Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9789 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9789 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2185/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE COGNOME elettivamente domiciliato in GALLARATE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.
-ricorrente-
Contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., e PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI VARESE, in persona del Prefetto p.t., domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che li rappresenta e difende ope legis.
Avverso l’ ORDINANZA di GIUDICE COGNOME di VARESE n. 3079/2022 depositata il 29/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. NOME COGNOME proveniente dal Senegal, presentava ricorso al Giudice di pace di Varese proponendo opposizione avverso il decreto di espulsione n.438 emesso dal locale Prefetto in data 14 novembre 2022 ai sensi dell’art.13, comma 2, lett. B) del d.lgs. n.286/1998 (TUI) con il quale veniva contestata all’odierno ricorrente, la permanenza illegale sul territorio nazionale, attesa la notificazione, quello stesso giorno del provvedimento di rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale ex art. 19 TUI, allora vigente.
Il Giudice di Pace, con ordinanza depositata in data 29 marzo 2023, ha rigettato l’opposizione e confermato il decreto opposto.
Segnatamente il Giudice di pace ha così statuito «Con riferimento al diniego di protezione internazionale disposto dal Questore di Varese ed impugnato dinanzi al Tribunale di Milano che ha dichiarato la richiesta di sospensiva inammissibile – va fatta applicazione del principio stabilito dalla Cassazione (cfr. -tra le altre -ordinanze nn. 12976/16, 14610/15, 14727/13) in base al quale al giudice dell’espulsione non è consentita alcuna valutazione sulla legittimità del provvedimento che ha negato il permesso di soggiorno né gli consentito di disapplicare l’atto amministrativo. Competerà pertanto al Tribunale decidere sulla legittimità di tale atto mentre sino a quanto non interverrà l’annullamento giudiziale, il decreto di espulsione adottato dal Prefetto sulla base del diniego del permesso di soggiorno disposta dal Questore dovrà ritenersi legittimo.
Quanto alla previsione di espulsione immediata del ricorrente, come precisato dalla Cassazione, non può essere dichiarata l’illegittimità del provvedimento di espulsione amministrativa nei confronti dal cittadino straniero solo perché esso non contenga un
termine per la partenza volontaria, così come previsto dalla direttiva 115/2008/CE, in quanto tale mancanza può incidere sulla misura coercitiva adottata per eseguire l’espulsione, ma non sulla validità del provvedimento espulsivo (Cass. Civ. sez. VI -1 ord. n. 15185 dell’il settembre 2012).
L’esecuzione coattiva mediante accompagnamento alla frontiera, infatti, è sottoposta all’ulteriore vaglio del giudice di pace che, in sede di convalida, deve valutare o meno i presupposti per poter eseguire il provvedimento, vaglio ulteriore che esclude la violazione di alcun diritto del ricorrente e l’irrilevanza di tale parte del decreto rispetto alla validità dell’atto.»
Il cittadino straniero ha proposto ricorso per la cassazione prospettando tre motivi di doglianza.
Il Prefetto della Provincia di Varese e il Ministero dell’Interno si sono costituiti al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
È stata disposta la trattazione camerale.
CONSIDERATO CHE:
-Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio del Ministero e della Prefettura, avvenuta mediante il deposito di un atto finalizzato esclusivamente alla partecipazione alla discussione orale: nel procedimento in camera di consiglio dinanzi alla Corte di cassazione, il concorso delle parti alla fase decisoria deve infatti realizzarsi in forma scritta, attraverso il deposito di memorie, il quale postula che l’intimato si costituisca mediante controricorso tempestivamente notificato e depositato (cfr. Cass. 27124/2018, Cass. 24422/2018, Cass. 24835/2017).
-Il primo motivo denuncia la violazione della Direttiva 2008/115/CE, dell’art. 8 CEDU e dell’art. 13 TUI. Il ricorrente, rammentato l’obbligo, in capo all’autorità giudiziaria adita, di valutare, caso per caso, e di motivare, l’esistenza o meno delle
condizioni per adottare la misura espulsiva, deduce che il Giudice di Pace ha omesso totalmente di valutare la situazione personale del ricorrente, illustrata nell’atto di opposizione, concernente la pendenza della domanda di protezione speciale dinanzi al Tribunale, ai fini del giudizio di opposizione all’espulsione e ha trascurato di valutare l’esistenza o meno delle condizioni per adottare la misura espulsiva, con particolare riferimento ai vincoli familiari e agli indici di integrazione e radicamento sociale manifestati dal ricorrente, a suo parere, indici della significativa vita privata e familiare in Italia: i) soggiorno regolare in Italia dal 2016 in forza di permesso temporaneo; ii) lunga permanenza in Italia e conoscenza della lingua italiana; iii) stabile autonoma situazione abitativa dal 2018 al di fuori dal sistema di accoglienza; iv) regolare attività lavorativa nel 2020 e poi nel 2021 con contratto di lavoro prima a tempo determinato e poi indeterminato con conseguimento di una retribuzione adeguata; v) mancanza di rapporti familiari nel Paese di origine; vi) assenza di procedimenti penali pendenti a carico in Italia.
4. -Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 TU Immigrazione, come innovato ed integrato per effetto dell’entrata in vigore del d.l. n. 130/2020, e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per non avere il Giudice di Pace, verificato la sussistenza in capo al ricorrente di motivi previsti dalla normativa vigente o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato, che ne vietano l’espulsione, anche in ragione del diritto al rispetto della vita privata e familiare in Italia.
5. -Il terzo motivo denuncia la nullità dell’ordinanza impugnata e del procedimento in relazione all’articolo 132 c.p.c., all’articolo 118 disp. att. c.p.c., all’articolo 111 Cost., agli articoli 115 e 116 c.p.c., in quanto, la stessa, è affetta da error in procedendo , perché viziata da motivazione meramente apparente.
-I primi due motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono fondati e vanno accolti.
In tema di cause di inespellibilità, va rammentato che ove vengano rappresentati i motivi ostativi all’espulsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 286/1998 (TUI) ratione temporis vigente (prima delle modifiche apportate dall’art. 7 del d.l. 10 marzo 2023, n. 20, convertito con modificazioni dalla legge 5 maggio 2023, n. 50), indubbiamente vi è il dovere del sindacato incidentale da parte del giudice di pace (Cass. n. 26633/2023) posto che l’art. 19 del TUI impone al giudice di pace, in adempimento del suo l’obbligo di cooperazione istruttoria, di esaminare e pronunciarsi sull’allegata sussistenza dei divieti sanciti dai commi 1 e 1.1, nel testo vigente ratione temporis.
Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 15843/2023; Cass. n. 19815/2022; Cass. n. 15362/2015; Cass. n. 23957/2018) ha condivisibilmente affermato il principio, da ribadire anche in questa sede, secondo cui «in tema di espulsione del cittadino straniero, l’art. 13, comma 2 -bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, secondo il quale è necessario tener conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno, nonché dell’esistenza di legami con il paese d’origine, si applica -con valutazione caso per caso, in coerenza con la direttiva comunitaria 2008/115/CE -anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorché non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare, in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU e fatta propria dalla sentenza n. 202 del 2013 della Corte cost., senza distinguere tra vita privata e familiare, trattandosi di estrinsecazioni del medesimo diritto fondamentale tutelato dall’art. 8 cit., che non prevede gradazioni o gerarchie» . La riconosciuta tutela del diritto anche alla
sola vita privata, e non soltanto familiare, comporta la rilevanza in giudizio dei legami sociali, e non specificamente familiari, quali quelli dedotti dal ricorrente ed erroneamente trascurati, invece, dal giudice di merito.
Tanto determina la necessità di riformulare l’apprezzamento in fatto nella fattispecie in esame, alla luce dei citati principi di diritto.
-In ragione dell’accoglimento dei primi due motivi, resta assorbito il terzo motivo.
-In conclusione, il primo ed il secondo motivo vanno accolti, assorbito il terzo. L’ordinanza impugnata va cassata e la causa va rinviata al Giudice di pace di Varese in persona di diverso magistrato per il riesame e la statuizione sulle spese anche del grado di legittimità.
P.Q.M.
-Accoglie i motivi primo e secondo del ricorso, assorbito il terzo; cassa l’ordinanza impugnata e rinvia al Giudice di pace di Varese in persona di diverso magistrato anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima