Estinzione del Giudizio in Cassazione: Cosa Succede se Non Rispondi alla Proposta del Giudice?
L’estinzione del giudizio rappresenta una delle possibili conclusioni di un processo e si verifica quando, per ragioni procedurali, la causa si chiude senza una decisione sul merito. Un recente decreto della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come l’inerzia di una parte possa portare a questa conseguenza, specialmente nel contesto del rito semplificato previsto dall’art. 380-bis del codice di procedura civile. Analizziamo insieme questo caso per capire le dinamiche e le implicazioni pratiche.
Il Contesto del Caso: Un Ricorso Terminato per Inattività
Una nota società di trasporti aveva presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano in una controversia con un lavoratore. Seguendo la procedura, la Corte di Cassazione ha formulato una proposta per una rapida definizione del giudizio, come previsto dall’art. 380-bis c.p.c., comunicandola a entrambe le parti.
Questo articolo del codice di procedura civile consente alla Corte di snellire il processo quando l’esito del ricorso appare scontato. Una volta ricevuta la proposta, la parte ricorrente ha un termine perentorio di quaranta giorni per manifestare il proprio dissenso e chiedere che il ricorso venga comunque discusso e deciso nel merito. Nel caso di specie, la società ricorrente ha lasciato trascorrere questo termine senza presentare alcuna istanza.
La Decisione della Corte sull’Estinzione del Giudizio
Di fronte al silenzio della società ricorrente, la Corte di Cassazione non ha avuto altra scelta che applicare la normativa vigente. Ha quindi dichiarato estinto il giudizio di Cassazione. Inoltre, in applicazione del principio della soccombenza virtuale, ha condannato la stessa società ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del lavoratore.
Le spese sono state liquidate in Euro 900,00 per compensi professionali, oltre al 15% per spese forfettarie, Euro 200,00 per esborsi e gli accessori di legge.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni alla base del decreto sono puramente procedurali e si fondano su due articoli chiave:
1. Art. 380-bis, secondo comma, c.p.c.: Questa norma stabilisce una presunzione legale di rinuncia. Se la parte che ha presentato il ricorso non chiede una decisione entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione, il suo ricorso si intende rinunciato. Il silenzio, in questo contesto, equivale a una rinuncia attiva.
2. Art. 391 cod. proc. civ.: Quest’articolo regola le conseguenze della rinuncia, stabilendo che il giudice deve dichiarare l’estinzione del processo. Lo stesso articolo, al secondo comma, impone al giudice di provvedere anche alla liquidazione delle spese processuali, che, di regola, vengono poste a carico della parte rinunciante.
La Corte ha quindi semplicemente constatato il decorso del termine e applicato la conseguenza giuridica prevista dalla legge: la rinuncia al ricorso e la conseguente estinzione del processo.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questo provvedimento sottolinea un principio fondamentale nel processo civile e, in particolare, nel giudizio di Cassazione: i termini procedurali sono perentori e la loro inosservanza ha conseguenze gravi. La procedura semplificata dell’art. 380-bis c.p.c. è stata introdotta per deflazionare il carico di lavoro della Suprema Corte, ma richiede un’attenta vigilanza da parte dei legali. Per chi presenta un ricorso, ignorare una proposta di definizione non è una strategia neutra; al contrario, è un’azione con un significato giuridico preciso, che porta direttamente all’estinzione del giudizio e alla condanna alle spese. La lezione è chiara: nel processo, anche il silenzio ha un peso e può determinare l’esito della controversia.
Cosa accade se la parte che ha fatto ricorso in Cassazione non risponde alla proposta di definizione del giudizio?
Secondo la normativa applicata in questo caso (art. 380-bis c.p.c.), se la parte ricorrente non chiede una decisione sul ricorso entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, il ricorso si considera rinunciato e il giudice dichiara l’estinzione del giudizio.
Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per questo motivo?
Il provvedimento stabilisce che la parte la cui inattività ha causato la presunta rinuncia (in questo caso, la società ricorrente) è tenuta a pagare le spese processuali sostenute dalla controparte (il controricorrente).
Qual è il fondamento normativo per dichiarare l’estinzione del giudizio in un caso come questo?
La base legale si trova nell’art. 380-bis, secondo comma, del codice di procedura civile, che equipara il silenzio del ricorrente a una rinuncia, e nell’art. 391 dello stesso codice, che disciplina le modalità con cui il giudice deve dichiarare l’estinzione e decidere sulle spese.
Testo del provvedimento
Decreto di Cassazione Civile Sez. L Num. 20117 Anno 2025
Civile Decr. Sez. L Num. 20117 Anno 2025
Presidente:
Relatore:
Data pubblicazione: 18/07/2025
DECRETO
sul ricorso iscritto al n. 19306/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata come in atti, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale p.e.c. come da Registri di Giustizia;
-ricorrente-
Contro
NOME COGNOME domiciliato come in atti, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale p.e.c. come da Registri di Giustizia;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 3 /2024 emessa dalla Corte d’Appello di Milano
Vista la proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e comunicata alle parti.
Considerato che è trascorso il termine di giorni quaranta dalla comunicazione della anzidetta proposta senza che la parte ricorrente abbia chiesto la decisione del ricorso.
Ritenuto, pertanto, che – a norma dell’art. 380 -bis, secondo comma, c.p.c. – il ricorso deve intendersi rinunciato e deve provvedersi a dichiarare l’estinzione del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ.
Ritenuto che, a norma dell’art. 391, secondo comma, c.p.c., deve provvedersi sulle spese processuali, che vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio di Cassazione.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 900,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 16 luglio 2025