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Estinzione del processo: guida alla rinuncia al ricorso

Un lavoratore ottiene la reintegrazione dalla Corte d’Appello. La società datrice di lavoro ricorre in Cassazione, ma durante il giudizio le parti raggiungono un accordo. La società rinuncia al ricorso e il lavoratore accetta. La Corte Suprema dichiara l’estinzione del processo, specificando che in questo caso non è dovuto il raddoppio del contributo unificato, previsto solo per rigetto o inammissibilità.

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Estinzione del processo: quando la conciliazione chiude la causa

L’ordinanza in esame offre un’importante chiarificazione sull’estinzione del processo in Cassazione a seguito di un accordo transattivo tra le parti. Analizzeremo come la rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte, porti alla chiusura del giudizio e quali siano le conseguenze sulle spese processuali e sul contributo unificato.

La vicenda processuale

Il caso nasce da una controversia di diritto del lavoro. La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra un lavoratore e una società cooperativa. Di conseguenza, aveva dichiarato nullo il licenziamento subito dal dipendente, ordinandone la reintegrazione nel posto di lavoro e condannando l’azienda al pagamento delle retribuzioni maturate, oltre alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale.

Contro questa sentenza, la società aveva proposto ricorso per cassazione. Il lavoratore si era costituito in giudizio per resistere al ricorso. Una terza società, coinvolta nel procedimento, non si era invece costituita.

L’accordo e la rinuncia al ricorso

Nelle more del giudizio di legittimità, le parti principali (la società ricorrente e il lavoratore controricorrente) hanno raggiunto un accordo per conciliare la controversia. A seguito di tale accordo, la società ha depositato una dichiarazione di rinuncia al ricorso, che è stata prontamente accettata dal lavoratore.

La decisione della Corte di Cassazione sull’estinzione del processo

Preso atto della rinuncia e della relativa accettazione, la Corte di Cassazione ha applicato l’articolo 390 del codice di procedura civile. Questa norma stabilisce che, quando ricorrono tali circostanze, il processo si chiude senza una decisione sul merito della questione. La Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del processo.

La questione delle spese processuali

Un punto fondamentale chiarito dall’ordinanza riguarda le spese legali. L’articolo 391, quarto comma, del codice di procedura civile prevede che, in caso di estinzione basata su rinuncia accettata, le spese non vengano liquidate dal giudice, ma restino regolate dall’accordo tra le parti. Pertanto, la Corte non ha emesso alcuna pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

La questione del raddoppio del contributo unificato nell’estinzione del processo

La Corte ha affrontato un altro aspetto di grande rilevanza pratica: l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. La legge (DPR n. 115/2002, art. 13, comma 1 quater) prevede questo raddoppio a carico della parte il cui ricorso viene respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile.

La Cassazione, richiamando precedenti orientamenti giurisprudenziali, ha sottolineato che questa sanzione processuale si applica solo in caso di esiti negativi del ricorso (rigetto o inammissibilità). L’estinzione del processo per rinuncia accettata non rientra in queste casistiche. Di conseguenza, la Corte ha stabilito che la società ricorrente non era tenuta a pagare l’ulteriore importo.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte sono state concise e dirette. La decisione si fonda sulla constatazione fattuale del raggiungimento di un accordo tra le parti, che ha portato alla rinuncia al ricorso e alla sua accettazione. Questo fatto processuale è la condizione sufficiente prevista dall’art. 390 c.p.c. per dichiarare l’estinzione del giudizio. Per quanto riguarda il contributo unificato, la motivazione risiede in un’interpretazione letterale e consolidata della norma, che lega il raddoppio a specifici esiti del giudizio (rigetto e inammissibilità), tra cui non figura l’estinzione.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura civile: la volontà delle parti di porre fine a una lite attraverso un accordo prevale e porta all’estinzione del processo. Sotto il profilo pratico, la decisione conferma che la conciliazione della controversia, anche in fase di giudizio di Cassazione, rappresenta una via vantaggiosa, poiché non solo risolve la disputa in modo definitivo ma evita anche l’applicazione di sanzioni processuali come il raddoppio del contributo unificato.

Cosa succede a un processo se le parti raggiungono un accordo?
Se la parte che ha proposto ricorso vi rinuncia e la controparte accetta tale rinuncia, il processo viene dichiarato estinto, cioè si chiude definitivamente senza una decisione nel merito.

In caso di estinzione del processo per accordo, chi paga le spese legali?
Quando il processo si estingue per rinuncia accettata, la Corte non decide sulle spese legali. La loro regolamentazione è lasciata all’accordo raggiunto tra le parti, come previsto dall’art. 391, quarto comma, del codice di procedura civile.

La parte che rinuncia al ricorso deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo nei casi di rigetto o inammissibilità del ricorso, non in caso di estinzione del processo per rinuncia accettata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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