Estinzione del Giudizio per Silenzio: Un Caso di Rinuncia Tacita
Nel complesso mondo della procedura civile, il silenzio può avere un peso determinante. Un recente decreto della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’inerzia di una parte processuale può portare all’estinzione del giudizio, un esito che chiude la controversia senza una decisione nel merito. Questo caso offre uno spunto cruciale sull’importanza di rispettare i termini e le procedure, specialmente nel giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da un ricorso presentato da un ente pubblico previdenziale avverso una sentenza della Corte d’Appello. Una volta giunto in Cassazione, in conformità con l’articolo 380-bis del codice di procedura civile, è stata formulata una proposta per una definizione accelerata del giudizio, comunicata a entrambe le parti. Questa procedura mira a semplificare e velocizzare i casi di evidente inammissibilità, improcedibilità o infondatezza. Tuttavia, la parte ricorrente, ovvero l’ente previdenziale, non ha fornito alcuna risposta né ha richiesto una decisione sul ricorso entro il termine perentorio di quaranta giorni previsto dalla legge.
La Decisione della Corte di Cassazione
A fronte di tale inerzia, la Corte di Cassazione ha emesso un decreto con cui ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La Corte ha inoltre disposto la compensazione delle spese processuali tra le parti, citando un recente orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 7641/2025) che evidentemente supporta tale decisione in circostanze analoghe.
Le Motivazioni: Silenzio-Assenso al Contrario e l’Estinzione del Giudizio
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione degli articoli 380-bis e 391 del codice di procedura civile. La legge stabilisce che, una volta ricevuta la proposta di definizione, la parte ricorrente ha un termine di quaranta giorni per chiedere che la Corte si pronunci comunque sul ricorso. Il mancato esercizio di questa facoltà non è un semplice silenzio, ma assume il valore legale di una rinuncia al ricorso.
La Corte ha ritenuto che il trascorrere del termine senza alcuna azione da parte del ricorrente equivalga a una rinuncia tacita, un comportamento che innesca automaticamente il meccanismo dell’estinzione del giudizio previsto dall’art. 391 c.p.c. Questa norma, infatti, disciplina le conseguenze della rinuncia, stabilendo che essa porta alla chiusura del processo. La decisione sulle spese, compensate tra le parti, si fonda su un’interpretazione giurisprudenziale che, evidentemente, considera equo non gravare nessuna delle parti dei costi in una situazione di chiusura del processo dovuta all’inerzia del ricorrente.
Conclusioni: Lezioni Pratiche per i Litiganti
Questo decreto sottolinea una lezione fondamentale per chiunque sia coinvolto in un contenzioso legale: i termini processuali non sono mere formalità. La mancata risposta a una comunicazione della Corte, specialmente nell’ambito di procedure accelerate come quella ex art. 380-bis c.p.c., può avere conseguenze drastiche e irreversibili. Il silenzio, in questo contesto, non è neutrale ma viene interpretato come una precisa manifestazione di volontà, con l’effetto di porre fine alla causa. Per gli avvocati e le parti, ciò significa che ogni comunicazione proveniente dall’autorità giudiziaria deve essere attentamente valutata e gestita entro le scadenze previste, pena la perdita del diritto di ottenere una decisione sul merito della propria controversia.
Cosa succede se la parte ricorrente non risponde alla proposta di definizione del giudizio entro 40 giorni?
Secondo la Corte, se la parte ricorrente non chiede una decisione sul ricorso entro 40 giorni dalla comunicazione della proposta, il ricorso si intende rinunciato, portando all’estinzione del giudizio.
Perché la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio in questo caso?
La Corte ha dichiarato l’estinzione perché il silenzio della parte ricorrente, protrattosi oltre il termine di 40 giorni stabilito dall’art. 380-bis c.p.c., viene interpretato dalla legge come una rinuncia al ricorso stesso.
Come sono state regolate le spese processuali e perché?
Le spese processuali sono state compensate tra le parti. La Corte ha giustificato questa decisione citando un recente intervento giurisprudenziale sul tema, che evidentemente suggeriva la compensazione in circostanze procedurali simili.
Testo del provvedimento
Decreto di Cassazione Civile Sez. L Num. 22034 Anno 2025
Civile Decr. Sez. L Num. 22034 Anno 2025
Presidente:
Relatore:
Data pubblicazione: 31/07/2025
DECRETO
sul ricorso iscritto al n. 13362/2024 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOMECODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in AOSTA INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n.558/2023 depositata il 05/12/2023
Vista la proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e comunicata alle parti;
Considerato che è trascorso il termine di giorni quaranta dalla comunicazione della anzidetta proposta senza che la parte ricorrente abbia chiesto la decisione del ricorso;
Ritenuto, pertanto, che – a norma dell’art. 380 -bis, secondo comma, c.p.c. – il ricorso deve intendersi rinunciato e deve provvedersi a dichiarare l’estinzione del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ.;
Ritenuto che, a norma dell’art. 391, secondo comma, c.p.c., deve provvedersi sulle spese processuali, che vanno compensate avuto riguardo al recente e sopravvenuto intervento di questa Corte sul tema ( Cass. n.7641 del 2025);
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio di Cassazione.
Dichiara la compensazione fra le parti delle spese del procedimento;
Così deciso in Roma, il 30/07/2025