Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14013 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 14013 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17684/2024 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE- contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTE- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 86/2024, depositata il 13/01/2024.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso e la conferma del decreto impugnato.
Uditi gli avv.ti NOME COGNOME E NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha convenuto l’ex moglie NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Catania, chiedendo la revocazione per ingiuria
grave della donazione de ll’immobile adibito a casa coniugale in comproprietà al 50% tra i coniugi, delle somme impiegate per la ristrutturazione e per l’acquisto di un auto , lamentando che la convenuta aveva violato l’obbligo di assistenza e fedeltà verso il marito.
Il Tribunale, nella resistenza di NOME COGNOME ha respinto la domanda.
La pronuncia è stata confermata dalla Corte Catanese, ponendo in rilievo che la crisi coniugale era anteriore ai fatti addebitati alla moglie e che, nonostante l’ infedeltà contestata, la relazione extraconiugale non era divenuta di pubblico dominio e si era svolta senza modalità offensive; ha tuttavia riconosciuto che l’immobile era stato acquistato con denaro del marito ed era oggetto di una donazione indiretta, escludendo che vi fosse prova che i costi della ristrutturazione e per l’acquisito di altri beni fossero s tati sostenuti dal solo NOME COGNOME.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso in sette motivi, cui ha replicato NOME COGNOME con controricorso.
Il Consigliere delegato ha formulato una proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 38 bis c.p.c. , ravvisando la manifesta infondatezza del ricorso.
Scaduto il termine di legge, la causa è stata dichiarata estinta per mancata opposizione.
Successivamente il ricorrente ha formulato istanza di decisione ex art. 391, comma terzo, c.p.c. e la causa è stata rimessa all’udienza pubblica, in prossimità della quale le parti hanno deposito memorie e il Pubblico Ministero ha fatto pervenire conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia il vizio di omessa pronuncia sulla domanda di accertamento della sussistenza di una donazione indiretta del 50% dell’immobile acquistato con denaro del ricorrente
e la violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, lamentando che la Corte di merito, dopo aver dato atto in motivazione che la casa coniugale era stata acquistata con denaro del ricorrente, non abbia dichiarato in dispositivo che la convenuta aveva ricevuto la donazione indiretta del 50% dell ‘immobile.
Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. e del principio della c.d. ‘vicinanza della prova’ , sostenendo che la sentenza, nel negare che fossero state oggetto di donazione anche le liquidità impiegate per la ristrutturazione dell’immobile e per l’acquisito dei mobili, abbia posto l’onere della prova del le donazioni in capo all’attore, spettando, invece, alla convenuta dimostrare di aver concorso con proprie sostanze nell’effettuazione delle spese nell’interesse di entrambi i coniugi.
Il terzo motivo deduce la violazione del giudicato, per aver la Corte di merito affermato che la crisi coniugale era intervenuta prima dei fatti di infedeltà dell’ex moglie, in contrasto con la sentenza di legittimità n. 5888/2024 che aveva cassato la decisione con cui era stata respinta la domanda di addebito della separazione nei confronti della resistente.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 801 c.c. , la violazione del regime delle presunzioni e l’errata valutazione delle prove , asserendo che l’istruttoria testimoniale aveva confermato l’infedeltà e l’abbandono della casa coniugale da parte della moglie , oltre al fatto che quest’ultima aveva reso pubblica la relazione, diffondendo foto che la ritraevano con la persona con cui aveva intessuto una relazione su un noto social network prima della separazione.
Con il quinto motivo si contesta la violazione dell’art. 115 c.p.c. , per aver il giudice distrettuale trascurato che la convenuta non aveva contestato che i beni mobili e l’immobile erano stati acquistati con denaro del ricorrente.
Il sesto motivo denuncia la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato e del principio della domanda. Sostiene il
ricorrente che la pronuncia, nel rilevare che l’auto era ancora rimasta nella disponibilità del marito , si fonderebbe su un’errata interpretazione del contenuto della domanda, volta ad ottenere la revocazione della donazione e a far rientrare il bene, per l’intero, nel patrimonio dell’attore e non semplicemente ad ottenere la reintegra in possesso.
Il settimo motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. , contestando alla Corte d’Appello di aver ritenuto irripetibili le spese sostenute per i bisogni della famiglia in assenza di eccezione di parte e senza previamente sollecitare il contraddittorio tra le parti.
L’ottavo motivo denuncia gli artt. 91 e 92 c.p.c., censurando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite nonostante il parziale accoglimento dell’appello e l’accertamento del perfezionamento di una donazione indiretta a favore della convenuta.
Deve confermarsi l ‘ estinzione del giudizio già dichiarata con provvedimento ex art. 380 bis c.p.c..
Il ricorrente non ha proposto opposizione alla proposta di definizione anticipata, affermando di non aver potuto contattare tempestivamente il cliente, avendo questi cambiato il numero telefonico.
2.1. L’art. 380 -bis c.p.c., nel testo introdotto dal d.lgs. 164/2022, applicabile ai ricorsi pendenti alla data dell’1.1.2023, per i quali non fosse già fissata l’adunanza camerale o l’udienza pubblica, prevede che ‘ se non è stata ancora fissata la data della decisione, il presidente della sezione o un consigliere da questo delegato può formulare una sintetica proposta di definizione del giudizio, quando ravvisa l ‘ inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto. La proposta è comunicata ai difensori delle parti. Entro quaranta giorni dalla comunicazione la parte ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, può
chiedere la decisione. In mancanza, il ricorso si intende rinunciato e la Corte provvede ai sensi dell’articolo 391. Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c. ‘ .
La norma è stata modificata dal cd. d.lgs. 164/2024, eliminando il requisito della nuova procura speciale, con effetto dal 26.11.2024; la nuova previsione è applicabile al presente giudizio, proposto con ricorso in cassazione notificato nel 2024.
2.3. L’art. 380 bis, comma secondo, c.p.c. , richiama l’intera disposizione dell’art. 391 c.p.c., conseguendone l ‘ applicazione anche del particolare rimedio concesso alle parti per ottenere un riesame della pronuncia di estinzione, rimedio che non ha carattere impugnatorio (Cass. SU 9611/2024; Cass. 19234/2024).
La richiesta di fissazione dell’udienza ex art. 391, comma 3, c.p.c., in caso di pronuncia di estinzione, determina l’automatica caducazione del decreto di estinzione, anche in ordine alla statuizione sulle spese, essendo poi rimessa alla Corte ogni decisione sia sull’estinzione del giudizio, sia sulle spese (Cass. 31318/2022; Cass. 19234/2024).
2.4. Nel caso in esame, l’assenza di una formale richiesta di decisione nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta conduce a confermare la dichiarazione di estinzione, non essendo neppure formalmente proposta una formale richiesta di rimessione in termini per fatto non addebitabile al ricorrente. Va, comunque, osservato che non solo il mero cambio del numero di telefono imponeva al difensore di compiere ogni sforzo per contattare l’assistito, profilo su cui il ricorso è del tutto silente, ma inoltre che non era invocabile alcuna incertezza normativa in ordine al fatto che non fosse necessaria una nuova procura speciale poiché il termine per richiedere la decisione ex art. 380 bis c.p.c. ha iniziato a
decorrere dopo il 26.11.224, data di entrata in vigore del d.lgs. 164/2024, mentre la proposta di definizione anticipata è stata depositata in data 11.11.2024.
Per effetto dell’intervenuta modifica dell’art. 380 bis c.p.c., non era necessario che la parte esprimesse personalmente la volontà di ottenere la decisione (tramite una nuova procura speciale), poiché, nel mutato quadro normativo, il difensore è autorizzato a compiere ogni valutazione e ad assumere ogni iniziativa in proposito in virtù dell’originario mandato.
2.5 Infondati appaiono anche i dubbi di costituzionalità dell’art. 380 bis c.p.c., non essendo la norma diretta ad imporre una irragionevole coartazione alle parti con una non proporzionata limitazione del diritto di azione in funzione dell’obiettivo di deflazione del contenzioso.
Il nuovo art. 380-bis è mezzo di agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimità tramite l’individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi, ex post, prive di giustificazione, e quindi idonee a concretare, secondo una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del diritto di difesa, giacché non attenersi alla delibazione del presidente o del consigliere delegato, che trovi, poi, conferma nella decisione finale, lascia presumere una responsabilità aggravata (Cass. SU 9611/2024).
La norma, attraverso un meccanismo che prevede non una decisione monocratica ma una mera proposta di definizione non vincolante per il collegio, contempla semplicemente una sanzione applicabile non in via automatica, ma affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso concreto (Cass. SU 36069/2023).
In caso di decisione conforme alla proposta ad esser sanzionato è proprio il fatto di aver agito o resistito con mala fede o colpa grave, con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione; ovvero senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione e comunque
senza compiere alcun serio sforzo interpretativo, deduttivo, argomentativo, per mettere in discussione con criteri e metodo di scientificità il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla singola fattispecie concreta (Cass. Sez. U. 32001/2022).
Vanno richiamate le considerazioni già svolte dalla giurisprudenza costituzionale quanto alla legittimità di meccanismi che tendano a reprimere l’abuso del processo anche riconoscendo alle parti che non ne abbia fatto richiesta, un somma a titolo di indennizzo, essendo dette previsioni poste a tutela di un interesse che trascende (o non è, comunque, esclusivamente) quello della parte stessa, e si colorano di connotati innegabilmente pubblicistici e sanzionatoria per l’offesa arrecata alla giurisdizione, che deve manifestare e garantire la ragionevole durata di un giusto processo, in attuazione di un interesse di rango costituzionale intestato allo Stato» (Corte cost. 152/2016; Cass. 36591/2023).
Ai fini della liquidazione delle spese deve essere respinta l’ eccezione di inammissibilità del controricorso perché priva dell’attestazione di conformità della procura analogica, depositata telematicamente, carenza superata dal tempestivo deposito della attestazione prima dello svolgimento dell’udienza pubblica .
E’ , in conclusione, confermata l’estinzione del giudizio, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese e al risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata, avendo formulato l’ istanza ex art. 391, comma terzo, c.p.c. senza diligentemente considerarne la palese infondatezza alla luce degli orientamenti di legittimità riguardo alla natura e alle finalità del particolare procedimento di definizione accelerata, e l’ assenza di ragioni che giustificassero la mancata richiesta di decisione ex art. 380 bis c.p.c., nel termine perentorio di legge.
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio di cassazione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi € 5700 ,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge se dovuti, e al risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata, liquidato in €. 2275,00.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione