Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6606 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6606 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24218/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ,
-ricorrente- contro
MINISTERO INTERNO, PREFETTURA DI GROSSETO,
-intimati- avverso ORDINANZA di GIUDICE DI PACE GROSSETO, nel proc.to n. 1173/2022, depositata il 28/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Giudice di Pace di Grosseto, con ordinanza, pubblicata il
28/4/23, ha respinto il ricorso di NOME, cittadino albanese, avverso decreto di espulsione, emesso e notificato il 9/5/2022 dal Prefetto di Grosseto, per essere lo straniero entrato in Italia nel gennaio 2019, alla frontiera di Bari, e per essersi trattenuto nel territorio nazionale in violazione dell’art.1, comma 3, l.68/2007.
In particolare, il giudice di pace ha ritenuto la doglianza in punto di illegittimità del provvedimento espulsivo per carenza di istruttoria, non avendo il Prefetto valutato la proposizione di una domanda di emersione di cui al d.l. 34/2022 e la pendenza dinanzi al TAR Toscana di impugnazione avverso il rigetto (in data 9/9/2021) in sede amministrativa di tale domanda, in violazione dell’art.103, comma 11, della legge citata, infondata, in quanto, secondo l’indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione (Cass. 26863/2022), al giudice di pace spetta solo il potere di accertare la data e la certezza dell’inoltro della dichiarazione di emersione di lavoro irregolare e non anche di compiere una prognosi dell’esito della domanda e, nella specie, il ricorrente aveva solo dedotto di avere tempestivamente presentato la suddetta domanda, respinta, e che pendeva giudizio dinanzi al giudice amministrativo, mentre il Prefetto aveva allegato la sentenza del TAR Toscana n. 60/2023 di rigetto dell’impugnazione avverso il rigetto della domanda di sanatoria e non vi era alcuna pregiudizialità tra giudizio amministrativo e il procedimento avente ad oggetto l’espulsione prefettizia.
Avverso la suddetta pronuncia, comunicata il 16/5/2023, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, notificato il 25/11/2023 (Cass. 26968/2018, al procedimento di impugnazione del decreto di espulsione disciplinato dall’art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, è applicabile la sospensione dei termini nel periodo feriale), affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno e della Prefettura
di Grosseto (che si costituiscono al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione) .
Il PG ha depositato memoria chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o omessa applicazione dell’art. 103 commi 11 e dell’art. 17 d.l. 34/2020 conv. in L. 77/2020, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., nonché l’omesso e/o insufficiente esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 comma 1 n.5 c.p.c.
Si deduce che la domanda di emersione di lavoro irregolare presentata dal datore di lavoro nel luglio 2020 a favore del cittadino albanese veniva respinta nel settembre 2021 e tempestivamente impugnata dinanzi al TAR Toscana, che con sentenza del gennaio 2023 rigettava il ricorso; la sentenza veniva tuttavia impugnata dinanzi al Consiglio di Stato che, con ordinanza cautelare dell’ottobre 2023, sospendeva l’esecutività della sentenza di primo grado.
Si dà poi atto che lo straniero aveva instaurato un rapporto di lavoro come bracciante agricolo avventizio nel giugno 2020, proseguito fino al 26/4/21 e cessato per licenziamento dovuto a riduzione del personale determinata da forte contrazione dell’attività lavorativa; successivamente veniva assunto come operaio agricolo con contratto di lavoro di durata semestrale presso altro datore di lavoro e nuovamente assunto con altro contratto dal febbraio 2022 al dicembre 2022 da altro datore di lavoro.
Il Giudice di Pace di Grosseto nell’ordinanza impugnata ha ritenuto legittima l’espulsione del ricorrente sul presupposto che non sussisterebbe alcun rapporto di pregiudizialità tra il giudizio avverso il decreto di espulsione e quello di impugnazione del provvedimento di rigetto della domanda di emersione innanzi al Giudice amministrativo, ritenendo che il rigetto della domanda di
emersione, desumibile dalla sentenza del TAR Toscana 60/2023 del 19.01.2023 di rigetto del ricorso avverso il decreto del Prefetto di Grosseto n.49679 del 09.09.2021 di reiezione della domanda di emersione ex d.l. 34/2020 presentata da COGNOME RAGIONE_SOCIALE il 17.07.2020, costituisse valido presupposto motivazionale del decreto di espulsione. Ma l’art. 103 del D.L. 34/2020 dispone, al comma 11, che « Dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla conclusione dei procedimenti di cui ai commi 1 e 2, sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore rispettivamente: a) per l’impiego di lavoratori per i quali e’ stata presentata la dichiarazione di emersione, anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale; b) per l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale, con esclusione degli illeciti di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ».
Il ricorrente deduce che: a) con ordinanza n.351/2022, il TAR Toscana respingeva la domanda cautelare e tale ordinanza veniva appellata dinanzi al Consiglio di Stato che, con ordinanza 4166/2022, ha accolto la domanda cautelare sul presupposto che « le censure avanzate da parte appellante meritano approfondimento in sede di merito e che, in assenza di specifiche contestazioni riguardanti pericolo per la sicurezza pubblica, deve ritenersi prevalente l’interesse dell’appellante a non vedere sacrificata la situazione giuridica vantata », b) con sentenza n. 60/2023, pubblicata il 19.01.2023, il TAR Toscana rigettava il ricorso, ma il ricorrente impugnava la sentenza innanzi al Consiglio di Stato che, con ordinanza cautelare n. 4321/2023 del 19.10.2023, sospendeva l’esecutività della sentenza impugnata « considerata l’assenza di pregiudizi per l’ordine e la sicurezza pubblica e il danno derivante dal diniego della domanda di emersione dal lavori irregolare »; c) nelle more del giudizio era
pervenuta altresì ulteriore offerta di lavoro da parte di altro datore di lavoro che aveva offerto di assumere COGNOME NOME con contratto annuale a tempo pieno come bracciante agricolo con inquadramento di Area E livello 3 con mansioni di bracciante agricolo RAGIONE_SOCIALE, e, a seguito di ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, il ricorrente ha chiesto di essere convocato ai fini del subentro del nuovo datore di lavoro per la sottoscrizione del contratto di soggiorno ex art. 103 comma 15 d.l. 34/2020.
Il ricorrente deduce che, attesa la pendenza della procedura di sanatoria al momento dell’adozione del decreto di espulsione e l’effetto automaticamente sospensivo dell’espulsione dovuto alla pendenza della domanda di sanatoria ai sensi dell’art.103 comma 11 d.l. 34/2020 conv. in L. 17.07.2020 n.77, non si pone una questione di rapporto di pregiudizialità e sussiste il divieto di espulsione dello straniero nelle more della definizione del procedimento di sanatoria (tranne che nei casi di pericolosità sociale di cui al comma 10, non riferibile alla fattispecie) previsto dal comma 17 dell’art.103. Il decreto espulsivo è illegittimo per carenza del presupposto fondante in esso richiamato ovvero il trattenimento illegale dello straniero sul t.n., stante la pendenza della domanda di sanatoria.
Il ricorrente, con un secondo motivo, in ipotesi subordinata, lamenta la violazione e/o omessa applicazione di legge (art. 295 cp.c.) in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.. in quanto l’ordinanza impugnata è illegittima per violazione del principio di pregiudizialità fra il giudizio di impugnazione del provvedimento prefettizio di rigetto della domanda di sanatoria ex art. 103 d.l. 34/2020 e quello di impugnazione del decreto di espulsione adottato il 09.05.2022 dal Prefetto di Grosseto.
2. La prima censura è fondata.
Nella specie, è stato accertato che la domanda di emersione,
presentata nel luglio 2020, era stata respinta, nel settembre 2021, in sede amministrativa e il ricorrente ha proposto ricorso, dinanzi al TAR, respinto dal giudice di primo grado, e successivo appello al Consiglio di Stato, che risulterebbe pendente.
Il decreto di espulsione è stato emesso e notificato il 9/5/2022, nel corso della procedura di emersione descritta.
Il D.L. n. 34 del 2020, art. 103 prevede, ai commi 1 e 2 , che, anche al fine di favorire l’emersione di rapporti di lavoro irregolari, i datori di lavoro possono presentare istanza, con le modalità di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 , per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri e, per le medesime finalità di cui al comma 1, i cittadini stranieri, con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno, possono richiedere con le modalità di cui al comma 16, un permesso di soggiorno temporaneo, valido solo nel territorio nazionale, della durata di mesi sei dalla presentazione dell’istanza (i cittadini stranieri devono risultare presenti sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020, senza che se ne siano allontanati dalla medesima data, e devono aver svolto attività di lavoro, nei settori di cui al comma 3, antecedentemente al 31 ottobre 2019, comprovata secondo le modalità di cui al comma 16 e, se nel termine della durata del permesso di soggiorno temporaneo, il cittadino straniero esibisce un contratto di lavoro subordinato ovvero la documentazione retributiva e previdenziale comprovante lo svolgimento dell’attività lavorativa in conformità alle previsioni di legge nei settori di cui al comma 3, il permesso viene convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro).
Al comma 11, si prevede, « dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla conclusione dei procedimenti di cui ai
commi 1 e 2 », la sospensione dei termini dei procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore, relativi all’ingresso e al soggiorno illegale nel territorio nazionale; la sospensione quindi scatta nelle more dei procedimenti finalizzati -oltre a garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza della pandemia derivante dal COVID-19 a favorire l’emersione di rapporti di lavoro irregolari.
Al successivo comma 13, si stabilisce che « La sospensione di cui al comma 11, cessa nel caso in cui non venga presentata l’istanza di cui ai commi 1 e 2, ovvero si proceda al rigetto o all’archiviazione della medesima… ».
L’art.103, comma 17, d.l. 34/2020 prevede che gli stranieri ammessi alle procedure di cui ai commi 1 e 2 per l’emersione del lavoro irregolare, salvo i casi descritti al comma 10 (relativi agli stranieri segnalati ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato o condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale o per i delitti contro la libertà personale ovvero per i reati inerenti agli stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite o considerati pericolosi in quanto minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone), « nelle more della definizione dei procedimenti di cui al presente articolo », non possono essere espulsi.
Al tal riguardo, questa Corte (Sez. 6, Ordinanza n. 24294 del 2021; Cass. 26863/2022) ha ribadito che « anche in relazione alla nuova normativa, che, in tema di espulsione amministrativa dello straniero, laddove il ricorrente, nell’impugnazione del provvedimento espulsivo, prospetti la pendenza della procedura di emersione di lavoro irregolare, ai sensi del D.L. n. 34 del 2020, al giudice spetta solo accertare la data e la certezza dell’inoltro della dichiarazione prevista e non anche di compiere una prognosi sull’esito della domanda di sanatoria, del tutto estranea alla sua competenza, e, per effetto del D.L. 34/2020 art.103, comma 17, dopo la presentazione della dichiarazione, non può essere legittimamente disposta l’espulsione del lavoratore straniero “in emersione”, salvo che lo stesso risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato o ricorrano le condizioni descritte al comma 10 della stessa disposizione, fino alla conclusione della procedura ».
E nell’ordinanza n. 21974/2024 si è ritenuto « Alla comunicazione del preavviso di rigetto dell’istanza di emersione del rapporto di lavoro non può pertanto attribuirsi l’effetto di far cessare la sospensione del procedimento di espulsione né quello di far venire meno il divieto di emissione del relativo decreto, trattandosi di conseguenze ricollegabili esclusivamente al provvedimento di rigetto o di archiviazione dell’istanza » .
In Cass.35448/2023 si è ritenuto che il « non controverso rigetto dell’istanza di emersione », in sede amministrativa, determina la cessazione del regime sospensivo e, conseguentemente, la reviviscenza del potere dell’amministrazione di dare corso ai procedimenti relativi all’ingresso e al soggiorno illegale degli stranieri, quale quello oggetto del presente giudizio, in quanto stante il tenore della richiamata disposizione normativa non concludente è stata ritenuta « la circostanza, allegata dal ricorrente, della pendenza del termine per impugnare in sede giurisdizionale il provvedimento reiettivo della sua istanza, atteso che la
contestabilità giudiziale di tale provvedimento non determina, nel silenzio del legislatore, l’estensione dell’eccezionale effetto sospensivo »).
Nella fattispecie qui in esame però, attualmente gli effetti della decisione giudiziaria di rigetto dell’impugnativa della decisione amministrativa di diniego della domanda di emersione per lavoro irregolare sono sospesi, operando la sospensiva cautelare del Consiglio di Stato, di conseguenza il decreto amministrativo del 9/9/2021, di rigetto della domanda in sede amministrativa, non è ancora definitivo e il procedimento di emersione non può dirsi concluso.
Ne consegue, anche sotto questo profilo, l’inefficacia sopravvenuta del provvedimento espulsivo in quanto non sostenuto da un titolo efficace.
Seppure la procedura di emersione del lavoro irregolare può dirsi conclusa dinanzi all’autorità amministrativa, l’attuale pendenza di un ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di rigetto impedisce di poter considerare, come osserva anche il PG, l’intera vicenda di emersione del rapporto di lavoro effettivamente « conclusa », sicché non può essere disposta legittimamente l’espulsione dello straniero, non risultando .
Né lo straniero risultava pericoloso per la sicurezza dello Stato o ricorrevano le condizioni descritte al comma decimo dell’art. 103 cit.
Si deve quindi affermare il seguente principio di diritto:
« In tema di espulsione amministrativa dello straniero, per effetto del D.L. 34/2020 art.103, comma 17, dopo la presentazione della dichiarazione di emersione di lavoro irregolare, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art.103, non può essere legittimamente disposta l’espulsione del lavoratore straniero “in emersione”, salvo che lo stesso risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato o ricorrano le condizioni descritte al comma 10 della stessa disposizione, fino alla
conclusione della procedura anche giurisdizionale in ipotesi di impugnativa del provvedimento amministrativo reiettivo. Il comma 17 del citato art.103, invero, ricollega il divieto di emissione del decreto di espulsione, salvo i casi descritti al comma 10, alla sola pendenza («nelle more della definizione») dei procedimenti di cui ai commi 1 e 2 per l’emersione del lavoro irregolare e la suddetta procedura non può dirsi conclusa in pendenza di un ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento amministrativo di rigetto ».
La seconda doglianza (in punto di pregiudizialità del giudizio amministrativo rispetto al giudizio di convalida del provvedimento espulsivo) è di conseguenza assorbita.
Per quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata l’ordinanza impugnata, con rinvio a giudice di pace di Grosseto in persona di diverso magistrato. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa l’ordinanza impugnata, con rinvio al Giudice di pace di Grosseto in persona di altro magistrato, anche in punto di liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 22 gennaio