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Estinzione del giudizio: la rinuncia chiude il caso

Una lunga disputa legale tra un proprietario e una società costruttrice, relativa alla violazione delle distanze tra edifici, si è conclusa davanti alla Corte di Cassazione. Dopo una condanna al risarcimento danni in appello, le parti hanno presentato ricorsi incrociati. Tuttavia, un accordo extragiudiziale ha portato alla rinuncia reciproca agli atti, determinando l’estinzione del giudizio e ponendo fine alla controversia senza una decisione nel merito.

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Estinzione del Giudizio in Cassazione: Quando l’Accordo tra le Parti Prevale

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità con cui una causa può concludersi prima di arrivare a una sentenza definitiva sul merito della questione. Questo accade spesso quando le parti, dopo anni di contenzioso, trovano un accordo che soddisfa i loro interessi, rendendo superflua la prosecuzione della battaglia legale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come una rinuncia reciproca ai ricorsi possa portare a questa conclusione, con importanti conseguenze anche sulle spese legali.

I Fatti di Causa: Dalle Distanze Legali all’Accordo Finale

La vicenda trae origine da una controversia in materia di diritto immobiliare. Un proprietario aveva citato in giudizio una società costruttrice, lamentando che un fabbricato da questa realizzato non rispettava le distanze legali previste dalla normativa. Inizialmente, il proprietario aveva richiesto l’arretramento della costruzione.

La Corte d’Appello, in funzione di giudice di rinvio, aveva condannato la società a versare al proprietario un risarcimento del danno pari a 8.000,00 euro. La sentenza aveva inoltre esteso gli effetti della decisione di primo grado anche nei confronti di una terza persona, acquirente di una porzione dell’immobile oggetto di causa.

Insoddisfatto della decisione, il proprietario ha presentato ricorso per cassazione. A loro volta, la società costruttrice e l’acquirente si sono difese con un controricorso, proponendo anche un ricorso incidentale per contestare gli aspetti a loro sfavorevoli della sentenza d’appello.

La Svolta Processuale: La Rinuncia Reciproca e l’Estinzione del Giudizio

Quando il caso sembrava destinato a un’ulteriore valutazione da parte della Suprema Corte, è intervenuto un colpo di scena. Gli avvocati di tutte le parti coinvolte hanno depositato un atto congiunto, datato pochi mesi prima dell’udienza, con il quale dichiaravano la rinuncia al ricorso principale, la rinuncia al ricorso incidentale e le reciproche accettazioni. Questo atto, sottoscritto da tutte le parti e dai loro legali muniti di mandato speciale, ha cambiato radicalmente il corso del processo.

Di fronte a questa manifesta volontà delle parti di porre fine alla lite, anche il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso fosse dichiarato estinto. La Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prendere atto della situazione e procedere in tal senso.

Le Motivazioni della Corte

La decisione della Suprema Corte si fonda su precise disposizioni del codice di procedura civile. L’atto di rinuncia reciproca, accettato da tutte le controparti, comporta inevitabilmente l’estinzione del giudizio. Questo principio sancisce la prevalenza della volontà delle parti nel disporre dei propri diritti e nel decidere di terminare una controversia.

La Corte ha inoltre chiarito due importanti conseguenze procedurali e fiscali:

1. Spese Legali: In caso di rinuncia accettata, l’articolo 391, ultimo comma, del codice di procedura civile stabilisce che il giudice non debba pronunciarsi sulle spese del giudizio di cassazione. Le parti, presumibilmente, hanno regolato questo aspetto nel loro accordo privato che ha portato alla rinuncia.

2. Doppio Contributo Unificato: Viene esclusa l’applicazione dell’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma prevede che la parte il cui ricorso viene respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato. Poiché l’estinzione del giudizio per rinuncia non equivale a una soccombenza, tale obbligo non sorge.

Conclusioni

Questa ordinanza evidenzia come la via della transazione e dell’accordo sia sempre percorribile, anche nelle fasi più avanzate di un giudizio complesso come quello dinanzi alla Corte di Cassazione. La scelta delle parti di rinunciare reciprocamente ai ricorsi ha portato a una rapida conclusione della vicenda, evitando i tempi e i costi di un’ulteriore fase processuale. La decisione della Corte ribadisce le precise conseguenze legali di tale scelta: nessuna pronuncia sulle spese e nessun obbligo di versare il doppio contributo unificato, confermando che l’estinzione del giudizio per accordo è un esito processuale neutro dal punto di vista della soccombenza.

Cosa succede se le parti di un processo in Cassazione raggiungono un accordo e rinunciano ai rispettivi ricorsi?
Il processo si conclude con una dichiarazione di estinzione del giudizio. La Corte di Cassazione prende atto della volontà delle parti di porre fine alla lite e non emette una decisione sul merito della questione.

In caso di estinzione del giudizio per rinuncia, chi paga le spese legali?
La Corte non si pronuncia sulle spese legali del giudizio di Cassazione. Secondo l’art. 391 c.p.c., in presenza di adesione alla rinuncia, le spese si intendono regolate privatamente tra le parti nell’ambito del loro accordo.

La parte che rinuncia al ricorso deve pagare il cosiddetto ‘doppio contributo unificato’?
No. La Corte ha chiarito che l’estinzione del giudizio esclude l’applicazione della norma (art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002) che obbliga la parte impugnante non vittoriosa a versare un ulteriore importo pari al contributo unificato. La rinuncia non equivale a una sconfitta nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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