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Estinzione del giudizio: la nuova procedura accelerata

La Corte di Cassazione ha confermato l’estinzione del giudizio per un ricorso in cui la parte ricorrente non ha chiesto la decisione entro 40 giorni dalla comunicazione della proposta di definizione accelerata, come previsto dalla nuova procedura. La Corte ha chiarito che tale inerzia equivale a una rinuncia al ricorso, determinando la chiusura del processo. La successiva istanza per fissare un’udienza non può sanare il mancato rispetto del termine perentorio, consolidando così l’estinzione del giudizio.

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La nuova procedura accelerata e l’estinzione del giudizio di Cassazione

La recente riforma del processo civile ha introdotto meccanismi volti a velocizzare la definizione dei ricorsi, ma il mancato rispetto dei nuovi termini perentori può avere conseguenze drastiche, come l’estinzione del giudizio. Un’ordinanza della Corte di Cassazione illumina gli effetti della mancata risposta alla proposta di definizione accelerata (ex art. 380-bis c.p.c.), chiarendo che l’inerzia del ricorrente equivale a una rinuncia, con la conseguente chiusura del processo.

I Fatti del Caso: da una compravendita immobiliare alla Cassazione

La vicenda trae origine da una decisione della Corte d’Appello che aveva dichiarato la nullità di un atto di compravendita immobiliare. La Corte territoriale aveva ritenuto che l’acquirente avesse approfittato della condizione di incapacità del venditore. Successivamente, anche un atto di transazione tra l’acquirente e la vedova del venditore era stato dichiarato nullo.
Contro questa sentenza, l’acquirente ha proposto ricorso per cassazione, al quale ha resistito la controparte con un controricorso.

La Proposta Accelerata e la Mancata Risposta: una chiave per l’estinzione del giudizio

In applicazione delle nuove norme procedurali, il Consigliere Delegato ha formulato una proposta di definizione accelerata, ritenendo il ricorso inammissibile. Tale proposta è stata comunicata al difensore della ricorrente il 26 gennaio 2024. La legge concede alla parte ricorrente un termine di quaranta giorni per presentare, con una nuova procura speciale, un’istanza di decisione.
Nel caso di specie, la ricorrente non ha depositato alcuna richiesta entro il termine. Di conseguenza, il Consigliere Delegato ha emesso un decreto con cui dichiarava l’estinzione del giudizio, come previsto dalla procedura. Solo successivamente, il difensore della ricorrente ha presentato un’istanza per la fissazione di un’udienza per contestare l’estinzione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il rigore procedurale

La Corte di Cassazione, riunita in camera di consiglio, ha confermato la declaratoria di estinzione, ritenendo preclusa ogni possibilità di esaminare il merito del ricorso. I giudici hanno sottolineato come la procedura introdotta dalla riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022) sia chiara e rigorosa: la mancata richiesta di decisione entro i quaranta giorni dalla comunicazione della proposta accelerata si traduce in una rinuncia presunta al ricorso.

Le Motivazioni: la distinzione tra richiesta di decisione e istanza di fissazione udienza

La Corte ha spiegato che l’istanza di fissazione dell’udienza (ex art. 391, co. 3, c.p.c.), presentata dalla ricorrente dopo la scadenza del termine, è uno strumento diverso e non equipollente alla richiesta di decisione (ex art. 380-bis c.p.c.). La prima serve a contestare la correttezza di un decreto di estinzione già emesso, mentre la seconda è l’unico atto idoneo a manifestare la volontà di proseguire il giudizio e impedirne la chiusura anticipata.
Poiché il decreto di estinzione era stato emesso correttamente, a seguito del decorso del termine perentorio di quaranta giorni senza che fosse stata depositata la necessaria richiesta di decisione, la Corte non ha potuto fare altro che confermare la chiusura del processo. L’inerzia della parte ricorrente ha attivato un meccanismo automatico che ha portato all’estinzione del giudizio.

Conclusioni: le implicazioni pratiche per i ricorrenti

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per gli avvocati e le parti che affrontano un giudizio in Cassazione. La nuova procedura accelerata impone una vigilanza massima sui termini procedurali. La mancata risposta a una proposta di definizione accelerata non è un’opzione neutra, ma un comportamento che la legge interpreta come una rinuncia al ricorso. Pertanto, è fondamentale che, ricevuta la proposta, il ricorrente che intende proseguire il giudizio si attivi tempestivamente depositando l’apposita istanza di decisione entro il termine perentorio di quaranta giorni, per evitare la declaratoria di estinzione e la definitiva chiusura del contenzioso.

Cosa succede se un ricorrente non risponde alla proposta di definizione accelerata entro il termine di 40 giorni?
In assenza di una richiesta di decisione nel termine perentorio di quaranta giorni, il ricorso si intende rinunciato e la Corte provvede a dichiarare l’estinzione del giudizio.

La richiesta di fissazione dell’udienza ex art. 391 c.p.c. è equivalente alla richiesta di decisione ex art. 380-bis c.p.c.?
No. La Corte ha chiarito che si tratta di due rimedi distinti e non equipollenti. La richiesta di decisione ex art. 380-bis serve a manifestare la volontà di proseguire nel merito, mentre l’istanza ex art. 391 serve a contestare un decreto di estinzione già emesso.

Una volta emesso il decreto di estinzione del giudizio, è ancora possibile ottenere una decisione sul merito del ricorso?
No. L’ordinanza afferma che, se il provvedimento di estinzione risulta correttamente emanato a causa del mancato rispetto dei termini, è preclusa la possibilità di una decisione nel merito del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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