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Estinzione del processo: la rinuncia al ricorso

Un lavoratore, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza sfavorevole sulla qualificazione del suo rapporto di lavoro, ha rinunciato al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del processo. In virtù della tempestività della rinuncia, la Corte ha disposto la compensazione delle spese legali tra le parti. È stato inoltre chiarito che, in caso di estinzione del processo, non è dovuto il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto invece per i casi di rigetto o inammissibilità.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Processo: Cosa Succede se si Rinuncia al Ricorso in Cassazione?

L’esito di una causa non è sempre una sentenza che stabilisce chi ha ragione e chi ha torto. A volte, il percorso giudiziario si interrompe prima, come nel caso di estinzione del processo. Questa situazione si verifica quando una delle parti decide di ritirare la propria azione legale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze di tale scelta, soprattutto per quanto riguarda le spese legali e il contributo unificato.

I Fatti del Caso: Dalla Cessione d’Azienda al Ricorso

La vicenda ha origine dalla domanda di un lavoratore che chiedeva al Tribunale di accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con una grande società di servizi. Il lavoratore sosteneva l’illegittimità di un’operazione di cessione di ramo d’azienda che lo aveva coinvolto e, di conseguenza, l’illegittimità della successiva risoluzione del rapporto.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste, confermando la legittimità delle operazioni societarie. Non dandosi per vinto, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte.

La Rinuncia al Ricorso e l’Estinzione del Processo

Durante il giudizio di legittimità, è avvenuto il colpo di scena: il lavoratore ha depositato una dichiarazione di rinuncia al ricorso. Questo atto unilaterale ha cambiato radicalmente la direzione del procedimento. La società datrice di lavoro, costituitasi come controricorrente, ha ricevuto la notifica della rinuncia.

Di fronte a questa nuova circostanza, la Corte di Cassazione non è entrata nel merito delle questioni sollevate (la legittimità della cessione d’azienda e del licenziamento), ma si è dovuta pronunciare esclusivamente sulle conseguenze processuali della rinuncia.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su precise disposizioni del codice di procedura civile e su consolidati orientamenti giurisprudenziali.

In primo luogo, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., la rinuncia al ricorso comporta inevitabilmente la declaratoria di estinzione del processo. Il giudizio si chiude, quindi, senza una pronuncia sul merito della controversia.

In secondo luogo, la Corte ha affrontato la questione delle spese legali. La regola generale vorrebbe che la parte che rinuncia venga condannata a pagare le spese della controparte. Tuttavia, i giudici hanno optato per la compensazione delle spese. Questa scelta è stata motivata da due fattori: la tempestività della rinuncia e la mancanza di atti successivi da parte della società controricorrente volti a insistere per ottenere la condanna al pagamento delle spese. In pratica, la prontezza nel ritirare il ricorso ha giocato a favore del lavoratore.

Infine, un punto di notevole importanza pratica riguarda il cosiddetto “doppio contributo unificato”. Il D.P.R. n. 115/2002 prevede che la parte il cui ricorso viene respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato iniziale. La Corte ha chiarito, richiamando precedenti sentenze, che questa norma sanzionatoria non si applica nei casi di estinzione del processo. La ratio è che la norma punisce l’aver intrapreso un’impugnazione infondata, non la scelta di porre fine al contenzioso.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. La rinuncia al ricorso è uno strumento che pone fine al giudizio, portando all’estinzione del processo. Se effettuata tempestivamente, può portare alla compensazione delle spese legali, evitando una condanna economica. Soprattutto, la scelta di rinunciare mette al riparo il ricorrente dalla condanna al pagamento del doppio contributo unificato, un onere economico significativo previsto solo per gli esiti negativi nel merito del ricorso.

Cosa succede se un ricorrente rinuncia al proprio ricorso in Cassazione?
Il processo viene dichiarato estinto, concludendosi senza una decisione nel merito della controversia.

In caso di estinzione del processo, chi paga le spese legali?
Il giudice può decidere per la compensazione delle spese, specialmente se la rinuncia è tempestiva e la controparte non insiste per la condanna al pagamento. In questo caso, ogni parte sostiene i propri costi.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio contributo unificato?
No. Secondo la Corte, l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo in caso di rigetto o inammissibilità del ricorso, non in caso di estinzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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