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Estinzione del processo in Cassazione: il caso chiave

Un’ordinanza della Cassazione chiarisce le conseguenze della rinuncia al ricorso. A seguito dell’accettazione della controparte, si verifica l’estinzione del processo senza condanna alle spese né raddoppio del contributo unificato, come previsto dalla normativa. Questo caso, nato da una controversia di lavoro, evidenzia l’importanza degli accordi tra le parti per definire il contenzioso.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del processo per rinuncia al ricorso: analisi di un’ordinanza della Cassazione

L’ordinanza n. 1940/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla gestione del contenzioso e, in particolare, sull’istituto della estinzione del processo. Questo provvedimento chiarisce in modo definitivo le conseguenze procedurali ed economiche che derivano dalla decisione di una parte di rinunciare al proprio ricorso, quando tale rinuncia viene accettata dalla controparte. Analizziamo insieme i dettagli di questa vicenda, nata da una controversia in ambito lavorativo.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una disputa tra una grande società tecnologica e una sua ex dipendente. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva condannato l’azienda al pagamento di una somma esigua, pari a poco più di 46 euro, a favore della lavoratrice. Nonostante l’importo irrisorio, la società aveva deciso di presentare ricorso per cassazione, al quale la lavoratrice aveva risposto con un controricorso. Tuttavia, nel corso del giudizio davanti alla Suprema Corte, è intervenuto un colpo di scena: la società ricorrente ha depositato una dichiarazione di rinuncia al proprio ricorso.

La Decisione della Corte e l’estinzione del processo

Il punto cruciale della vicenda è che la lavoratrice, tramite i suoi legali, ha formalmente accettato la rinuncia presentata dalla società. Questa accettazione ha attivato un meccanismo processuale specifico, disciplinato dall’articolo 390 del codice di procedura civile. La Corte di Cassazione, prendendo atto dell’accordo tra le parti, non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del processo. Questo significa che il giudizio si è concluso senza una decisione sul merito delle questioni sollevate nel ricorso. La sentenza della Corte d’Appello è, di conseguenza, passata in giudicato.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha basato la propria decisione su precisi riferimenti normativi. In primo luogo, ha verificato la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 390 c.p.c., ovvero la rinuncia di una parte e l’accettazione dell’altra. Questo ha portato inevitabilmente alla declaratoria di estinzione.

In secondo luogo, e questo è l’aspetto di maggiore interesse pratico, la Corte ha affrontato la questione delle spese processuali. Ai sensi dell’art. 391, comma quarto, c.p.c., quando la rinuncia viene accettata, il processo si estingue senza che il giudice debba pronunciarsi sulle spese. Le parti, presumibilmente, hanno trovato un accordo separato su questo punto. Di conseguenza, la Corte ha disposto “nulla in ordine alle spese processuali”.

Infine, la Cassazione ha escluso l’applicazione del cosiddetto “raddoppio del contributo unificato”, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del DPR 115/2002. Questa norma impone alla parte il cui ricorso è stato respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile, di versare un ulteriore importo pari a quello già pagato come contributo unificato. Citando precedenti consolidati (Cass. n. 3688/2016 e n. 23175/15), la Corte ha ribadito che tale sanzione non si applica nei casi di estinzione del processo, poiché la norma fa riferimento esclusivo a esiti di rigetto o inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale della procedura civile: l’estinzione del processo per rinuncia accettata è un meccanismo che favorisce la definizione concordata delle liti. Per le parti, rappresenta un’opportunità per chiudere un contenzioso in modo rapido ed efficiente, evitando i costi e le incertezze di un giudizio di legittimità. Dal punto di vista economico, la decisione chiarisce che la rinuncia al ricorso, se accettata, non solo evita una possibile condanna alle spese legali del grado di giudizio, ma esclude anche l’applicazione della sanzione del raddoppio del contributo unificato, rendendo questa opzione strategicamente vantaggiosa in molte circostanze.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione e l’altra parte accetta?
Il processo si estingue, come previsto dall’articolo 390 del codice di procedura civile. Ciò significa che il giudizio termina senza una decisione nel merito e la sentenza impugnata diventa definitiva.

In caso di estinzione del processo per rinuncia, la parte che rinuncia deve pagare le spese legali?
No, se la rinuncia è accettata dalla controparte, il giudice non emette alcuna statuizione sulle spese processuali, come stabilito dall’articolo 391, comma quarto, del codice di procedura civile. Le parti solitamente regolano questo aspetto con un accordo privato.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito, richiamando precedenti orientamenti, che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, ma non in caso di estinzione del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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