Estinzione del giudizio: quando la rinuncia chiude la controversia
Nel complesso mondo del diritto processuale, l’esito di una causa non è sempre una sentenza che stabilisce chi ha torto e chi ha ragione. A volte, il percorso giudiziario si interrompe prima, come nel caso dell’estinzione del giudizio. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la rinuncia al ricorso, se accettata dalla controparte, possa chiudere definitivamente una controversia, con importanti conseguenze anche sul fronte dei costi processuali.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una controversia di lavoro. La Corte d’Appello aveva condannato il titolare di una ditta individuale a versare a una sua ex dipendente una somma considerevole, pari a oltre 50.000 euro, a titolo di differenze retributive. Non accettando la decisione, l’imprenditore aveva deciso di giocare l’ultima carta, proponendo ricorso per Cassazione.
Tuttavia, prima che la Suprema Corte potesse entrare nel merito della questione, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo: il ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. La ex dipendente, costituitasi come controricorrente, ha formalmente accettato tale rinuncia. Questo accordo tra le parti ha cambiato radicalmente il destino del processo.
La Rinuncia al Ricorso e l’Estinzione del Giudizio
Di fronte alla rinuncia e alla sua accettazione, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto e applicare le norme procedurali pertinenti. L’articolo 390 del codice di procedura civile stabilisce infatti che la parte può rinunciare al ricorso. Quando questa rinuncia viene accettata dalle altre parti, il processo si estingue.
L’estinzione del giudizio rappresenta quindi una modalità di chiusura del processo che non deriva da una decisione del giudice sul contenuto della disputa, ma dalla volontà concorde delle parti di non proseguirla. È una soluzione che permette di porre fine alla lite in modo definitivo.
Le Conseguenze sulle Spese Processuali
Un aspetto di notevole interesse pratico riguarda la gestione delle spese legali. L’articolo 391, comma quarto, del codice di procedura civile prevede che, in caso di estinzione per rinuncia accettata, il giudice non debba emettere alcuna statuizione sulle spese. Questo significa che ogni parte si fa carico delle proprie spese legali sostenute fino a quel momento. La reciproca adesione alla rinuncia implica una sorta di accordo implicito anche su questo punto, evitando ulteriori contenziosi sui costi.
le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte Suprema, nella sua ordinanza, ha agito come un custode delle regole procedurali. Verificata la presenza delle condizioni richieste dalla legge – ovvero la rinuncia del ricorrente e l’accettazione della controricorrente – ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La decisione si fonda su una semplice ma fondamentale constatazione: la volontà delle parti di porre fine alla causa prevale, e il processo non ha più motivo di continuare.
Un’altra importante precisazione contenuta nell’ordinanza riguarda il cosiddetto “doppio contributo unificato”. La legge (D.P.R. 115/2002) prevede che la parte la cui impugnazione venga respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, debba versare un ulteriore importo pari a quello già pagato per avviare il giudizio. La Cassazione ha chiarito, citando precedenti giurisprudenziali, che la declaratoria di estinzione non è equiparabile a un rigetto o a una dichiarazione di inammissibilità. Pertanto, il ricorrente che rinuncia è esonerato da questo ulteriore pagamento.
le conclusioni
Questa pronuncia sottolinea un’importante opzione strategica a disposizione delle parti in un processo civile. La rinuncia al ricorso, se concordata, può rappresentare una via d’uscita efficiente da una controversia, specialmente quando si valuta che le possibilità di successo sono scarse o quando si raggiunge un accordo stragiudiziale. La decisione della Cassazione ribadisce che questa scelta non solo chiude il contenzioso in modo definitivo ma comporta anche un significativo vantaggio economico, evitando la condanna alle spese della controparte e il pagamento del doppio contributo unificato. È una dimostrazione di come il diritto processuale offra strumenti per gestire le liti in modo flessibile, premiando l’accordo tra le parti.
Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione e la controparte accetta?
Quando il ricorrente rinuncia al ricorso e la parte controricorrente accetta tale rinuncia, il processo si chiude senza una decisione nel merito. La Corte di Cassazione dichiara formalmente l’estinzione del giudizio.
In caso di estinzione del giudizio per rinuncia, chi paga le spese legali?
Se l’estinzione deriva da una rinuncia accettata da tutte le parti, come previsto dall’art. 391, comma quarto, del codice di procedura civile, il giudice non emette alcuna pronuncia sulle spese. Ciascuna parte, quindi, sostiene i costi del proprio avvocato.
La dichiarazione di estinzione del giudizio comporta il pagamento del doppio contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che la declaratoria di estinzione del giudizio non è equiparabile al rigetto, all’inammissibilità o all’improcedibilità dell’impugnazione. Di conseguenza, la parte che ha rinunciato al ricorso è esonerata dal versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16834 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16834 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12736-2020 proposto da:
COGNOME, titolare della Ditta individuale “RAGIONE_SOCIALE“, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1530/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 06/02/2020 R.G.N. 1452/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Oggetto
Estinzione del giudizio
R.G.N. 12736/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 19/03/2025
CC
Rilevato che
la Corte di appello di Catanzaro ha accolto l’appello di NOME COGNOME e, in riforma della decisione di primo grado, ha condannato NOME COGNOME a corrisponderle la somma di euro 50.777,36 a titolo di differenze retributive, oltre accessori; per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME con tre motivi. NOME COGNOME ha resistito con controricorso;
il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
NOME COGNOME ha depositato atto di rinuncia al ricorso e la rinuncia è stata accettata dalla controricorrente; sussistono, pertanto, le condizioni previste dall’art. 390 cod. proc. civ. perché sia dichiarata l’estinzione del giudizio, nulla dovendosi disporre in ordine alle spese processuali ex art. 391, comma quarto, cod. proc. civ., per la reciproca adesione delle parti alla rinuncia;
pur trattandosi di ricorso soggetto, ratione temporis, al regime di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, nr. 115, art. 13, comma 1-quater, la declaratoria di estinzione, non equiparabile al rigetto o alla dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione (cfr. Cass. n. 3688 del 2016; Cass. n. 23175 del 2015), esonera la ricorrente dal versamento dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio. Così deciso nell’adunanza camera del 19 marzo 2025