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Estinzione del giudizio: quando la rinuncia chiude il caso

Una società e i suoi fideiussori, dopo aver perso in appello in una causa contro un istituto di credito per interessi usurari e commissioni, ricorrono in Cassazione. Tuttavia, prima della decisione, rinunciano al ricorso. La Corte Suprema, preso atto della rinuncia accettata dalla controparte, dichiara l’estinzione del giudizio. Questa decisione evidenzia come un procedimento possa concludersi per volontà delle parti, rendendo definitiva la sentenza precedente senza un esame nel merito da parte della Cassazione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Giudizio: Quando la Rinuncia al Ricorso Chiude il Caso

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità con cui un processo può terminare senza una decisione nel merito. Questo accade quando una delle parti, in questo caso chi ha promosso il ricorso, decide di fare un passo indietro. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte, porti alla chiusura definitiva del contenzioso, cristallizzando la decisione del grado precedente. Analizziamo insieme i dettagli di questa vicenda.

I Fatti del Caso: Dal Tribunale alla Cassazione

La controversia nasce dall’azione legale di due società e dei loro fideiussori personali contro un importante istituto di credito. L’oggetto del contendere era una linea di credito per la quale i ricorrenti lamentavano l’applicazione di interessi usurari e commissioni illegittime.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto solo parzialmente le loro richieste: pur dichiarando la nullità di alcune pattuizioni, aveva condannato le società e i fideiussori a pagare una somma residua a una società di cartolarizzazione, che nel frattempo aveva acquistato il credito dalla banca. Insoddisfatti, i debitori avevano proposto appello.

La Corte d’Appello, tuttavia, rigettava il gravame, confermando integralmente la sentenza di primo grado. A questo punto, le società e i fideiussori decidevano di tentare l’ultima via, presentando un ricorso per Cassazione basato su quattro motivi specifici.

I Motivi del Ricorso e la Sorprendente Svolta Processuale

I motivi del ricorso vertevano su presunti errori di diritto commessi dalla Corte d’Appello, tra cui:

1. Errata interpretazione sulla cessazione della linea di credito.
2. Mancato riconoscimento della violazione della normativa antiusura.
3. Omesso esame della domanda di risarcimento per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi.
4. Ingiusta condanna al pagamento delle spese legali.

Nonostante le argomentazioni legali fossero state formulate, il processo ha subito una svolta decisiva. Prima che la Corte Suprema potesse esaminare il merito delle questioni, i ricorrenti hanno depositato un atto di rinuncia al ricorso. Tale rinuncia è stata formalmente accettata dalla società controricorrente, che aveva anche concordato la compensazione delle spese legali.

La Decisione della Corte e l’Estinzione del Giudizio

Di fronte a questo scenario, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che applicare l’articolo 390 del Codice di Procedura Civile. Questa norma stabilisce che la parte che ha proposto l’impugnazione può rinunciarvi. Se la rinuncia viene accettata dalle altre parti, il procedimento si estingue.

La Corte ha quindi dichiarato formalmente l’estinzione del giudizio, senza entrare nel vivo delle questioni legali sollevate. La decisione si è limitata a prendere atto della volontà concorde delle parti di porre fine alla lite.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono state puramente procedurali. L’ordinanza non si fonda su un’analisi dei motivi di ricorso, ma esclusivamente sulla constatazione dell’avvenuta rinuncia e della sua accettazione. Questo atto di volontà delle parti è sufficiente, per legge, a determinare la fine del processo. La Corte ha inoltre ratificato l’accordo tra le parti relativo alla compensazione delle spese legali, come previsto nell’atto di rinuncia e accettazione.

Conclusioni

Questa vicenda processuale dimostra un principio fondamentale: le parti sono padrone del processo. La rinuncia al ricorso è uno strumento strategico che consente di chiudere una controversia in modo definitivo, evitando i rischi e i costi di un’ulteriore fase di giudizio. Con l’estinzione del giudizio, la sentenza impugnata – in questo caso quella della Corte d’Appello – diventa definitiva a tutti gli effetti. Per i debitori, ciò significa che la condanna al pagamento e le altre statuizioni del giudice di secondo grado sono ormai incontestabili. La scelta di rinunciare, probabilmente frutto di una valutazione costi-benefici o di un accordo transattivo, ha prevalso sulla volontà di ottenere una pronuncia di merito dalla Suprema Corte.

Cosa significa “estinzione del giudizio” in questo caso specifico?
Significa che il processo davanti alla Corte di Cassazione si è concluso senza una decisione sul merito delle questioni sollevate. La chiusura è avvenuta perché la parte che aveva fatto ricorso ha deciso di ritirarlo e la controparte ha accettato tale decisione.

Perché la Corte non ha deciso sui motivi di ricorso come l’usura o la segnalazione alla Centrale Rischi?
La Corte non ha esaminato i motivi perché la rinuncia al ricorso da parte dei ricorrenti ha interrotto il procedimento. Una volta che il ricorso viene ritirato e la rinuncia accettata, il giudice non ha più il potere di decidere sulla sostanza della controversia.

Quali sono le conseguenze pratiche dell’estinzione del giudizio?
La conseguenza principale è che la sentenza precedente, cioè quella della Corte d’Appello, diventa definitiva e non più impugnabile. Pertanto, la condanna al pagamento a carico delle società e dei fideiussori è diventata esecutiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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