Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17160 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17160 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10863/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente
–
-contro-
COGNOME rappres. e difeso dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti:
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t.;
-intimata- avverso la sentenza n. 125/2021 del Tribunale dell’Aquila pubblicata il 17.02.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la sentenza resa il 12.12.2018 dal giudice di Pace dell ‘Aquila, con la quale era stata accolta la domanda di condanna a favore di NOME COGNOME e nei confronti dell’appellante alla restituzione , ai sensi dell’art. 125, comma II, T.U.B. dell’importo complessivo di € 3.908,38 oltre interessi legali dalla data dell’anticipata estinzione del finanziamento sino al saldo , a titolo di oneri per commissioni e spese di intermediazione, nonché di premi assicurativi, non integralmente maturati.
Con sentenza del 17.2.2021, il Tribunale rigettava l’appello, avverso la sentenza del giudice di Pace, osservando che: in primo luogo, quanto alla questione relativa alla legittimazione passiva dell’appellata per essere intervenuta nel rapporto oggetto di giudizio quale mera mandataria, occorreva considerare che la pretesa azionata dallo COGNOME era qualificabile come restitutoria di un indebito pagamento, in quanto in primo grado era stata richiesta la restituzione degli importi per spese, premi assicurativi e commissioni al soggetto che le aveva incassate; era vero (e non contestato) che l’appellante aveva stipulato il contratto di finanziamento quale mera mandataria di banca Monte dei Paschi di Siena spa ma, come notato nella sentenza di primo grado, la condanna alla restituzione di € 3.908,38 era in parte relativa alle spese e commissioni ‘ dovute alla Società Procuratrice quale intermediario incaricato ‘ (art. 1.1 lett. b del contratto di finanziamento); si trattava all’evidenza di oneri percepi ti direttamente dalla RAGIONE_SOCIALE (società poi incorporata nell’odierna appellante) in quanto corrisposti su un proprio conto corrente (sul quale peraltro erano state incassate tutte le somme relative al finanziamento oggetto
di causa) e per emolumenti legati alle prestazioni professionali di mediazione creditizia da essa svolte, di modo che il soggetto a cui competeva l’obbligazione restitutoria era stato correttamente individuato dal giudice di Pace; d’altronde, RAGIONE_SOCIALE non aveva né dedotto, né comprovato di aver medio tempore trasferito tali somme alla propria mandante; quanto alla questione giuridica relativa alla corretta individuazione della normativa applicabile al rapporto in esame, l’estinzione antic ipata del finanziamento era avvenuta nel 2007, con la conseguenza che al finanziamento de quo non poteva applicarsi l’art. 125 -sexies T.U.B. e neppure la sentenza C-383/18 LEXITOR della C.G.U.E., che si riferiva alla normativa sopravvenuta (in particolare, l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori); la norma da applicarsi al caso di specie era, dunque, l’art. 125, co. II, T.U.B. nel testo in vigore dal 1.1.1994 al 4.9.2010, in base al quale in caso di adempimento anticipato il consumatore ‘ ha diritto a un’equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR ‘; sul punto, l’operatività della norma di cui all’art. 125, co. II, T.U.B., nel testo in vigore nel periodo di durata del rapporto contrattuale, non era condizionata all’emanazione del provvedimento CICR cui detto articolo rinviava per la determinazione delle modalità di riduzione del costo del credito, stante la vigenza della norma (già vincolante per l’intermediario e correttamente richiamata dall’appellante), di cui all’art. 3, comma 1, del decreto del Ministro del tesoro 8 luglio 1992 in materia di credito al consumo, contenente l’esaus tiva indicazione delle modalità alle quali, in assenza di diverse previsioni da parte della fonte successivamente richiamata, le parti del rapporto dovevano ritenersi già vincolate; ne conseguiva l’irrilevanza
della dedotta inapplicabilità al rapporto della disciplina del nuovo art. 125sexies TUB, applicabile ai soli contratti sottoscritti successivamente al 19.9.2010 in forza dell’articolo 30 della direttiva 2008/48/CE, a cui il D.Lgs. n. 141/10 ha dato attuazione, trovando il rapporto la propria disciplina nelle disposizioni vigenti al momento della conclusione del contratto e dell’anticipa ta estinzione del mutuo; in terzo luogo, con riferimento alla doglianza relativa alla circostanza per cui le previsioni co ntrattuali prevedevano specificamente, all’art. 1.2, l’irripetibilità delle somme versate a titolo di ‘ intermediazione bancariafinanziaria ‘ in caso di estinzione anticipata, tali pattuizioni erano da considerarsi nulle in quanto direttamente contrastanti con la normativa di settore, che prevedeva l’equa riduzione dei costi, in combinato disposto con l’art. 127 T.U.B., che sancisce la derogab ilità delle previsioni del titolo in cui è inserita tale disposizione solo in senso favorevole al cliente; in ogni caso, era da considerare la nullità comunque ravvisabile in detta clausola ex artt. 1418 c.c. e 36, 33 e 34 D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), trattandosi di clausola da presumersi vessatoria fino a prova contraria; il riferimento al criterio di calcolo, applicato dal giudice di P ace, ‘ pro rata temporis ‘ (cfr. ABF Roma del 23.12.2016 n. 11478) era corretto, implicito nella previsione del citato art. 3, co. I, D.M. 8.7.1992 n. 435927, ossia della determinazione degli oneri dovuti dal mutuatario mediante la previa divisione del loro importo complessivo per il numero delle rate previste in contratto (nel caso di specie 120) e della successiva moltiplicazione del risultato così ottenuto per il numero delle rate non usufruite (76); per quanto riguardava le spese corrisposte per il premio di assicurazione, come già notato dal giudice di prime cure, non risultava dagli atti che la società appellante avesse stipulato alcuna polizza e, in ogni caso, RAGIONE_SOCIALE era stata correttamente
dichiarata tenuta a rimborsare la quota parte dei premi non goduti all’attore, in quanto la società mandataria aveva incassato anche il pagamento del premio senza indicare la polizza e la compagnia assicurativa che l’avrebbe stipulata; la molteplicità degl i adempimenti previsti nel contratto di cui è causa, senza la necessaria ripartizione delle quote relative alle varie commissioni tra quelle preliminari alla conclusione del contratto e quelle soggette a maturazione nel tempo, aveva determinato ‘ una complessiva opacità della formulazione delle clausola, aggravata dalla sua formulazione unitaria e riferibile alle diverse commissioni previste nel contratto ‘ (cfr. ABF Napoli del 20.9.2017 n. 11296) che non poteva che determinare il riconoscimento del diritto dell’appellante alla restituzione delle commissioni e spese di intermediazione proporzionalmente alla vita residua del finanziamento; il totale degli oneri soggetti a maturazione tempo, di conseguenza, era stato correttamente determinato dal giudice di Pace, di modo che neppure sotto tale profilo vi erano motivi per riformare le statuizioni di condanna emesse in primo grado.
La banca ricorre in cassazione, avverso la sentenza del Tribunale, con tre motivi. NOME COGNOME resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione ed erronea applicazione degli artt. 1703, 1704, 1372, 1388, 1709 e 1720, 2033 e 2041 c.c.
Al riguardo, la ricorrente assume che: Unifin ha concluso il contratto di prestito contro delegazione di pagamento (dunque nei limiti delle facoltà conferitegli) in nome e per conto di Banca Antoniana Popolare Veneta spa (ora Monte Paschi) e questo contratto ha prodotto effetto nei confronti di quest’ultima, che è pertanto parte sostanziale del contratto stesso ed assume la titolarità esclusiva del rapporto (quale
effetto della c.d. contemplatio domini del rappresentato che in questo caso è stata effettuata espressamente nell’intestazione del contratto di finanziamento); pertanto, visto che la titolarità esclusiva del rapporto stipulato con lo RAGIONE_SOCIALE era in capo a MPS, conseguentemente nessuna pretesa poteva essere avanzata nei confronti di Unifin/Santander, ai sensi dell’art. 1372, ult. co. c.c.; Un RAGIONE_SOCIALE (ora Santander) è terza rispetto al rapporto per cui si controverte, per cui il contratto in questione non ha prodotto alcun effetto nei suoi confronti e pertanto nessun eventuale diritto sorto dal contratto in capo allo RAGIONE_SOCIALE può essere fatto valere nei confronti della stessa Unifin/Santander Consumer Bank; tale circostanza è anche risultata pacifica e non contestata dalle controparti, e infatti ne aveva dato atto anche il Tribunale di l’Aquila in sede di giudizio di appello (pag. 3 sentenza impugnata); nello specifico, la sentenza in questione fonda la motivazione di rigetto dell’eccezione di carenza di l egittimazione passiva sostenendo che ‘ la pretesa azionata dal Sig. COGNOME va qualificata come restitutoria di un indebito pagamento ‘ (pag. 3 sentenza impugnata); la legittimazione ad esperire l’azione volta alla reintegrazione patrimoniale, anche nell’ipotesi di cui all’art. 2033 c.c., spetta a colui che ha disposto il pagamento senza causa, fattispecie che non ha nulla a che fare con il caso concreto; infatti, COGNOME ha ottenuto un prestito per delegazione di pagamento del quinto dello stipendio, che prevedeva commissioni e premi assicurativi gestiti dalla mandataria Unifin, ma quest’ultima non ha mai incassato senza giustificazione tali importi, anzi, la giustificazione causale all’incasso era proprio il contratto di finanziamento sottoscritto con Banca Antonveneta (ora MPS) per il tramite di Unifin (ora Santander).
Il secondo motivo denunzia mancata corretta applicazione della legge in vigore al momento della stipula del contrat to e dell’estinzione
anticipata, per aver il giudice di appello confermato che non potesse applicarsi alla presente fattispecie l’art. 125 sexies T.U.B. in quanto entrato in vigore nel 2010, ma non tenendo conto del fatto che non è mai intervenuta la delibera del CICR che avrebbe dovuto stabilire le modalità di rimborso.
La ricorrente assume altresì che: contrariamente a quanto sancito nella sentenza impugnata, non poteva neanche essere applicato il Codice del Consumo, entrato in vigore in data 23.10.2005, mentre il contratto oggetto di causa è datato 27.02.2004; l’art.1.2 del finanziamento de quo prevede che nel caso intervenga l’estinzione anticipata – al delegante non devono essere rimborsati gli importi di cui alle lettere a), b), c), d), e), ovvero le commissioni bancarie, le commissioni dell’intermediario, le impos te e le tasse, le spese, nonché i premi assicurativi; pertanto, lo COGNOME non aveva diritto ad ulteriori poste rispetto a quelle già liquidate in sede di estinzione anticipata, avendo anche dichiarato, ai sensi degli artt.1341, comma 2 e art.1342 c.c., di ‘ approvare specificatamente le clausole: Art.1.2. In caso di anticipata estinzione del prestito non sono rimborsabili gli importi indicati nelle lett. a), b), c), d), e) e nell’art.7’.
Il terzo motivo denunzia, ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., la mancata valutazione di una prova documentale offerta, per aver la Corte d’appello affermato che non risulta dagli atti che la società appellante abbia stipulato alcuna polizza e, in ogni caso, RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE è stata correttamente dichiarata tenuta a rimborsare la quota parte dei premi non goduti all’attore, in quanto la società mandataria ha incassato anche il pagamento del premio senza indicare la polizza e la compagnia assicurativa che l’avrebbe stipulata ‘, affermazione che sarebbe smentita dal documento n. 6 presente nel fascicolo di primo grado, che è proprio il certificato di polizza Net
RAGIONE_SOCIALE in cui è indicato quale beneficiario Banca Antonveneta s.paRAGIONE_SOCIALE mentre anche nella polizza in questione RAGIONE_SOCIALE ha avuto unicamente il ruolo di mandataria.
Anzitutto, va osservato che il controricorrente ha sollevato varie eccezioni preliminari d’inammissibilità del ricorso (per mescolanza dei motivi, per carenza della sommarietà dell’esposizione dei fatti e per l’omessa formulazione delle critiche in diritto ) che non possono essere accolte; al riguardo, sebbene i vari motivi non siano esplicitati in maniera sempre lineare, sia i fatti che le ragioni in diritto risultano sufficientemente intelleggibili.
Il primo motivo è inammissibile perché non si misura con la ratio decidendi adottata dal Tribunale: « la condanna alla restituzione di € 3.908,38 è in parte relativa alle spese e commissioni ‘dovute alla società procuratrice quale intermediario incaricato’ (art. 1.1 lett. b de l contratto di finanziamento). S i tratta all’evidenza di o neri percepiti direttamente da RAGIONE_SOCIALE (società poi incorporata nell’odierna appellante) in quanto corrisposti su un proprio conto corrente (sul quale peraltro sono state incassate tutte le somme relative al finanziamento oggetto di causa) e per emolumenti legati alle prestazioni professionali di mediazione creditizia da essa svolte, di modo che il soggetto a cui compete l’obbligazione restitutoria è stato correttamente in dividuato dal giudice di pace. D’altr onde, RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE non ha né dedotto né comprovato di aver medio tempore trasferito tali somme alla propria mandante. Tali considerazioni impongono il rigetto dell’appello in punto di eccezione di difetto di legittimazione passiva. »
Invero, lo COGNOME ha chiesto il rimborso parziale dei costi e delle spese inerenti al contratto di finanziamento, credito formatosi a seguito dell’estinzione anticipata del rapporto negoziale, di cui è titolare
l’intermediaria finanziaria e non la MPS, quale mandante della Unifin, afferendo alla specifica attività d’intermed iazione, come motivato dalla Corte d’appello .
I l secondo motivo è anch’esso inammissibile.
Secondo la ricorrente il Tribunale non avrebbe tenuto conto « del fatto che non è mai intervenuta la delibera del cicr che avrebbe dovuto stabilire le modalità di rimborso » ed avrebbe invece unicamente sostenuto che « il giudice di pace ha correttamente emesso la sua decisione basandosi sull’art. 125, co. ii, t.u.b., nel testo in vigore durante la vigenza del finanziamento ».
La ricorrente non ha però colto la ratio decidendi.
Al riguardo, va osservato che il Tribunale ha espressamente preso posizione sulla mancata adozione della delibera CICR: « il Tribunale osserva che l’operatività della norma di cui all’art. 125, co. ii, t.u.b., nel testo in vigore nel periodo di durata del rapporto contrattuale, non era condizionata all’emanazione del provvedimento cicr cui detto articolo rinviava per la determinazione delle modalità di riduzione del costo del credito, stante la vigenza della norma (già vincolante per l’intermediario e corret tamente richiamata dall’appellante), di cui all’art. 3, comma 1, del decreto del ministro del tesoro 8 luglio 1992 in materia di credito al consumo, contenente l’esaustiva indicazione delle modalità, alle quali, in assenza di diverse previsioni da parte della fonte successivamente richiamata, le parti del rapporto dovevano ritenersi già vincolate ».
C iò esime dall’osservare che la decisione è conforme all’insegnamento di questa Corte secondo cui : l’art. 125 del t.u.b., nella formulazione antecedente alle modifiche inserite con il d. lgs n. 141 del 2010, prevede che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto ad un’equa riduzione del costo complessivo del
credito, secondo le modalità stabilite dal cicr. in caso di assenza della norma integrativa o di norma integrativa che rinvii all’autonomia contrattuale, il consumatore ha diritto al rimborso di tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento (Cass., n. 25977/2023).
Il terzo motivo è parimenti inammissibile perché non autosufficiente, in violazione dell’articolo 366 n. 6 c.p.c. dal momento che invoca il contenuto di un documento, «documento n. 6 presente nel fascicolo di primo grado, che è proprio il certificato di polizza RAGIONE_SOCIALE.p.a., in cui è indicato quale beneficiario banca antonveneta s.p.a.», senza né trascriverne ne riassumerne esaustivamente il contenuto.
In ogni caso, la censura è genericamente diretta al riesame dei fatti, emergendo anche una ‘doppia conforme’.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 2.200,00 di cui 200,00 per esborsi- oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 29 maggio 2025.