Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34522 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34522 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19302/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende, domiciliazione telematica come in atti
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica come in atti
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di GENOVA n. 525/2021 depositata in data 11/05/2021.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 7/06/2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME titolare di una ditta di tinteggiatura si era affidato al Centro Fiscale Cernuto Fabrizia per gli adempimenti fiscali e previdenziali e, avendo rilevato delle negligenze e delle omissioni, omise il pagamento delle spettanze.
La COGNOME chiese ed ottenne decreto ingiuntivo per euro 1.217,00 nei confronti del COGNOME.
Questi propose opposizione e la convenne in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Sanremo per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, in via riconvenzionale.
Il Giudice di pace si dichiarò incompetente per la riconvenzionale e, con ordinanza del 18/12/2008, rimise le parti dinanzi al Tribunale, quale giudice ritenuto competente per la sola riconvenzionale e successivamente, con altra ordinanza, affermò che le riconvenzionali ammesse dinanzi al proprio Ufficio dovevano intendersi limitate al valore di euro 2.582, rimettendo, quindi, dette domande, per la somma eccedente tale limite, al Tribunale di Sanremo.
Infine, con sentenza n. 416 del 2010, lo stesso Giudice di pace definì il giudizio, revocando il decreto ingiuntivo e rigettando le domande riconvenzionali, con compensazione delle spese di lite.
La sentenza del Giudice di pace venne impugnata dal COGNOME dinanzi al Tribunale, allora di Sanremo, e il procedimento assunse numero R.g. 1565 del 2011.
Il Tribunale di Imperia, divenuto nelle more del giudizio competente (a seguito della soppressione del Tribunale di Sanremo e devoluzione al Tribunale di Imperia delle cause dinanzi allo stesso pendenti), con sentenza n. 301 del 2014 accolse l’impugnazione e dichiarò l’incompetenza del Giudice di pace per l’intera domanda
riconvenzionale e fissò il termine di sessanta giorni per la riassunzione dinanzi al giudice competente.
Prima dell’emanazione di detta sentenza del Tribunale di Imperia, NOME COGNOME aveva riassunto il giudizio di cui alla prima ordinanza del 18/12/2008 del Giudice di pace di Sanremo, con atto di citazione in riassunzione, proponendo tutte le domande riconvenzionali già proposte.
NOME COGNOME si costituì in questo giudizio, che aveva assunto il numero di Rg. (registro generale) 434 del 2009 ed eccepì la nullità della citazione introduttiva, perché il bene della vita richiesto (cd. petitum ) era superiore a quello originariamente richiesto dinanzi al Giudice di pace.
Il Tribunale di Imperia istruì la causa mediante consulenza tecnico contabile e il processo venne, quindi, sospeso, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. in quanto la COGNOME aveva fatto rilevare la pendenza del giudizio di appello avverso la sentenza del Giudice di pace.
A seguito della sentenza n. 301 del 2014 del Tribunale di Imperia, NOME COGNOME depositò istanza in prosecuzione.
Il Tribunale, a seguito della detta istanza, procedette alla trattazione della causa e, con sentenza n. 83 del 2016, rigettò la domanda del COGNOME.
Il COGNOME propose impugnazione e la Corte d’appello di Genova, con sentenza n. 525 del l’ 11/05/2001, accolse le domande dallo stesso proposte in primo grado e, ritenutane la responsabilità professionale e l’inadempimento agli obblighi ad essa correlati, condannò NOME COGNOME al risarcimento dei danni, liquidati in oltre ventiseimila euro (€ 26.993,39), oltre rivalutazione monetaria e interessi.
Avverso la detta sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione, con un unico motivo, NOME COGNOME
Ha resistito con controricorso NOME COGNOME.
Il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni.
Il contro ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 7/06/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso pone censura ai sensi dell’art. 36 0, comma 1, n. 4 cod. proc. civ, per nullità della sentenza per contrasto con gli artt. 50, 307 e 310 cod. proc. civ. poiché, a seguito della mancata riassunzione in termini, dopo la sentenza del Tribunale di Imperia n. 301 del 28/08/2014 il procedimento, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, si sarebbe estinto.
Il motivo non coglie il senso della decisione della Corte territoriale.
NOME COGNOME aveva già riassunto il giudizio di cui alla prima ordinanza del Giudice di pace di Sanremo e quindi aveva incardinato una domanda, sebbene più ampia, ma già proposta dinanzi a quel Giudice, così come consentito dalla giurisprudenza di questa Corte formatasi sul disposto dell’art. 50 codice di rito , alla quale il Collegio presta adesione e intende assicurare continuità (Cass n. 15753 del 10/07/2014 Rv. 632112 -01, alla quale ha fatto seguito Cass. n. 132 del l’ 8/01/2016 Rv. 638068 – 01), cosicché non vi era più alcuna influenza sul processo incardinato da NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Imperia del giudizio sfociato nella sentenza n. 301 del 2014, concluso, peraltro, con sentenza di mero rito -e, verosimilmente, sarebbe stato opportuno, al fine di evitare la duplicazione di processi, disporre una chiamata dei due giudizi dinanzi lo stesso istruttore, non ostandovi la pendenza in diverse fasi, così come affermato dalla giurisprudenza nomofilattica di questa Corte (Sez. U n. 27846 del 12/12/2013 Rv. 628456 – 01) -, cosicché la sentenza oggi impugnata ha, con statuizione di merito assunta a seguito di rituale
istruzione della causa, validamente riformato la sentenza n. 83 dell’an no 2016, di sostanziale inammissibilità della domanda, dello stesso Tribunale di Imperia che aveva ritenuto precluse le domande risarcitorie proposte dal COGNOME.
Deve, in questa sede, ribadirsi che il processo concluso dalla sentenza del Tribunale di Imperia n. 301 dell’anno 2014 non è stato ritualmente proseguito o riassunto e, pertanto, si è estinto, con conseguente estinzione di tutti gli atti processuali compiuti e, quindi, con esclusione di una qualsivoglia efficacia della stessa sentenza che lo ha concluso , posto che ai sensi dell’art. 310, comma 2, codice di rito, soltanto le sentenze (e ora, a seguito delle modifiche del codice di rito, le ordinanze) della Corte di Cassazione su questioni di competenza (Cass. n. 13975 del 3/06/2013 Rv. 626464 -01; Cass. n. 2028 del 4/06/1976 Rv. 380856 – 01) sopravvivono all’estinzione del processo (oltre che le sentenze di condanna generica e le sentenze che hanno deciso questioni preliminari di merito senza definire il giudizio (Cass. n. 37735 del 23/12/2022 Rv. 666438 -01; Cass. n. 23364 del 3/11/2014 Rv. 633135 -01), o alcune soltanto delle cause riunite, come la risalente dottrina evidenziava.
A tanto consegue che la riassunzione del giudizio compiuta dal COGNOME dinanzi al Tribunale di Imperia è stata del tutto rituale e ha condotto alla sentenza d’appello , di condanna per responsabilità professionale della COGNOME, in questa sede impugnata.
A tanto consegue pure che , disatteso l’unico motivo di ricorso, incentrato su questioni di rito e che non involge in alcun modo questioni inerenti al l’accertamento della responsabilità (ossia il cd. an ) e la misura del risarcimento accordato (il quantum ), non vi è luogo ad alcun ulteriore sindacato di competenza di questa Corte di legittimità.
Il ricorso è, pertanto, infondato e deve essere rigettato.
Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate, in favore del controricorrente, come da dispositivo, tenuto conto dell’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia.
La decisione di rigetto del l’impugnazione comporta che deve attestarsi, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di