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Espulsione straniero: stop con sanatoria pendente

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di espulsione nei confronti di un cittadino straniero. Il caso riguardava un lavoratore la cui domanda di regolarizzazione (‘sanatoria’) era stata respinta dall’amministrazione, ma il cui ricorso contro tale rigetto era ancora pendente davanti al giudice amministrativo. La Corte ha stabilito che l’espulsione straniero è vietata fino alla conclusione definitiva dell’intero procedimento di sanatoria, compresa la fase di appello giurisdizionale. Poiché il rigetto non era definitivo, il decreto di espulsione è stato ritenuto illegittimo.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Espulsione Straniero: la Cassazione fissa un paletto fondamentale

L’espulsione straniero dal territorio nazionale è un atto amministrativo dalle conseguenze molto serie. Ma cosa succede quando lo straniero interessato ha in corso una procedura per regolarizzare la propria posizione lavorativa, la cosiddetta ‘sanatoria’? Con l’ordinanza n. 6606/2025, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale: il divieto di espulsione dura fino alla conclusione definitiva dell’intera procedura di emersione, inclusa la fase di ricorso davanti al giudice amministrativo.

I Fatti del Caso

Un cittadino albanese, entrato in Italia nel 2019, si vedeva notificare un decreto di espulsione dal Prefetto di Grosseto nel maggio 2022. Tuttavia, per lui era stata presentata nel luglio 2020 una domanda di emersione da lavoro irregolare, ai sensi del D.L. 34/2020. Questa domanda era stata respinta dall’amministrazione nel settembre 2021.

Contro il rigetto, il lavoratore aveva proposto ricorso al TAR Toscana, che lo aveva respinto. Non dandosi per vinto, aveva appellato la decisione davanti al Consiglio di Stato, il quale, in via cautelare, aveva sospeso l’esecutività della sentenza di primo grado e, quindi, gli effetti del rigetto amministrativo.

Nonostante la pendenza del giudizio amministrativo, il Prefetto emetteva il decreto di espulsione, ritenuto legittimo dal Giudice di Pace in prima istanza. Il caso è così giunto all’attenzione della Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica: illegittima l’espulsione dello straniero?

Il cuore della controversia ruotava attorno all’interpretazione dell’art. 103, comma 17, del D.L. 34/2020. Questa norma stabilisce che gli stranieri che hanno richiesto la sanatoria non possono essere espulsi ‘nelle more della definizione dei procedimenti’.

La domanda era: quando si può considerare ‘definito’ il procedimento? Si conclude con la decisione amministrativa di rigetto, oppure prosegue fino all’esito finale di eventuali ricorsi giurisdizionali?

Il Giudice di Pace aveva sposato la prima tesi, considerando il rigetto amministrativo come un presupposto sufficiente per procedere con l’espulsione. La difesa del lavoratore, invece, sosteneva che la pendenza del ricorso al Consiglio di Stato, con tanto di sospensione cautelare, impedisse di considerare conclusa la procedura, rendendo illegittimo il conseguente provvedimento espulsivo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente la tesi del ricorrente, cassando con rinvio la decisione del Giudice di Pace. Il ragionamento dei giudici di legittimità è stato lineare e garantista.

La Corte ha affermato che la ratio della norma è quella di proteggere lo straniero durante tutto l’iter volto a regolarizzare la sua posizione. Un rigetto amministrativo non può considerarsi definitivo finché è ‘sub iudice’, cioè oggetto di un contenzioso giurisdizionale. Questo è ancora più vero nel caso di specie, dove il Consiglio di Stato aveva concesso un provvedimento cautelare sospendendo gli effetti della decisione impugnata.

In pratica, la sospensiva ha neutralizzato il rigetto amministrativo, rendendolo inefficace in attesa della decisione di merito. Di conseguenza, il decreto di espulsione, che si fondava proprio su quel rigetto, è risultato privo del suo presupposto logico e giuridico.

La Cassazione ha quindi enunciato un principio di diritto fondamentale: il divieto di espulsione straniero opera fino alla conclusione della procedura di sanatoria, intesa nel suo complesso, includendo quindi anche l’eventuale fase giurisdizionale di impugnazione del provvedimento amministrativo di diniego.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante presidio di garanzia per i diritti degli stranieri. Stabilisce chiaramente che l’amministrazione non può procedere all’espulsione basandosi su un atto (il rigetto della sanatoria) la cui legittimità è ancora in discussione davanti a un giudice. La pendenza del ricorso, specialmente se accompagnata da una sospensione cautelare, congela il potere di espulsione fino a quando non ci sarà una parola definitiva sulla domanda di regolarizzazione. Una decisione che riafferma la centralità della tutela giurisdizionale e il principio secondo cui un provvedimento non può produrre effetti irreversibili finché la sua validità è in dubbio.

È possibile espellere uno straniero se la sua domanda di sanatoria è stata respinta in via amministrativa?
No, secondo questa ordinanza non è possibile se il provvedimento di rigetto è stato impugnato davanti al giudice amministrativo e il procedimento giudiziario è ancora pendente. Il divieto di espulsione dura fino alla conclusione dell’intera procedura, inclusa la fase giurisdizionale.

Cosa succede se il Consiglio di Stato sospende l’efficacia del rigetto della domanda di sanatoria?
La sospensione cautelare conferma che il procedimento di emersione non è concluso. Di conseguenza, il decreto di espulsione basato su quel rigetto diventa inefficace, in quanto privo di un valido fondamento giuridico.

Il divieto di espulsione durante la procedura di sanatoria ha delle eccezioni?
Sì. La sentenza chiarisce che il divieto non si applica se lo straniero risulta pericoloso per la sicurezza dello Stato o se ricorre una delle condizioni ostative previste dal comma 10 dell’art. 103 del D.L. 34/2020, come condanne per reati particolarmente gravi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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