Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19234 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19234 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27920-2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
nonché contro
LONGO VINCENZA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 754/2020 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 07/08/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/07/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
Lette le memorie delle parti;
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO
La Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza n. 754 del 3 agosto 2020 ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato la nullità dell’atto di compravendita con il quale il defunto COGNOME NOME aveva alienato all’appellante la piena proprietà di un immobile in Maglie, in quanto frutto di circonvenzione di incapace posta in essere dalla COGNOME in danno dell’alienante, nonché il successivo atto di transazione con il quale la vedova dell’alienante aveva rinunciato a far valere l’invalidità della vendita ed a rinunciare ad ogni diritto successorio, dietro il corrispettivo di € 9.000,00, in quanto in contrasto con il dettato dell’art. 1972 c.c.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi la COGNOME, cui ha resistito con controricorso l’intimata NOME.
Il AVV_NOTAIO Delegato formulava proposta di definizione accelerata ex art. 380 bis c.p.c., ritenendo che il ricorso si palesasse inammissibile, e la stessa era comunicata al difensore della ricorrente in data 26 gennaio 2024.
Decorso il termine di cui al secondo comma dell’art. 380 bis c.p.c., il AVV_NOTAIO Delegato, con decreto n. 6561 del 12 marzo 2024, rilevato il decorso del detto termine, senza che nelle more fosse stata depositata richiesta di decisione del ricorso da parte della ricorrente, ha dichiarato l’estinzione del giudizio di
cassazione, con la condanna della ricorrente al rimborso delle spese di lite in favore della controricorrente.
In data 21 marzo 2024, il difensore della ricorrente ha avanzato richiesta di fissazione dell’udienza ex art. 391, co. 3, c.p.c., e la Corte ha fissato a tal fine l’adunanza camerale del 2 luglio 2024, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie.
Ritiene il Collegio che all’esito dell’udienza debba essere confermata la declaratoria di estinzione del giudizio di legittimità, risultando preclusa la possibilità di esaminare nel merito il ricorso.
Preliminarmente, rileva la Corte che nel procedimento ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., come disciplinato dal d.lgs. n. 149 del 2022, il presidente della sezione o il consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, può far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis.1, non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4 e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (cfr. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 2024 depositata il 10.4.2024).
Sulla scorta di tale pronuncia, il AVV_NOTAIO, autore della proposta di definizione ex art. 380 bis cpc, non versa in situazione di incompatibilità.
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il decreto di cui all’art. 391, primo comma, cod. proc. civ. ha la medesima
funzione (di pronuncia sulla fattispecie estintiva) e il medesimo effetto (di attestazione che il processo di cassazione deve chiudersi perché si è verificato un fenomeno estintivo) che l’ordinamento processuale riconosce alla sentenza o all’ordinanza, con la differenza che, mentre nei confronti dei suddetti provvedimenti è ammessa solo la revocazione ex art. 391 bis cod. proc. civ., avverso il decreto presidenziale l’art. 391, terzo comma, cod. proc. civ., individua, quale rimedio, il deposito di un’istanza di sollecitazione alla fissazione dell’udienza (collegiale) per la trattazione del ricorso. Tale istanza – che, non avendo carattere impugnatorio, non deve essere motivata – va depositata nel termine, da ritenersi perentorio (salva la generale possibilità di rimessione in termini prevista dall’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., aggiunto dall’art. 45, comma 19, della legge 18 giugno 2009, n. 69), di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo rechi o meno una pronuncia sulle spese (Cass. S.U. n. 19980 del 23/09/2014).
In questo senso Cass. S.U. n. 9611/2024 ha precisato che la previsione secondo cui ‘la Corte provvede ai sensi dell’articolo 391’ comporta l’operatività altresì del terzo comma di tale norma, in forza del quale ‘l decreto ha efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione dell’udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione’. Tale richiesta, da svolgersi nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, si spiega perciò come sollecitazione alla fissazione dell’udienza per la decisione collegiale, non avente natura di impugnazione del provvedimento, quanto di atto che rimette alla Corte di valutare se l’estinzione sia stata correttamente dichiarata e, in caso
contrario, di elidere qualsiasi valore del decreto di estinzione ai fini della definizione del giudizio di cassazione.
Peraltro ove le parti in causa, che non ritengano esaustivo il provvedimento presidenziale di estinzione emanato a seguito della rinunzia, chiedano alla Corte di pronunciarsi sulla controversia, non si avvalgono di un rimedio di carattere impugnatorio, ma la legge permette il passaggio ad una fase successiva per un esame completo della controversia, nell’ambito della quale la Corte può valutare se l’istanza di estinzione sia stata correttamente emanata oppure, in caso contrario, procedere all’esame del ricorso per cassazione (cfr. ex multis Cass. n. 15817 del 06/07/2009).
5.1 L’art. 380 -bis c.p.c., nel testo in vigore dall’1.1.2023, prevede che ‘Se non è stata ancora fissata la data della decisione, il presidente della sezione o un consigliere da questo delegato può formulare una sintetica proposta di definizione del giudizio, quando ravvisa la inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto. La proposta è comunicata ai difensori delle parti. Entro quaranta giorni dalla comunicazione la parte ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, può chiedere la decisione. In mancanza, il ricorso si intende rinunciato e la Corte provvede ai sensi dell’articolo 391. Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96’.
Il richiamo della norma all’art. 391 c.p.c., quanto all’esito decisorio derivante dalla mancata formulazione nel termine di
quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, della richiesta di decisione, induce quindi a ritenere che sia possibile per la parte interessata anche avvalersi della facoltà di chiedere la fissazione dell’udienza di cui al terzo comma dell’art. 391 c.p.c., al fine di contestare la correttezza del provvedimento di estinzione, in quanto emesso al di fuori delle condizioni che ne permettano l’adozione.
Non ignora il Collegio come in base alle prime applicazioni dell’art. 380 bis c.p.c. novellato, questa Corte abbia affermato che nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi ex art. 380-bis c.p.c., quando l’istanza di definizione del giudizio dopo la formulazione della proposta sia stata fatta in modo irrituale, il Collegio fissato in adunanza camerale definisce il giudizio in conformità alla proposta per ragioni di rito impedienti la discussione su di essa, con piena applicazione del terzo comma della citata disposizione (Cass. n. 31839 del 15/11/2023).
La stessa pronuncia ha poi affermato che nel caso in cui l’istanza di decisione collegiale sia affetta da vizi processuali, come nei casi in cui sia tardiva o non corredata di una nuova procura speciale, il giudizio di cassazione non può definirsi con decreto di estinzione ex art. 391 c.p.c., ma occorre fissare l’adunanza collegiale ex art. 380-bis.1 c.p.c., giacché la definizione con decreto postula un’inerzia assoluta del ricorrente, non potendo intendersi la “mancanza” della richiesta di decisione, in forza della quale “il ricorso si intende rinunciato”, come mancanza di una richiesta di definizione rituale.
Ad avviso del Collegio trattasi però di precedente che non si attaglia alla fattispecie in esame.
Infatti, la fissazione dell’adunanza camerale ex art. 380 -bis.1, anche a seguito di una tardiva presentazione di richiesta di decisione ex art. 380 bis, è possibile sempre che nelle more non sia già stato emesso il decreto di estinzione consequenziale al mancato rispetto del termine di quaranta giorni per la richiesta di decisione, in quanto una volta emesso il relativo provvedimento la disciplina risulta fornita dal dettato dell’art. 391 c.p.c.
Inoltre, la ricorrente non ha avanzato una richiesta di decisione del ricorso ai sensi del co. 2 dell’art. 380 bis c.p.c., ma ha espressamente avanzato la richiesta di fissazione dell’udienza ex art. 391, co. 3, c.p.c., la quale non può essere reputata equipollente alla prima.
Depone in tal senso anche quanto di recente precisato da Cass. n. 2614/2024, secondo cui, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, il deposito di una memoria ex art. 378 c.p.c. non è idoneo ad impedire la formale declaratoria di estinzione del giudizio a seguito di rinuncia ex art. 391 c.p.c., non essendo equiparabile all’istanza di decisione del ricorso richiesta dall’art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), attesa la mancanza dei requisiti di forma e di sostanza.
Come nel caso deciso dal precedente ora citato, ove è stato sottolineato che la memoria depositata appariva del tutto avulsa dal contesto, in quanto non faceva riferimento alcuno alla proposta di definizione accelerata, ed il riferimento nel deposito dell’atto nel fascicolo telematico, all’art. 378 c.p.c. ne rivelava l’intrinseca natura di tipica memoria, analogamente la richiesta in esame prescinde del tutto dalla formulazione della proposta e dalla necessità del rispetto del termine per la richiesta di
decisione, e nella intestazione contiene un inequivoco riferimento alla previsione di cui all’art. 391, co. 3, c.p.c.
Una volta quindi ricondotto il procedimento introdotto dalla richiesta della ricorrente nella disciplina di cui all’art. 391, co. 3, c.p.c., va però affermato che il provvedimento di estinzione risulta correttamente emanato, il che preclude la possibilità di una decisione nel merito del ricorso (cfr. in motivazione Cass. n. 10131/2024).
Emerge, infatti, che la proposta del AVV_NOTAIO relatore è stata tempestivamente comunicata al difensore della ricorrente in data 26 gennaio 2024, e che, in assenza di una tempestiva richiesta di decisione, decorso il termine di quaranta giorni, è stato pronunciato il decreto di estinzione, conformemente al dettato della norma di rito.
La ricorrente, oltre a non manifestare una esplicita richiesta di decisione, si è limitata solo a riferire della pendenza dinanzi a questa Corte di un diverso giudizio iscritto al n. 25264/2020 RG, relativo alle stesse parti, ma ancora in attesa di fissazione.
Tuttavia, deve reputarsi che tale circostanza non possa influire sulla correttezza della declaratoria di estinzione, ovvero sul ricorrere delle condizioni che ne permettevano l’adozione (risultando peraltro che nelle more il procedimento invocato da parte ricorrente è stato formalmente fissato per la trattazione ex art. 380bis.1, per l’adunanza camerale del 3 aprile 2024 dinanzi alla Terza Sezione civile, ed è stato altresì definito con l’ordinanza n. 14130 del 21 maggio 2024 che ha accolto il ricorso della odierna controricorrente, peraltro relativo a vicenda riguardante beni diversi da quelli oggetto del presente procedimento).
9. Ancorché la richiesta della parte di fissazione dell’udienza ex art. 391, comma 3, c.p.c. produca ” ipso facto ” la vanificazione del decreto presidenziale di estinzione, anche in ordine alla statuizione sulle spese in esso eventualmente contenuta, al venir meno di ogni effetto del decreto presidenziale consegue che resta affidata al Collegio giudicante ogni decisione sia sull’estinzione del giudizio, sia sulle spese (Cass. n. 31318 del 24/10/2022).
Il riscontro della sussistenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento di estinzione del presente giudizio, comporta che il Collegio debba dichiararne l’estinzione, con la condanna della ricorrente al rimborso delle spese, come liquidate in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara estinto il giudizio di cassazione e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della controricorrente che liquida in complessivi € 7.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15 % sui comensi, ed accessori di legge se dovuti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda