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Estinzione del giudizio in Cassazione: il caso

Una società di ristorazione aveva impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione la sentenza che annullava una sanzione disciplinare a due dipendenti. Prima della decisione, la società ha rinunciato al ricorso e le lavoratrici hanno accettato. La Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, senza pronunciarsi nel merito della controversia e senza disporre sulle spese.

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Estinzione del Giudizio in Cassazione: Quando la Procedura Prevale sul Merito

L’esito di una causa non è sempre una sentenza che stabilisce chi ha torto e chi ha ragione. A volte, il processo si conclude per ragioni puramente procedurali. È il caso analizzato dalla Corte di Cassazione nella sentenza in esame, che chiarisce le conseguenze della rinuncia al ricorso e della sua accettazione, portando a una declaratoria di estinzione del giudizio di legittimità. Questo evento processuale interrompe la controversia senza una decisione nel merito, cristallizzando la decisione del grado precedente.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una sanzione disciplinare, consistente in due giorni di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, inflitta da una nota società operante nel settore della ristorazione a due sue dipendenti. La contestazione mossa alle lavoratrici era di essersi rifiutate di prestare la propria attività lavorativa durante una festività infrasettimanale.

Le dipendenti avevano impugnato la sanzione e sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello avevano dato loro ragione, annullando il provvedimento disciplinare. Ritenendo errata la decisione dei giudici di merito, la società datrice di lavoro aveva deciso di proseguire la battaglia legale, proponendo ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Svolta Procedurale: Rinuncia e Accettazione

Il percorso del giudizio di legittimità ha subito una svolta decisiva prima ancora di arrivare alla discussione. Uno dei difensori della società ricorrente ha depositato un atto formale di rinuncia al ricorso. Contestualmente, i legali delle due lavoratrici hanno depositato un atto di accettazione di tale rinuncia. Questo scambio di atti processuali ha cambiato radicalmente il destino del procedimento, spostando l’attenzione dal merito della controversia (la legittimità o meno del rifiuto di lavorare durante una festività) alla sua conclusione formale.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte, preso atto della rinuncia e della successiva accettazione, ha basato la sua decisione su precise norme procedurali. In primo luogo, ha verificato la regolarità formale degli atti, sottoscritti dai rispettivi difensori, e ha proceduto a dichiarare l’estinzione del giudizio ai sensi dell’articolo 391 del codice di procedura civile.

Un punto fondamentale chiarito dalla Corte riguarda le spese processuali. Il medesimo articolo 391 c.p.c., al suo ultimo comma, stabilisce che quando la rinuncia al ricorso viene accettata dalle altre parti, il giudice non emette alcuna condanna al pagamento delle spese. Di conseguenza, ciascuna parte ha sostenuto i propri costi legali per il giudizio di Cassazione.

Infine, la Corte ha affrontato la questione del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’, una sanzione pecuniaria prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002 per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. I giudici hanno specificato che tale norma ha carattere eccezionale e sanzionatorio, e pertanto non può essere applicata per analogia. Poiché il caso in esame si è concluso con una estinzione del giudizio per rinuncia, non rientra in nessuna delle ipotesi tipiche previste dalla legge, e dunque la società ricorrente non è stata tenuta al pagamento di alcuna sanzione aggiuntiva.

Le Conclusioni

La sentenza dimostra come gli atti di disposizione processuale, quali la rinuncia e l’accettazione, possano essere determinanti per la conclusione di una controversia. L’estinzione del giudizio ha comportato che la decisione della Corte d’Appello di Milano, favorevole alle lavoratrici, sia diventata definitiva. La Suprema Corte, a causa di questa scelta processuale delle parti, non ha avuto modo di esprimersi sulla questione di diritto sottostante, ovvero se il rifiuto di lavorare durante una festività infrasettimanale costituisca o meno un inadempimento disciplinarmente rilevante. La vicenda, quindi, si chiude non con un verdetto sul merito, ma con una presa d’atto della volontà delle parti di non proseguire oltre nel contenzioso.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso se la sanzione disciplinare fosse legittima?
La Corte non si è pronunciata nel merito perché il giudizio si è concluso prima. La società ricorrente ha rinunciato al proprio ricorso e le lavoratrici hanno accettato tale rinuncia, portando all’estinzione del giudizio per motivi procedurali.

Cosa succede alle spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia accettata?
Come specificato dalla sentenza, in base all’art. 391, ultimo comma, del codice di procedura civile, se le controparti accettano la rinuncia al ricorso, il giudice non dispone nulla riguardo alle spese processuali. Ciascuna parte, quindi, sostiene i propri costi.

La parte che rinuncia al ricorso deve pagare una sanzione aggiuntiva come il ‘doppio contributo unificato’?
No. La Corte ha chiarito che il versamento del doppio contributo unificato è previsto solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. L’estinzione del giudizio non rientra in queste casistiche e, trattandosi di una norma eccezionale, non può essere applicata in via analogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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