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Estinzione del giudizio: Cassazione e spese legali

Una società di trasporti, dopo aver perso in appello contro i propri dipendenti su questioni retributive, ricorre in Cassazione ma poi rinuncia all’impugnazione. La Corte Suprema dichiara l’estinzione del giudizio e, applicando il principio della soccombenza virtuale, condanna la società a pagare le spese legali, ritenendo che il suo ricorso sarebbe stato molto probabilmente respinto.

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Estinzione del Giudizio: Chi Paga le Spese se si Rinuncia al Ricorso?

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sul tema dell’estinzione del giudizio nel processo civile, in particolare davanti alla Corte di Cassazione. Quando una parte decide di rinunciare al proprio ricorso, il processo si chiude anticipatamente. Tuttavia, questo non risolve automaticamente la questione delle spese legali. La Corte, come vedremo, applica un principio fondamentale: quello della soccombenza virtuale, per stabilire a chi spetti l’onere delle spese processuali.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce da una controversia di diritto del lavoro. Un gruppo di lavoratori di una grande società di trasporti aveva ottenuto dal Tribunale e dalla Corte d’Appello il riconoscimento del proprio diritto a percepire, durante le ferie, un trattamento economico pari a quello ricevuto durante l’attività lavorativa ordinaria. In particolare, i giudici di merito avevano stabilito che nel calcolo della retribuzione feriale dovessero essere incluse diverse indennità specifiche (come quella di assenza dalla residenza, di scorta vetture, ecc.).

La società, ritenendo errata la decisione della Corte d’Appello, ha proposto ricorso per cassazione, presentando sette motivi di impugnazione. I lavoratori, a loro volta, si sono difesi presentando un controricorso. Prima che la Corte Suprema potesse decidere nel merito, la società ricorrente ha però depositato un atto di rinuncia al ricorso.

La Rinuncia al Ricorso e l’Estinzione del Giudizio

La rinuncia agli atti è un istituto processuale che permette alla parte che ha iniziato un giudizio di porvi fine. In questo caso, la società ha deciso di non proseguire con la propria impugnazione. Di conseguenza, il compito primario della Corte è stato quello di prendere atto di tale volontà e dichiarare l’estinzione del giudizio. Questo significa che il processo davanti alla Cassazione si è concluso senza una sentenza che stabilisse chi avesse ragione o torto nel merito della controversia.

La Decisione sulle Spese Legali e la Soccombenza Virtuale

Il punto cruciale dell’ordinanza non è la dichiarazione di estinzione, che è una conseguenza automatica della rinuncia, ma la decisione sulle spese legali. Poiché i lavoratori (controricorrenti) non hanno formalmente accettato la rinuncia, la Corte ha dovuto applicare il criterio della cosiddetta “soccombenza virtuale”.

Questo principio impone al giudice di effettuare una valutazione sommaria dell’esito probabile del giudizio. In altre parole, la Corte ha dovuto valutare se, qualora il processo fosse proseguito, il ricorso della società sarebbe stato accolto o respinto. Considerando il “vasto contenzioso” esistente su argomenti simili, la Corte ha ritenuto che la posizione della società fosse debole e che il suo ricorso sarebbe stato con ogni probabilità rigettato. Di conseguenza, ha considerato la società come la parte “virtualmente soccombente” e l’ha condannata al pagamento delle spese legali in favore dei lavoratori.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione sulla base dell’art. 391, commi 2 e 4, del codice di procedura civile. La norma regola appunto la liquidazione delle spese in caso di estinzione del procedimento. L’assenza di un’accettazione esplicita della rinuncia da parte dei controricorrenti ha reso necessaria l’applicazione del principio della soccombenza virtuale. La Corte ha ritenuto che la ricorrente fosse la parte che, con alta probabilità, sarebbe risultata perdente, ponendo quindi a suo carico le spese del giudizio di legittimità. Le spese sono state liquidate in 4.000,00 euro, oltre accessori, e disposte in favore del procuratore dei lavoratori, dichiaratosi antistatario.

Inoltre, la Corte ha specificato che la declaratoria di estinzione esclude l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del T.U. sulle spese di giustizia. Tale norma, che prevede il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, e non in caso di estinzione per rinuncia.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio procedurale di grande importanza pratica. La rinuncia a un ricorso non garantisce di per sé di evitare la condanna alle spese legali. Se la controparte non accetta la rinuncia, il giudice è tenuto a compiere una valutazione prognostica sull’esito della lite per determinare la soccombenza virtuale. Questa decisione serve a tutelare la parte che si è dovuta difendere in un giudizio di impugnazione poi abbandonato, riconoscendole il diritto al rimborso delle spese sostenute per un’attività difensiva resasi necessaria a causa dell’iniziativa della controparte.

Cosa significa ‘estinzione del giudizio’ in questo contesto?
Significa che il processo davanti alla Corte di Cassazione si è concluso anticipatamente, senza una decisione sul merito della questione, a seguito della rinuncia al ricorso da parte della società che lo aveva promosso.

Perché la società è stata condannata a pagare le spese legali pur avendo rinunciato al ricorso?
Perché i lavoratori non hanno accettato la rinuncia, quindi la Corte ha applicato il principio della ‘soccombenza virtuale’. Ha valutato che il ricorso della società sarebbe stato molto probabilmente respinto se il processo fosse continuato, considerandola quindi la parte ‘virtualmente’ perdente e addebitandole le spese.

L’estinzione del giudizio per rinuncia comporta sempre il pagamento di sanzioni aggiuntive?
No. La Corte ha chiarito che la dichiarazione di estinzione esclude l’applicazione della norma che prevede il pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché tale sanzione è prevista solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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