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Estinzione del giudizio: la rinuncia e le spese

Un dirigente pubblico impugna la revoca del suo incarico, ma il suo contratto è ritenuto nullo. In Cassazione, rinuncia al ricorso con accettazione della controparte. La Corte dichiara l’estinzione del giudizio, chiarendo le conseguenze sulle spese processuali e sul contributo unificato.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Giudizio: Quando Rinunciare Conviene

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità con cui un processo può concludersi senza una sentenza che decida nel merito la controversia. Un caso emblematico, risolto di recente dalla Corte di Cassazione, ci permette di analizzare le conseguenze pratiche, specialmente in termini di spese legali e sanzioni, quando un ricorrente decide di fare un passo indietro. La vicenda riguarda un dirigente pubblico che, dopo aver visto respinte le sue ragioni nei primi due gradi di giudizio, ha scelto di rinunciare al ricorso in Cassazione.

I Fatti di Causa

Un dirigente dell’avvocatura regionale aveva impugnato la revoca del suo incarico, sostenendo che fosse il risultato di un illegittimo meccanismo di ‘spoil system’. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato le sue pretese, non tanto analizzando la legittimità della revoca, quanto dichiarando nullo il contratto di assunzione originario. Secondo i giudici di merito, l’assunzione violava diverse norme, tra cui il mancato rispetto dei limiti percentuali per le assunzioni esterne e l’assenza di una corretta procedura di selezione.

Di fronte a queste decisioni sfavorevoli, il dirigente ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. In una svolta processuale decisiva, prima della decisione della Corte, il ricorrente ha formalizzato la rinuncia al ricorso, e la Regione, controparte nel giudizio, ha accettato tale rinuncia in modo incondizionato.

La Rinuncia e l’Estinzione del Giudizio in Cassazione

La rinuncia agli atti del giudizio, quando accettata dalla controparte, produce un effetto drastico e definitivo: l’estinzione del giudizio. Questo istituto, disciplinato dall’articolo 391 del codice di procedura civile, impedisce alla Corte di pronunciarsi sul merito della questione. Il processo, in sostanza, si ‘spegne’ prima di arrivare a una conclusione sulla fondatezza o meno delle pretese avanzate.

Nel caso specifico, l’accordo tra le parti sulla chiusura del contenzioso ha portato la Corte di Cassazione a una decisione puramente procedurale: prendere atto della volontà delle parti e dichiarare estinto il processo.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, nella sua ordinanza, si è concentrata sulle conseguenze legali della rinuncia accettata. In primo luogo, ha applicato l’articolo 391 del codice di procedura civile, che stabilisce due principi fondamentali:
1. La rinuncia accettata causa l’estinzione del processo.
2. Quando vi è accettazione, non si deve provvedere alla condanna alle spese legali. Ciascuna parte, in pratica, si fa carico delle proprie spese.

Il secondo punto di grande interesse riguarda il cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. L’articolo 13, comma 1-quater, del DPR 115/2002 prevede che la parte il cui ricorso è respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato. La Corte ha chiarito, citando precedenti consolidati (Cass. n. 3688/2016 e Cass. n. 23175/15), che questa sanzione non si applica in caso di estinzione del giudizio. La norma, infatti, elenca tassativamente i casi di applicazione, e l’estinzione non è tra questi.

Le Conclusioni

La decisione offre spunti pratici di notevole importanza. L’estinzione del giudizio tramite rinuncia accettata si rivela uno strumento strategico per chiudere una lite legale con conseguenze prevedibili e limitate. Per il ricorrente, significa evitare una probabile sentenza sfavorevole e, soprattutto, la condanna al pagamento delle spese legali della controparte e della sanzione del doppio contributo unificato. Per la controparte, l’accettazione può essere vantaggiosa per chiudere definitivamente una controversia, risparmiando tempo e risorse. Questa ordinanza ribadisce un principio procedurale fondamentale: l’estinzione del processo è un esito neutro che non comporta le stesse conseguenze sanzionatorie di una sconfitta nel merito.

Cosa succede se si rinuncia al ricorso in Cassazione e la controparte accetta?
Il processo si estingue. Ciò significa che la Corte non emette una decisione sul merito della questione e il giudizio si conclude definitivamente in quello stato.

In caso di estinzione del giudizio per rinuncia accettata, chi paga le spese legali?
Nessuna delle parti viene condannata a pagare le spese legali dell’altra. Come stabilito dall’art. 391 del codice di procedura civile, l’accettazione della rinuncia comporta che non si debba provvedere sulle spese, quindi ogni parte sostiene i propri costi.

Il ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato se il giudizio si estingue per rinuncia?
No. La Corte ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato sussiste solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non in caso di estinzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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