Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9755 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9755 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6302/2024 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in GALLARATE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.
-ricorrente-
Contro
MINISTERO DELL’INTERNO-RAGIONE_SOCIALE COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende ope legis.
-resistente- avverso l’ ORDINANZA del GIUDICE COGNOME di VARESE n. 833/2023 depositata il 21/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME proveniente dalla Nigeria, presentava ricorso al Giudice di pace di Varese proponendo opposizione avverso il decreto di espulsione n.68 emesso dal locale Prefetto in data 13 marzo 2023 ai sensi dell’art.13, comma 2, lett. B) del TUI (allegato al fascicolo di parte di primo grado).
Il Giudice di Pace, con ordinanza depositata in data 16 febbraio 2024, ha rigettato l’opposizione e confermato il decreto opposto.
Segnatamente il Giudice di pace ha così statuito «Con riferimento al diniego di protezione internazionale disposto dal Questore di Varese ed impugnato dinanzi al Tribunale di Milano va fatta applicazione del principio stabilito dalla Cassazione (cfr. -tra le altre -ordinanze nn. 12976/16, 14610/15, 14727/13) in base al quale al giudice dell’espulsione non è consentita alcuna valutazione sulla legittimità del provvedimento che ha negato il permesso di soggiorno né è gli consentito di disapplicare l’atto amministrativo. Competerà pertanto al Tribunale decidere sulla legittimità di tale atto mentre sino a quanto non interverrà l’annullamento giudiziale, il decreto di espulsione adottato dal Prefetto sulla base del diniego del permesso per protezione speciale del Questore di Varese del 28.11.2022 -deve ritenersi legittimo.
Quanto alla previsione di espulsione immediata del ricorrente, come precisato dalla Cassazione, non può essere dichiarata l’illegittimità del provvedimento di espulsione amministrativa nei confronti dal cittadino straniero solo perché esso non contenga un termine per la partenza volontaria, così come previsto dalla direttiva 115/2008/CE, in quanto tale mancanza può incidere sulla misura coercitiva adottata per eseguire l’espulsione, ma non sulla validità del provvedimento espulsivo (Cass. Civ. sez. VI -1 ord. n. 15185 dell’il settembre 2012).
L’esecuzione coattiva mediante accompagnamento alla frontiera, infatti, è sottoposta all’ulteriore vaglio del giudice di pace che, in sede di convalida, deve valutare o meno i presupposti per
poter eseguire il provvedimento, vaglio ulteriore che esclude la violazione di alcun diritto del ricorrente e l’irrilevanza di tale parte del decreto rispetto alla validità dell’atto.»
Il cittadino straniero ha proposto ricorso per la cassazione prospettando tre motivi di doglianza.
Il Prefetto della Provincia di Varese e il Ministero dell’Interno si sono costituiti al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
È stata disposta la trattazione camerale.
CONSIDERATO CHE:
-Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio del Ministero e della Prefettura, avvenuta mediante il deposito di un atto finalizzato esclusivamente alla partecipazione alla discussione orale: nel procedimento in camera di consiglio dinanzi alla Corte di cassazione, il concorso delle parti alla fase decisoria deve infatti realizzarsi in forma scritta, attraverso il deposito di memorie, il quale postula che l’intimato si costituisca mediante controricorso tempestivamente notificato e depositato (cfr. Cass. 27124/2018, Cass. 24422/2018, Cass. 24835/2017).
-Il primo motivo denuncia la violazione della Direttiva 2008/115/CE, dell’art. 8 CEDU e dell’art. 13 TU Immigrazione. Il ricorrente, rammentato l’obbligo in capo all’autorità giudiziaria adita, di valutare, caso per caso, e di motivare, l’esistenza o meno delle condizioni per adottare la misura espulsiva, deduce che il Giudice di Pace ha omesso totalmente di valutare la situazione personale del ricorrente, illustrata nell’atto di opposizione, concernente la pendenza della domanda di protezione speciale dinanzi al Tribunale, ai fini del giudizio di opposizione all’espulsione.
A tal fine deduce che il Giudice di pace non ha preso in considerazione: i) che è giunto in Italia dal 2016 ed ha acquisito la conoscenza della lingua italiana; ii) svolge attività lavorativa dal
2019 ed economicamente indipendente; iii) ha una stabile situazione abitativa con un connazionale; iv) non ha legami familiari con il Paese di origine; v) è incensurato e non ha procedimenti penali pendenti.
4. -Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 TU Immigrazione, come innovato ed integrato per effetto dell’entrata in vigore del d.l. n. 130/2020, e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per non avere il Giudice di Pace, verificato la sussistenza in capo al ricorrente di motivi previsti dalla normativa vigente o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato, che ne vietano l’espulsione, anche in ragione del diritto al rispetto della vita privata e familiare in Italia.
-Il terzo motivo denuncia la nullità dell’ordinanza impugnata e del procedimento in relazione all’articolo 132 c.p.c., all’articolo 118 disp. att. c.p.c., all’articolo 111 Cost., agli articoli 115 e 116 c.p.c., in quanto, la stessa, è affetta da error in procedendo , perché viziata da motivazione meramente apparente.
-I primi due motivi da trattare congiuntamente sono fondati e vanno accolti.
In tema di cause di inespellibilità, va rammentato che ove vengano rappresentati i motivi ostativi all’espulsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 286/1998 (TUI) ratione temporis vigente (prima delle modifiche apportate dall’art. 7 del d.l. 10 marzo 2023, n. 20, convertito con modificazioni dalla legge 5 maggio 2023, n. 50), indubbiamente vi è il dovere del sindacato incidentale da parte del giudice di pace (Cass. n. 26633/2023) posto che l’art. 19 del TUI impone al giudice di pace, in adempimento del suo l’obbligo di cooperazione istruttoria, di esaminare e pronunciarsi sull’allegata sussistenza dei divieti sanciti dai commi 1 e 1.1, nel testo vigente ratione temporis.
Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 15843/2023; Cass. n. 19815/2022; Cass. n. 15362/2015; Cass. n. 23957/2018) ha condivisibilmente affermato il principio, da ribadire anche in questa sede, secondo cui «in tema di espulsione del cittadino straniero, l’art. 13, comma 2 -bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, secondo il quale è necessario tener conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno, nonché dell’esistenza di legami con il paese d’origine, si applica -con valutazione caso per caso, in coerenza con la direttiva comunitaria 2008/115/CE -anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorché non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare, in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU e fatta propria dalla sentenza n. 202 del 2013 della Corte cost., senza distinguere tra vita privata e familiare, trattandosi di estrinsecazioni del medesimo diritto fondamentale tutelato dall’art. 8 cit., che non prevede gradazioni o gerarchie» . La riconosciuta tutela del diritto anche alla sola vita privata, e non soltanto familiare, comporta la rilevanza in giudizio dei legami sociali, e non specificamente familiari, quali quelli dedotti dal ricorrente ed erroneamente trascurati, invece, dal giudice di merito.
Tanto determina la necessità di riformulare l’apprezzamento in fatto nella fattispecie in esame, alla luce dei citati principi di diritto.
-In ragione dell’accoglimento dei primi due motivi, resta assorbito il terzo motivo.
-In conclusione, il primo ed il secondo motivo vanno accolti, assorbito il terzo. L’ordinanza impugnata va cassata e la causa va rinviata al Giudice di pace di Varese in persona di diverso magistrato per il riesame e la statuizione sulle spese anche del grado di legittimità.
P.Q.M.
-Accoglie i motivi primo e secondo del ricorso, assorbito il terzo; cassa l’ordinanza impugnata e rinvia al Giudice di pace di Varese in persona di diverso magistrato anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima