Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5784 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5784 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11677/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata della quale è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE;
-intimata-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7371/2022 depositata il 18/11/2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal
Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Banca di Credito Cooperativo di Roma era creditrice della RAGIONE_SOCIALE in virtù di contratto di mutuo edilizio, stipulato in data 25.06.2004 con rogito notarile e di relativi atti di erogazione a rogito del medesimo Notaio.
In data 03.07.2004, a garanzia del succitato contratto di mutuo, veniva iscritta ipoteca volontaria presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Roma 2 sui cespiti di proprietà della parte mutuataria, siti in Comune di Campagnano di Roma, censiti al Catasto Terreni e al Catasto Fabbricati.
Parte mutuataria si rendeva morosa.
La Banca agiva in executivis nei confronti della parte mutuataria e, con atto trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Roma 2 in data 11.07.2011, sottoponeva a pignoramento gli immobili oggetto della sopra menzionata ipoteca; il relativo procedimento esecutivo veniva iscritto al ruolo generale delle esecuzioni immobiliari del Tribunale di Tivoli al n. 328/2011.
In data 24.10.2011 la Banca, ai sensi dell’art. 567, c. 2 c.p.c., depositava il certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari, datato 6.10.2011 e relativo al ventennio antecedente la data di trascrizione del pignoramento, con cui il notaio, dopo aver certificato le risultanze delle visure catastali relative agli immobili pignorati, attestava, tra l’altro, che: a) i beni erano pervenuti alla società esecutata per atto di compravendita stipulato in data 31.3.2004 da NOME; b) non risultava alcuna trascrizione a favore di NOME NOME presso le Conservatorie di Roma 2 e Roma 3 comprovante la provenienza al medesimo del terreno
oggetto di vendita alla società esecutata; c) si ricavava che li aveva ricevuti per successione al padre, NOME COGNOME deceduto il 5.11.1988; d) non risultava alcuna trascrizione di successione a carico del de cuius.
Nelle more della procedura, con contratto di cessione in blocco di crediti del 13.12.2018, la RAGIONE_SOCIALE acquistava pro soluto dalla Banca di Credito Cooperativo di Roma Soc. Coop., un portafoglio di crediti deteriorati, nell’ambito del quale era compreso anche il credito vantato dalla Banca cedente nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
Al fine di recuperare il proprio credito, la RAGIONE_SOCIALE, tramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE, interveniva nella procedura esecutiva immobiliare n. 328/2011 r.g.e., sostituendosi alla Banca di Credito Cooperativo di Roma Soc. Coop., facendone proprie le istanze, domande ed istanze prima di allora dalla medesima formulate.
Il Giudice dell’esecuzione, con ordinanza emessa all’udienza del 31.10.2019 – dopo aver rilevato che la suddetta certificazione notarile non attestava i titoli di provenienza di NOME COGNOME (in quanto non dimostrava che questi fosse succeduto al genitore) e che non era chiaro se vi fosse stata accettazione di eredità, non risultando trascrizioni in favore di NOME COGNOME, sicché si doveva in ogni caso accertare il titolo del de cuius , onde garantire l’effettiva appartenenza al dante causa del bene pignorato – onerava il creditore di depositare, entro 60 giorni, una relazione notarile che chiarisse i predetti punti, ivi incluso il titolo del de cuius e l’eventuale accettazione di eredità da parte di NOME COGNOME
B2 Kapital, in data 3.9.2020, trascriveva l’accettazione tacita di eredità di NOME NOME sulla scorta del suddetto atto di compravendita del 31.3.2004 e depositava integrazione della certificazione notarile sostitutiva, datata 7.9.2020, nella quale il Notaio
certificava le formalità, quanto ai terreni, dalla data del 11/07/2011 al 03/09/2020.
Il Giudice dell’esecuzione, con ordinanza emessa all’udienza del 3.6.2021, rilevava che il certificato notarile non individuava i titoli di provenienza del ventennio anteriore alla trascrizione del pignoramento in relazione ai fabbricati pignorati e, ai sensi dell’art. 567 comma 2 c.p.c., onerava il creditore procedente di depositare entro il termine perentorio di 60 giorni, ai sensi dell’art. 567 comma 3 c.p.c., una nuova certificazione notarile completa di ogni informazione richiesta dall’art. 567 comma 2 c.p.c.
B2 Kapital, in data 6.9.2021, depositava (non una nuova certificazione notarile, ma) integrazione della certificazione notarile sostitutiva del certificato ipo-catastale, datata 30.8.2021, nella quale il Notaio certificava che, relativamente alla continuità della storia ventennale, il terreno, sul quale sarebbero successivamente sorti gli immobili oggetto della procedura esecutiva, era pervenuto a NOME per successione non trascritta in morte di NOME e che risultava trascritta in data 19.11.2009 accettazione tacita d’eredità nascente da atto notarile del 12.11.2009 e in data 3.9.2020 accettazione tacita d’eredità nascente da atto notarile del 31.3.2004.
Il Giudice dell’esecuzione, all’udienza del 18.11.2021, rilevava che la certificazione notarile disposta all’udienza del 3.6.2021 era stata depositata oltre il termine di 60 giorni; e, sciogliendo la riserva in pari data, dichiarava l’estinzione della procedura esecutiva rilevando che: a) la prima certificazione notarile non individuava tutti i titoli trascritti del ventennio anteriore al pignoramento, non menzionando alcun titolo trascritto in favore del dante causa dell’esecutata, NOME COGNOME e limitandosi ad attestare i possibili titoli di acquisto del suddetto dante causa dalla lettura di una trascrizione di accettazione di eredità del 2009; b) in ragione di quanto sopra, all’udienza del 31.10.2019 il creditore procedente era stato onerato di depositare entro 60 giorni
una relazione notarile completa di ogni informazione richiesta ai sensi di legge; c) la certificazione integrativa depositata in data 14.9.2020 conteneva accertamenti solo relativamente al periodo intercorrente tra l’11.7.2011 e il 3.9.2020, senza procedere ad accertamenti nel ventennio anteriore alla trascrizione del pignoramento; d) all’udienza del 3.6.2021 il creditore procedente era stato onerato di depositare entro il termine perentorio di 60 giorni una relazione notarile completa di ogni informazione rilevante ai sensi dell’art. 567, comma 2, c.p.c.; e) il termine perentorio era scaduto il 2.9.2021 e l’integrazione era stata depositata il 6.9.2021, oltre detto termine; f) ai sensi dell’art. 567 comma 3 c.p.c., il deposito della relazione notarile integrativa oltre il termine perentorio concesso dal Giudice importava l’inefficacia del pignoramento e, concernendo l’omissione tutti i beni pignorati, l’estinzione della procedura.
Avverso detta ordinanza di estinzione della procedura RAGIONE_SOCIALE proponeva reclamo, che, resistendovi la società RAGIONE_SOCIALE, veniva rigettato dal Tribunale di Tivoli con sentenza n. 775/2022.
La sentenza di primo grado veniva impugnata da RAGIONE_SOCIALE sempre in qualità di mandataria della RAGIONE_SOCIALE
Si costituiva anche nel giudizio di secondo grado la società RAGIONE_SOCIALE chiedendo di dichiarare inammissibile o rigettare l’appello.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 7371/2022 – dopo avere premesso che la ricostruzione della vicenda processuale prospettata dall’appellante non era oggetto di contestazione da parte dell’appellata e che non era in discussione la tardività del deposito dell’integrazione della documentazione ex art. 567 c.p.c. effettuato da B2 Kapital il 6.9.2021 – in parziale accoglimento dell’appello e in parziale riforma dell’impugnata sentenza,
disponeva la prosecuzione della procedura esecutiva R.G.E. n. 328/2011 limitatamente ai terreni oggetto della suddetta procedura;
confermava, quanto ai fabbricati, l’impugnata sentenza;
compensava per metà le spese del doppio grado di giudizio e condannava l’appellata RAGIONE_SOCIALE alla rifusione della residua metà in favore dell’appellante.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la società RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE tramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I Difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria.
La Corte si è riservata la motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La società RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso quattro motivi.
In particolare: con il primo motivo, denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale ha disapplicato il principio di diritto processuale secondo cui le doglianze avverso i provvedimenti (tra cui le ordinanze) emessi dal G.E. nel corso della procedura esecutiva devono costituire oggetto di opposizione agli atti esecutivi ai sensi e per gli effetti dell’art. 617 c.p.c. e che la mancata proposizione della predetta opposizione, nelle forme e nei termini di legge, determina la definitiva ed incontrovertibile vincolatività dei medesimi provvedimenti, con conseguente inammissibilità delle opposizioni effettuate.
Il motivo – che ha carattere pregiudiziale ed assorbente – è fondato, con conseguente cassazione senza rinvio della decisione impugnata perché la domanda non poteva essere proposta.
2.1. Come emerge dalla esposizione dei fatti contenuta nel ricorso (e sopra ripercorsa), l’ordinanza dichiarativa dell’estinzione della procedura esecutiva, per cui è ricorso, non ha ad oggetto la
sussistenza di una delle cause tipiche di estinzione del processo esecutivo di cui agli artt. 629 e ss. c.p.c., ma ha determinato la chiusura anticipata, ovvero l’improcedibilità, dell’esecuzione, a causa della reputata inefficacia del pignoramento.
E, però, il giudice dell’esecuzione ha dichiarato l’estinzione della procedura esecutiva, sia pure richiamando l’art. 567, terzo comma, c.p.c., per carenza di una documentazione aggiuntiva rispetto a quella espressamente prevista dal secondo comma della stessa norma, con la conseguenza che non si è trattato in senso proprio di estinzione (tipica), bensì di chiusura anticipata del processo (per sua improseguibilità), descrittivamente spesso qualificata come estinzione atipica, ma ricostruttivamente da considerare fattispecie differente (cfr. Cass. 29026/2018, n. 2043/2017 e n. 9501/2016).
Infatti, la mancata ottemperanza ad un ordine del giudice della esecuzione di produrre ulteriore documentazione, reputata necessaria per l’utile prosecuzione della procedura esecutiva, ma al di fuori di quella (come nella specie, in cui si è ordinata la prova di circostanze diverse rispetto a quanto risultava dalle certificazioni infraventennali) riguardo alla quale la norma espressamente prevede la sanzione specifica dell’inefficacia del pignoramento (tradizionalmente assimilata all’estinzione ‘tipica’), integra una causa di improseguibilità della procedura stessa e, pertanto, di estinzione c.d. atipica (per tutte, v. Cass. 15597/2019, punto 2 sulla motivazione in diritto).
La questione è stata poi specificamente oggetto di doglianza ad opera delle parti interessate: e, quindi, non può operare – ove mai potesse dirsi specificamente e idoneamente allegato o invocato – il principio dell’apparenza, nei limiti in cui questo possa trovare piana ed immediata applicazione anche ai rimedi oppositivi (contrariamente a quanto accaduto nel caso oggetto del leading case deciso dalla richiamata Cass. 15597/2019); ma occorre, allora, esaminare il merito
della doglianza al riguardo tempestivamente sollevata dalla debitrice esecutata.
Orbene, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 8905/2022, n. 8404/2020, n. 13108/2017, n. 24775/2014, n. 25421/2013, n. 2674/2011) il principio per cui <>.
Ne consegue che l’ordinanza che ha definito il processo, a dispetto dell’improprio richiamo all’art. 567 c.p.c., poteva e doveva essere impugnata non con il reclamo al collegio di cui all’art. 630 c.p.c. (cfr. Cass. n. 15605/2017, ma pure Cass. n. 6873/2024), ma con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.
2.2. D’altronde, né in primo grado, né – tanto meno – nella presente sede di legittimità, è prospettabile una eventuale conversione del rimedio in concreto avanzato dalla parte (reclamo al collegio ai sensi dell’art. 630 c.p.c.) in quello che era in realtà effettivamente esperibile (opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.), non sussistendo i requisiti, di forma e di sostanza, a tal fine necessari.
Al riguardo è sufficiente considerare che il reclamo è stato proposto dalla società al Tribunale in composizione collegale e da detto Tribunale risulta essere stato deciso con sentenza, mentre l’opposizione agli atti esecutivi, di cui all’art. 617 c.p.c., come d’altronde le altre opposizioni esecutive, in ragione della struttura bifasica della sua fase introduttiva, deve essere proposta con ricorso diretto al giudice dell’esecuzione e comporta lo svolgimento davanti a quest’ultimo della fase sommaria del procedimento, in mancanza della quale non è ammissibile la successiva (e inderogabilmente distinta) instaurazione del giudizio di merito a cognizione piena, davanti a giudice monocratico
diverso (quale persona fisica) dal giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 186 bis disp. att. c.p.c.
In estrema sintesi, il mancato svolgimento della fase sommaria del giudizio di opposizione esclude, in radice, la possibilità di una conversione, tanto meno in sede di giudizio di legittimità, del reclamo proposto al collegio in opposizione agli atti esecutivi (cfr. Cass. n. 1159/2022, nn. 41748 e 41747/2021, n. 11291/2020, nn. 28848 e 25170/2018).
2.3. Per le ragioni che precedono, l’inammissibilità originaria del reclamo, oggetto di questione dibattuta nei gradi di merito e riconosciuta fondata in questa sede, comporta la cassazione senza rinvio della decisione impugnata, ai sensi dell’art. 382 comma 3 c.p.c., perché il reclamo ai sensi dell’art. 630 non poteva essere proposto.
Dall’accoglimento del primo motivo consegue che resta preclusa ogni questione in rito e nel merito dell’intera controversia: circostanza questa che esonera non soltanto dalla illustrazione ma anche dalla indicazione degli altri tre motivi di ricorso.
Consegue altresì la condanna della società RAGIONE_SOCIALE alla rifusione, in favore della società RAGIONE_SOCIALE, delle spese processuali relative ai due gradi di merito e al giudizio di legittimità.
Il tenore della presente pronunzia – che è (non di rigetto, inammissibilità o improponibilità del gravame, ma) di cassazione senza rinvio della sentenza impugnata – esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, per cui si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13.
La Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso ed assorbiti gli altri:
cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché il reclamo non poteva essere proposto;
condanna la società RAGIONE_SOCIALE alla rifusione in favore della società RAGIONE_SOCIALE delle spese processuali, che si liquidano:
— quanto al primo grado: in euro 5000 per compensi, oltre accessori di legge;
— quanto al secondo grado: in euro 6000 per compensi, oltre accessori di legge;
— quanto al presente giudizio di legittimità: in euro 5000, oltre agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza