo rappresenta una delle possibili conclusioni di un contenzioso legale, diversa dalla classica sentenza di accoglimento o rigetto. Si verifica quando, per ragioni procedurali, il giudizio si interrompe prima di una decisione sul merito. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questa eventualità, originata dalla rinuncia al ricorso da parte del lavoratore che aveva dato il via alla causa.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta di Risarcimento alla Cassazione

La vicenda ha origine dalla lunga battaglia legale di un lavoratore, transitato da una società di telecomunicazioni al Ministero della Difesa. Il lavoratore aveva citato in giudizio il Ministero, chiedendo il pagamento di differenze retributive per un presunto errato inquadramento e il risarcimento per vari danni, tra cui quello professionale, da demansionamento e da perdita di chance.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste. In particolare, la Corte territoriale aveva sottolineato che una precedente sentenza del Consiglio di Stato riconosceva al lavoratore solo il diritto a partecipare a una procedura di mobilità, ma non un diritto automatico al trasferimento o a un inquadramento specifico fin dal 1994. Inoltre, i giudici di merito avevano ritenuto che il lavoratore non avesse fornito prove concrete della possibilità di essere valutato positivamente in quella procedura selettiva.

Contro questa decisione, il lavoratore aveva proposto ricorso per Cassazione, portando la controversia al più alto grado di giudizio.

La Svolta Processuale e la Conseguente Estinzione del Processo

Arrivati davanti alla Suprema Corte, il percorso processuale ha subito una svolta decisiva. Il ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, una dichiarazione formale di voler abbandonare l’impugnazione, come previsto dall’articolo 390 del codice di procedura civile.

Pochi giorni dopo, il Ministero della Difesa, costituitosi come controricorrente, ha formalmente accettato tale rinuncia. Questa accettazione è un passaggio cruciale, poiché secondo l’articolo 391 del codice di procedura civile, la rinuncia accettata dalle altre parti comporta l’estinzione del processo, senza necessità di ulteriori valutazioni.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni dell’ordinanza della Corte di Cassazione sono di natura puramente procedurale. I giudici non sono entrati nel merito della complessa vicenda di inquadramento e risarcimento del danno, poiché il loro compito si è fermato prima. Hanno semplicemente preso atto della ritualità e della validità della rinuncia al ricorso e della successiva accettazione da parte del controricorrente.

Di conseguenza, in applicazione diretta della normativa processuale, la Corte ha dichiarato l’estinzione dell’intero giudizio di legittimità. La decisione si fonda sull’articolo 391 c.p.c., che stabilisce come l’accordo delle parti sulla rinuncia ponga fine al contenzioso in quella sede.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche dell’Estinzione del Processo

L’ordinanza di estinzione ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, la sentenza della Corte d’Appello, che era stata impugnata, diventa definitiva. Il lavoratore non potrà più contestarla.

In secondo luogo, la Corte non ha emesso alcuna pronuncia sulle spese legali. L’articolo 391, comma 4, c.p.c. stabilisce infatti che in caso di accettazione della rinuncia, non vi è luogo a una condanna alle spese, poiché si presume che le parti abbiano trovato un accordo in merito o che la parte che accetta la rinuncia non abbia interesse a richiederle.

Infine, la Corte ha specificato che la declaratoria di estinzione esime dall’applicazione dell’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, il cosiddetto “raddoppio del contributo”, che solitamente scatta in caso di rigetto o inammissibilità del ricorso. Questa decisione chiarisce che l’estinzione per rinuncia accettata è una fattispecie che non rientra tra quelle che comportano tale sanzione processuale.

Cosa succede quando un ricorrente rinuncia al proprio ricorso in Cassazione?
Se la rinuncia viene presentata formalmente e, come in questo caso, accettata dalla controparte, il processo si estingue. Ciò significa che il giudizio termina senza una decisione sul merito della questione e la sentenza impugnata diventa definitiva.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso accettata dalla controparte?
Secondo la legge, quando la rinuncia è accettata, la Corte non provvede alla liquidazione delle spese legali. Si presume che le parti abbiano regolato questo aspetto privatamente o che la parte che accetta rinunci alla pretesa di rimborso.

L’estinzione del processo per rinuncia comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che la declaratoria di estinzione del processo esime dall’applicazione della norma che prevede il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, sanzione prevista invece per i casi di rigetto o inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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