Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24627 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24627 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 12789/2023
promosso da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’ avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea della Regione Sicilia , in persona dell’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO domicilia ex lege ;
contro
ricorrente avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 203/2023 pubblicata il 06/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) proponeva domanda di aiuto SIAN n. 94750057153, ricevuta dall’Assessorato delle Risorse Agricole e Alimentari in data 04/01/2010, intesa ad ottenere la concessione di un contributo nella misura del 40% della spesa ammissibile, ai sensi della misura 121 del P.S.R. 2 007/2013, relativa ad ‘Ammodernamento delle aziende agricole’ – 1° sottofase, per la ‘realizzazione di locale tecnico, stradella interna, opere irrigue, macchine ed impianti nell’azienda agricola ubicata in agro di Vittoria (RG), località INDIRIZZO.
Con nota prot. n. 09320 del 14/09/2011 l’Assessorato delle Risorse Agricole e Alimentari comunicava l’esito positivo della domanda di ammissione al P.S.R. Sicilia 2007/2013, trasmettendo il Decreto di Concessione Aiuto D.D.S. n. 1752/11 del 27/06/2011.
Con il Decreto di Concessione n. 1752/11 del 27/06/2011 veniva approvato il progetto esecutivo di cui alla domanda di aiuto rilasciata informaticamente sul portale SIAN con il n. NUMERO_DOCUMENTO concernente le opere e/o acquisti ritenuti ammissibili e per la spesa complessiva di € 1.500.000,00 euro, ivi comprese le spese generali.
L’Azienda Agricola veniva, quindi, ammessa ad usufruire di un contributo di € 600.000,00, corrispondente al 40 % della spesa ritenuta ammissibile, con facoltà di chiedere un’anticipazione sul contributo non superiore al 20%, subordinato alla presentazione di una fidejussione bancaria o di una polizza assicurativa o di una garanzia equivalente di importo pari al 110 % dell’anticipo concesso .
Successivamente alla proposizione di istanza di pagamento anticipato, l’AGEA, con Decreto n. 245 del 19/01/2012, liquidava l’aiuto relativo per l’importo di € 300.000,00, corrispondente al 20% della spesa.
Tale pagamento anticipato veniva garantito con polizza fideiussoria, per l’importo complessivo di € 330.000,00, pari al 110 % dell’aiuto richiesto.
In data 19/09/2013 l’Azienda RAGIONE_SOCIALE presentava all’Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste, istanza di proroga del termine per l’ultimazione delle attività , rappresentando gravi danni subiti dall’azienda a causa di eventi calamitosi ed anche difficoltà nell’erogazione del mutuo conseguente alla politica restrittiva delle banche nei confronti delle imprese, oltre alla grave crisi economica che aveva colpito il comparto dell’agricoltura.
Tale proroga veniva concessa con Decreto D.D.S. n. 5384/2013 del 03/12/2013 con conseguente differimento del termine per l’ultimazione dei lavoro al 30/03/2014.
Successivamente, l’RAGIONE_SOCIALE proponeva una seconda istanza di proroga in data 25/03/2014, rappresentando difficoltà che avevano p ortato a un ritardo nell’avvio dell’iniziativa progettuale prevista, quali la ‘grave crisi economica che aveva colpito il comparto dell’agricoltura, le difficoltà finanziarie e l’ indisponibilità creditizia del mondo bancario verso le imprese ‘ .
Con nota prot. n. 5050 del 17/06/2014, l’Amministrazione Regionale esprimeva parere negativo sulla concessione di un’ulteriore proroga del termine di esecuzione dell’attività ed invitava a presentare domanda di pagamento finale.
Con la comunicazione prot. n. 5887 del 23/07/2014 veniva quindi avviato il procedimento di revoca del Decreto di Concessione n. 1752/11 del 27/06/2011 e, in data 04/09/2014, con nota prot. n. 6539 veniva notificato il Decreto di Revoca n. 3484/14 del 28/08/2014, con il quale era revocato il contributo.
In data 26/09/2014 l’Assessorato Regionale dell’Agricoltura inviava, con nota prot. n. 7000, una richiesta bonaria di restituzione dell’importo da restituire , pari ad € 330.000,00, corrispondente al 110 % dell’importo concesso con l’anticipazione.
Infine, con nota prot. n. 8098 del 12/11/2014, l’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, a totale sostituzione della precedente nota n. 6539 del
04/09/2014, con la quale era stato notificato il decreto di revoca n. 3484/2014, notificava il nuovo Decreto di Revoca n. 5419/14 del 12/11/2014, il quale sostanzialmente confermava il precedente provvedimento.
Con atto di citazione notificato in data 23/01/2015, l’RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio l’Amministrazione Regionale, perché disapplicato il Decreto n. 5419/14 del 12/11/2014, con il quale l’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea aveva revocato il decreto di concessione del contributo di € 600.000,00, unitamente al precedente Decreto n. 3484/14 del 28/08/2014, integralmente sostituito dal primo, e alla comunicazione di avvio del procedimento di revoca (nota prot. n. 5887 del 23/07/2014) – venisse dichiarato il diritto al percepimento dell’importo riconosciuto di € 600.000,00 e l’insussistenza dell’obbligo di restituzione delle somme indicate nel provvedimento di revoca, comprensive degli interessi, ovvero, in via subordinata, che l’ Amministrazione venisse condannata al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali conseguenti ai provvedimenti illegittimi adottati.
Costituitosi l’Assessorato, i l Tribunale di Catania, con sentenza n. 469/2020 , rigettava la domanda attorea e condannava l’ Azienda RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite.
Quest’ultima proponeva appello e, nel contraddittorio con l’Assessorato, l’impugnazione veniva respinta con condanna dell ‘appellante al pagamento delle spese di lite.
In particolare, la Corte d’appello rileva va: che la prima richiesta di proroga era stata accolta con decreto del 03/12/2013, con fissazione di un nuovo termine per l’ultimazione dei lavori al 30/03/2014, con la seguente precisazione: «Visti i termini già concessi per la realizzazione dell’iniziativa progettuale, non verrà autorizzata un’ulteriore proroga e pertanto i lavori dovranno terminare perentoriamente entro il termine previsto, pena la revoca del decreto di concessione aiuto» ; che, in data
26/03/2014, l’Azienda RAGIONE_SOCIALE aveva presentato una seconda richiesta di proroga del termine di ultimazione dei lavori, deducendo che non poteva rispettare il termine fissato al 30/03/2014 per la «Grave crisi economica che ha colpito il mondo dell’agricoltura » e per «Le difficoltà finanziare, indisponibilità creditizia del mondo bancario verso le imprese e valutata la disponibilità di fido commerciale resa dai fornitori» ; che, con nota prot. 5050 del 17/06/ 2014, l’Ufficio Provinciale dell’Agricoltura di Ragusa aveva comunicato all ‘ RAGIONE_SOCIALE che la richiesta proroga non poteva essere concessa, considerato che la realizzazione delle opere previste dal progetto non risultava nemmeno essere stata iniziata, ed espressamente invitava l’istante a presentare, entro il termine perento rio di gg. 10, la domanda di pagamento finale, avvertendola che, in mancanza, la concessione del finanziamento sarebbe stata revocata e l’anticipazione concessa avrebbe dovuto essere immediatamente restituita; che tale nota prot. 5050 del 17/06/2014 veniva poi espressamente indicata nel provvedimento n. 5887 in data 23/07/2014, avente ad oggetto: « Comunicazione ai sensi dell’art. 11 bis della Legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 e successive, di avvio del procedimento finalizzato a provvedimento di revoca di decreto e recupero di somme PSR Sicilia 2007/13» , con cui l’appellante veniva avvertita delle facoltà concessele dalla legge; che nessuna osservazione era stata presentata dall’ Azienda Agricola, di talché, con decreto n. 3484 del 28/08/2014, ritirato e successivamente riemesso, in termini identici, in data 12/11/2014 con il n. 5419, l’Assessorato , vista la comunicazione n. 5887 del 23/07/2014, con la quale è stato avviato un procedimento di revoca del decreto di concessione n. 1752/2011 del 27.6.2011, dato atto che nessuna osservazione era stata presentata nei termini indicati, disponeva la revoca del detto decreto di concessione del finanziamento.
Sulla scorta di tali rilievi, la Corte d’appello riteneva che non vi era alcun difetto di motivazione del provvedimento di revoca del finanziamento, atteso che, nello stesso, era stata espressamente
richiamata la comunicazione di inizio del procedimento finalizzato alla revoca del finanziamento da cui emergeva, con chiarezza, che la revoca trovava la sua ragione nella mancata realizzazione del progetto ammesso al finanziamento entro il termine previsto.
Secondo la Corte, non vi era nessuna motivazione postuma del provvedimento di revoca (contenuta nella comparsa di costituzione e risposta nel primo grado di giudizio) , come dedotto dall’appellante, poiché la vicenda era connotata dall’accertamento (ritenuto in sentenza senza che fosse stata avanzata sul punto impugnazione) che la realizzazione delle opere oggetto del progetto ammesso al finanziamento non era mai iniziata.
Condividendo l’opinione espressa dal Tribunale, la Corte territoriale riteneva che il provvedimento di revoca del finanziamento, tramite il richiamo in esso contenuto alla comunicazione di avvio del procedimento finalizzato alla revoca (pacificamente trasmesso all’appellante al pari della precedente nota n. 5050 in data 17 /06/2014 dell’Ufficio Provinciale dell’Agricoltura di Ragusa, a sua volta richiamata nella comunicazione di avviso del procedimento di revoca), risultava adeguatamente motivato, e ciò era tanto più vero se solo si poneva mente alla successione degli atti sopra menzionati, con particolare riferimento al rigetto della seconda richiesta di proroga parimenti noto all’appellante, a fronte della sua incapacità di realizzare, entro il termine previsto, il progetto ammesso al finanziamento.
Ad opinione della menzionata Corte, infatti, nessuna ulteriore motivazione era necessaria, tenuto conto: che l’ RAGIONE_SOCIALE aveva già ottenuto una proroga d el termine per l’ultimazione dei lavori con scadenza il 30/03/2014; che quattro giorni prima della scadenza -senza avere nemmeno iniziato i lavori, pur avendo ricevuto da oltre due anni l’anticipo d i metà del finanziamento concesso -la medesima aveva avanzato una seconda richiesta di proroga motivata genericamente con riferimento alla crisi del settore ed alla difficoltà di accesso al credito; che tale richiesta era stata rigettata con
comunicazione che, in ragione di quanto esposto, spiegava che l ‘RAGIONE_SOCIALE sarebbe andata incontro alla revoca del finanziamento ed all’obbligo di restituzione dell’anticipazione .
P er la Corte d’appello , inoltre, la revoca del finanziamento non aveva bisogno di ulteriore motivazione anche perché, nel caso in questione, si versava non già in ipotesi di revoca discrezionale del provvedimento di erogazione del finanziamento, ma di vera e propria decadenza dal diritto del beneficiario, il quale aveva del tutto disatteso l’obbligo di realizzazione del progetto , in funzione del quale il finanziamento era stato concesso, non residuando alcuna esigenza di bilanciamento di interessi, ovvero spazio di apprezzamento della decisione dell’amministrazione in termini di mera opportunità, né trovando in siffatta circostanza alcuna tutela del l’affidamento dell’Azienda Agricola inadempiente .
Quanto poi alla circostanza dedotta dall’Azienda, secondo cui il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ avrebbe integrato causa di forza maggiore in ragione della quale, ai sensi dell’art. 47 del Regolamento (CE) n. 1974/2006, l’ Amministrazione avrebbe dovuto rinunciare al recupero degli aiuti, la Corte d’appello, premettendo che nella seconda richiesta di proroga l’appellante non faceva più riferimento alla detta calamità naturale, ha ritenuto che era sufficiente ribadire, in punto di fatto, che non era stata versata in atti nessuna prova di quali sarebbero stati i ‘danni incommensurabili’ da essa provocati, con la conseguenza che nessuna pretesa poteva essere a tale titolo accampata dall’appellante.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi di doglianza.
L’Assessorato si è difeso con controricorso.
Con decreto comunicato il 29/08/2023, il Consigliere delegato della Prima Sezione Civile -Area 4 Pubblica Amministrazione – ha formulato proposta di definizione anticipata.
Il 02/10/2023, la ricorrente ha presentato istanza di decisione ai sensi dell’art. 380 bis , comma 2, c.p.c.
È stata fissata adunanza in camera di consiglio per l’esame del ricorso.
La ricorrente ha depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta , ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto che la revoca del finanziamento fosse stata adeguatamente motivata.
In particolare, la ricorrente ha dedotto che, nel proporre appello, aveva evidenziato che la motivazione del provvedimento di revoca era stata esternata per la prima volta solo con la costituzione in giudizio dell’Amministrazione , senza che nella sentenza vi fosse traccia di un puntuale e circostanziato esame di tale rilievo.
La parte ha aggiunto che la Corte d’ appello ha omesso di considerare che, nel corso del procedimento amministrativo, l’ Azienda aveva presentato diverse richieste di proroghe motivate, avendo nelle stesse esplicato le ragioni della mancata effettuazione dell’investimento e che l’omessa presentazione di osservazioni nel corso del procedimento avviato per la revoca non legittima l’adozione di un provvedimento amministrativo sprovvisto di motivazione, aggiungendo che la prima proroga era stata concessa per un tempo più breve di quello richiesto e che nella specie erano intervenute gravi calamità naturali rileva nti i sensi dell’art. 47 del Regolamento (CE) n. 1974/2006 , ritenendo anche la violazione dell’affidamento ingenerato in ordine al conseguimento del contributo.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n n. 3 e 5, c.p.c., dell’art. 47 del Regolamento (CE) n. 1974/06 e l’o messo esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
S econdo la ricorrente, la Corte d’appello ha ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva provato i dedotti danni incommensurabili cagionati dalla straordinaria ondata di maltempo, mentre, invece, doveva tenere conto che si trattava di un caso di forza maggiore considerato dalla norma comunitaria casi di forza maggiore come in grado di giustificare la rinuncia al rimborso degli aiuti, che infatti avevano comportato l’accoglimento delle precedenti richieste di proroga da parte dell’ Amministrazione.
Come sopra evidenziato, il 29/08/2023 la ricorrente ha ricevuto la comunicazione della proposta di definizione anticipata, formulata dal Consigliere delegato della Prima Sezione Civile, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
Il 02/10/2023 il difensore della ricorrente ha presentato istanza di decisione del ricorso, non corredata da una nuova procura speciale, che non è stata depositata neppure successivamente.
Com’è noto, l’art. 380 bis , comma 2, c.p.c., nel testo all’epoca vigente stabiliva quanto segue: «Entro quaranta giorni dalla comunicazione la parte ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, può chiedere la decisione. In mancanza, il ricorso si intende rinunciato e la Corte provvede ai sensi dell’articolo 391.»
L ‘art. 3, comma 3, lett. n), d.lgs. n. 164 del 2024, entrato in vigore il 26/11/2024, ha, poi, soppresso la necessità che il difensore si munisse della procura speciale per richiedere la decisione del ricorso.
In una fattispecie del tutto analoga alla presente, con ordinanza interlocutoria n. 284 del 07/1/2025, le Sezioni Unite di questa Corte, all’esito dell’adunanza camerale , hanno rinviato all’udienza pubblica il procedimento relativo al ricorso n. 7139/2024 R.G., ritenendo necessario valutare gli effetti e l’eventuale applicabilità in quel giudizio della modifica a ll’art. 380 bis , comma 2, c.p.c., introdotta dall’art. 3, comma 3, lett. n) del d.lgs. n. 164 del 2024, nella parte in cui ha soppresso la necessità che il difensore si munisca della procura speciale
per richiedere la decisione, tenuto conto della previsione contenuta n ell’art. 7 d.lgs. n. 164 del 2024, secondo cui, ove non diversamente disposto, le norme novellate si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28/02/2023.
Successivamente all’udienza camerale, tenuta nel presente procedimento, è intervenuta la decisione delle Sezioni Unite nel procedimento sopra menzionato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 14986 del 04/06/2025), ove la S.C. ha affermato i seguenti principi: 1) la modifica dell’art. 380 bis c.p.c. da parte del d.lgs. n. 164 del 2024 (che ha soppresso la necessità del rilascio di una nuova procura speciale ai fini della richiesta di decisione) si applica alle sole istanze di decisione formulate dopo il 26 novembre 2024 (data di entrata in vigore delle disposizioni modificative) o per le quali a tale data non era ancora scaduto il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione per richiedere la decisione, sicché, in tali casi, l’eventuale carenza della nuova procura speciale non è di ostacolo all’esame e decisione del ricorso in adunanza camerale o in pubblica udienza, risultando superflua una nuova istanza che, dato il mutato quadro normativo, non richiederebbe tale requisito; 2) nei processi cui si applica la formulazione dell’art. 380 bis c.p.c. antecedente alla modifica ex d.lgs. 164 del 2024, se l’istanza di decisione risulta priva di procura speciale successiva alla proposta, il giudizio dev’essere dichiarato estinto ex art. 391 c.p.c., con possibilità di proporre istanza ai sensi dell’art. 391, comma 3, c.p.c., per la verifica sulla regolarità della statuizione adottata -per un impedimento di carattere processuale (la mancanza di una rituale richiesta di decisione), senza applicazione del disposto dell’ultima parte del comma 3 dell’art. 380 bis c.p.c., non potendosi ritenere che la causa sia stata definita “in conformità alla proposta”, atteso che l’esito del giudizio prescinde dalle ragioni di questa.
Nel presente giudizio si è verificata proprio l’evenienza da ultimo prospettata, poiché, a seguito della comunicazione della proposta di
definizione anticipata, effettuata il 29/08/2023, il difensore della ricorrente ha presentato, in data 02/10/2023, istanza di decisione del ricorso, non corredata da una nuova procura speciale, che non è stata depositata neppure successivamente.
In conformità ai principi appena enunciati, deve, pertanto, ritenersi applicabile la formulazione dell’art. 380 bis c.p.c. previgente, sicché, per effetto del mancato deposito della nuova procura speciale entro il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, va dichiarata l’estinzione del ricorso.
Come già affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, infatti, l’istanza di decisione si colloca all’interno del processo , inteso unitariamente, e non ne introduce un’autonoma fase.
La nuova procura richiesta dalla precedente formulazione dell’art. 380 bis c.p.c. è, quindi, procura a compiere, nell’interesse del ricorrente, uno specifico ed eventuale atto del processo di cassazione, occorrendo la diretta riferibilità alla parte della peculiare attività processuale svolta dal difensore dopo la comunicazione della proposta.
La norma contempla ‘un’ulteriore regola di procedura’ , poiché solo se accompagnata dalla nuova procura, la richiesta di decisione può valere come “atto di impulso processuale che coinvolga personalmente la parte ricorrente”, confermando l’interesse alla decisione del ricorso già incardinato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 14986 del 04/06/2025; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 2526 del 03/02/2025).
In assenza dei requisiti dell’istanza di decisione , deve, pertanto, essere pronunciata l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 391, comma 1, c.p.c.
Non può ritenersi che la causa sia stata definita in conformità con la proposta di manifesta inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza, ai sensi del terzo comma dell’art. 380 bis c.p.c., poiché l’esito del giudizio è determinato dall’assenza di un requisito formale , che condiziona la possibilità di ottenere la decisione, successivo alla formulazione della proposta, che, pertanto, necessariamente prescinde
dalle ragioni della proposta stessa (Cass., Sez. U, Sentenza n. 14986 del 04/06/2025).
Le spese processuali sono regolate in dispositivo.
Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, poiché l’impugnazione non è stata rigettata o dichiarata inammissibile o improcedibile (Cass., Sez. U, Sentenza n. 14986 del 04/06/2025; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 33132 del 18/12/2024 ).
P.Q.M.
La Corte
dichiara l’estinzione del giudizio;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 6.000,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito; Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile