Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22040 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22040 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 22992/2022 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento a ll’ indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
CONTRO
ASL Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata –
avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 2629/2022, depositata il 10/6/2022
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/5 /2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con ricorso per decreto ingiuntivo il RAGIONE_SOCIALE, centro provvisoriamente accreditato per lo svolgimento di prestazioni di laboratorio, chiedeva all’ASL di Avellino il pagamento di euro 76.261,97, quali somme ancora dovute (dopo il versamento degli acconti per complessivi euro 163.329,91) per prestazioni erogate nell’anno 2002.
Il tribunale emetteva il decreto ingiuntivo n. 32 del 2007 per l’importo richiesto, oltre gli interessi come per legge dalla messa in mora.
Proponeva opposizione la Asl eccependo, tra l’altro, l’infondatezza nel merito della pretesa, in quanto gli acconti ricevuti per l’anno 2002 erano pari al tetto massimo di spesa stabilito per la struttura con delibera Asl 2031/02.
Con sentenza n. 171/2009 il tribunale di Avellino accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo, in quanto era stato superato il tetto di spesa.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 1679/2014 rigettava l’appello proposto dal Laboratorio Analisi Cliniche.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE
Con ordinanza n. 23324 del 2018 questa Corte accoglieva il secondo motivo di ricorso del Laboratorio, in quanto era errata
l’affermazione della Corte territoriale per cui spettava al Centro RAGIONE_SOCIALE la prova, quale fatto costitutivo del diritto esercitato, oltre all’esistenza del rapporto di accreditamento e dell’esecuzione delle prestazioni, anche del mancato superamento del tetto di spesa.
In realtà, gravava sull’Asl la dimostrazione del fatto (non costitutivo del diritto dell’attore ma) impeditivo dell’accoglimento della pretesa azionata, costituito dal superamento del tetto di spesa.
La Corte d’appello, in sede di giudizio di rinvio, con la sentenza n. 2629/2022, del 10/6/2022, rigettava l’opposizione, compensando interamente tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio, stanti le oscillazioni giurisprudenziali in ordine al riparto dell’onere della prova con riferimento ai tetti di spesa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE
È rimasta intimata l’Asl di Avellino.
In data 13/3/2025 la società ha presentato rinuncia al ricorso, «stante il raggiungimento dell’accordo transattivo», non avendo la Asl di Avellino presentato controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
L’Asl è stata dichiarata soccombente in modo assoluto. Non sussistevano, peraltro, i presupposti per la compensazione integrale delle spese di tutti i gradi di giudizio.
Il ricorso deve essere dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere, a seguito di intervenuta transazione tra le parti.
Per questa Corte, a sezioni unite, la rinuncia al ricorso per cassazione risulta perfezionata nel caso in cui la controparte ne abbia avuto conoscenza prima dell’inizio dell’udienza, anche se non mediante notificazione, e, trattandosi di atto unilaterale recettizio, produce l’estinzione del processo a prescindere dall’accettazione che rileva solo ai fini delle spese (Cass., sez. un., 24 dicembre 2019, n. 34429; Cass., sez. 5, 28 maggio 2020, n. 10140; Cass., sez. 1, 22 maggio 2020, n. 9474).
Infatti, poiché l’art. 306 c.p.c. non si applica al giudizio di cassazione, la rinuncia al ricorso non integra un atto c.d. «accettizio», che richiede, quindi, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali, né un atto recettizio in senso stretto, in quanto l’art. 390, ultimo comma, c.p.c., ne consente, in alternativa alla notifica alle parti costituite, la semplice comunicazione agli ‘avvocati’ delle stesse, i quali sono investiti dei compiti di difesa, ma non anche della rappresentanza in giudizio delle controparti.
Le spese del giudizio vanno interamente compensate tra le parti, come previsto nell’atto di transazione.
In materia di impugnazioni, la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (Cass., sez. 5, 12 ottobre 2018, n. 25485; Cass., sez. 5, 7 dicembre 2018, n. 31732).
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione