Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21168 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21168 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 06567/2024 R.G.
proposto da
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
Prefettura di Caltanissetta , in persona del Prefetto pro tempore ;
intimato avverso l ‘ordinanza del Giudice di pace di Caltanissetta, pubblicata il 17/01/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
letti gli atti e i documenti del procedimento;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Giudice di pace di Caltanissetta, con il provvedimento indicato in epigrafe, rigettava l’ impugnazione proposta dal cittadino straniero contro il decreto di espulsione amministrativa, notificato il 28/11/2023 a seguito del mancato accoglimento, confermato in appello, della
domanda reiterata di protezione internazionale, per manifesta infondatezza, adottato dalla Commissione territoriale il 24/07/2015.
Il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione avverso tale provvedimento, affidato a tre motivi di impugnazione.
La Prefettura non si è difesa con controricorso.
Con atto depositato il 09/05/2024, il ricorrente ha richiesto la riunione del presente procedimento a quello pendente davanti a questa Corte, recante il n. 19990/2023 R.G., avente ad oggetto il ricorso per cassazione contro il diniego di riconoscimento della protezione internazionale e speciale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è formulata la seguente censura: « NULLITA’ DELL’0RDINANZA IMPUGNATA PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 115 E 116 CPC, IN RELAZIONE ALL’ART. 360 N. 5 C.P.C » (p. 9 del ricorso per cassazione).
Nell’illustrazione della censura , il ricorrente ha evidenziato che il Giudice di pace non ha voluto tenere in considerazione l’ ordinanza emessa dalla Corte d ‘appello di Catania, adottata in riferimento alla richiesta di sospensiva formulata dal ricorrente con la proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla medesima Corte d’ appello che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale a seguito di domanda reiterata formulata dal ricorrente.
Quest’ultimo ha, in particolare, evidenziato che la Corte d’appello ha pronunciato il ‘non luogo a procedere’ sulla menzionata richiesta di sospensione, in ragione della ritenuta sospensione ex lege ai sensi dell’art. 19, comma 4, d.lgs. n. 25 del 2008, come modificato dal d.lgs. n. 142 del 2015.
Pertanto, ad opinione del ricorrente, il provvedimento di espulsione non poteva essere legittimamente emesso finché era pendente il giudizio promosso contro il provvedimento di rigetto della domanda di
protezione internazionale reiterata da lui presentata, all’epoca pendente in sede di legittimità.
Con il secondo motivo di ricorso è formulata la seguente censura: « VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 D.LGS. N. 25/2008 E DELLA DIRETTIVA CE N. 85/2005 IN RELAZIONE ALL’ART. 360 N. 3 CPC» (p. 10 del ricorso per cassazione).
Il ricorrente ha dedotto che, stante l’operatività dell’art. 7 d.lgs. n. 25 del 2008, e in conformità e in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (in particolare, sentenza 30 maggio 2013, causa C-534/11), il cittadino straniero ha diritto a restare nel territorio italiano fino a che non viene definito il procedimento di impugnazione del diniego di protezione internazionale, sicché, nella specie, nessun provvedimento di espulsione poteva essere adottato.
Con il terzo motivo di ricorso è formulata la seguente censura: «VIOLAZIONE O FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO SULLA MANCATA SOTTOSCRIZIONE DEL DECRETO DI ESPLUSIONE IMPUGNATO DA PARTE DEL PREFETTO E ASSENZA DI DELEGA CHE POSSA FACULTARE IN ASSENZA DEL PREFETTO IL SUO VICARIO O ALTRO VICE PREFETTO AD EMETTERE E FIRMARE PROVVEDIMENTI DI NATURA ESPULSIVA IN RELAZIONE ALL’ART. 360 N. 3 CPC » (p. 11 del ricorso per cassazione).
Il ricorrente ha dedotto la nullità del provvedimento di espulsione, che non era stato firmato digitalmente, non risultava sottoscritto dal Prefetto, in assenza di una delega che potesse autorizzare il suo Vicario o altro Vice Prefetto ad emettere e firmare siffatta categoria di provvedimenti.
Lo stesso ricorrente ha, poi, aggiunto, che, dall’esame del verbale di notifica della Questura di Caltanissetta redatto su foglio a parte materialmente unito al decreto di espulsione, non era possibile
evincere se il decreto di espulsione consegnato il 28/11/2023 al ricorrente fosse un originale, oppure una copia conforme all’originale.
Con istanza depositata il 09/05/2024, il cittadino straniero ha chiesto la riunione del presente procedimento a quello recante il n. 19990/2023 R.G. , avente ad oggetto l’impugnazione del la sentenza della Corte d’appello di Catania , che aveva confermato il rigetto del ricorso contro il diniego di riconoscimento della protezione internazionale per manifesta infondatezza, adottato dalla Commissione territoriale il 24/07/2015.
L’istanza deve essere respinta risultando il procedimento n. 19990/2023 R.G. già definito con ordinanza di questa Corte che ne ha dichiarato l’inammissibilità (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24598 del 13/09/2024).
Nel ricorso per cassazione si legge quanto segue: « … Successivamente, ancora, nei primi giorni del mese di marzo 2024 il difensore del ricorrente apprendeva dalla Questura di Caltanissetta/Ufficio Immigrazione, che lo stesso era stato rimpatriato nel suo Paese di origine (Nigeria) … »
Come già affermato da questa Corte (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 12070 del 13/07/2012), il rientro in patria dello straniero espulso non determina la cessazione della materia del contendere sull’impugnazione del decreto di espulsione, il quale produce anche altri effetti , oltre all’obbligo di lasciare il territorio nazionale, tenuto conto, in particolare, che ad esso segue il divieto di ingresso in Italia per dieci anni, ai sensi dell’art. 13, commi 13 e 14, d.lgs. n. 286 del 1998.
Inoltre, nessun rilievo assume la circostanza che il ricorso per cassazione contro il provvedimento di diniego della protezione internazionale, assunto dalla Commissione territoriale il 24/07/2015, è stato definitivamente respinto, a seguito della statuizione di questa Corte che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24598/2024 del 13/09/2023), poiché la materia del
contendere attiene alla questione della validità del provvedimento di espulsione emesso nonostante la pendenza del ricorso per cassazione nei confronti della decisone di appello che aveva confermato il rigetto dell’impugnazione del diniego di protezione internazionale per manifesta infondatezza.
L’accertamento della validità o meno del decreto di espulsione incide sulla esecutività dello stesso e dunque sulla legittimità del l’intervenuto rimpatrio e dell e altre conseguenze correlate all’espulsione.
Il primo e il secondo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, tenuto conto della stretta connessione esistente, rivelandosi in parte inammissibili e in parte infondati.
5.1. Prima di tutto deve ritenersi inammissibile la censura nella parte in cui richiama la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., poiché, come evidenziato da questa Corte, tali vizi sono configurabili solo quando si allega che il Giudice ha posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, alcune prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022).
Le evenienze appena menzionate non sono state dedotte nel caso di specie, poiché il ricorrente ha solo denunciato il mancato compimento da parte del Giudice di Pace di alcune valutazioni giuridiche, effettuate , invece dalla Corte d’appello , al momento in cui ha dichiarato non luogo a procedere sulla richiesta di sospensiva della propria statuizione sul ricorso contro il provvedimento di diniego della protezione internazionale a seguito della proposizione del ricorso per cassazione contro di essa.
5.2. La censura è inammissibile anche ove è dedotta come omesso esame di fatti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
Com’è noto, la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. consente l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» e non più «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» .
La norma si riferisce al mancato esame di un fatto decisivo, che è stato offerto al contraddittorio delle parti, da intendersi come un vero e proprio fatto storico, come un accadimento naturalistico.
Costituisce, pertanto, un fatto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una questione o un punto controverso, ma un vero e proprio evento, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018; v. anche Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 13024 del 26/04/2022).
Può trattarsi di un fatto principale ex art. 2697 c.c. (un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche di un fatto secondario (un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché sia controverso e decisivo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/2016), nel senso che il mancato esame, evincibile dal tenore della motivazione, vizia la decisione perché influenza l’esito del giudizio.
Non integrano, dunque, fatti il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. le mere argomentazioni o le deduzioni difensive (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14802 del 14/06/2017).
Per gli stessi motivi, non costituisce omesso esame, nei termini appena indicati, la mancata valutazione di domande o eccezioni, ovvero dei motivi di appello (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 29952 del 13/10/2022).
Ovviamente, non è riconducibile all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio la censura che mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019).
Nel caso di specie, il ricorrente ha censurato la decisione del Giudice di Pace, per non avere tenuto conto dell ‘ordinanza della Corte d’appello che ha statuito sulla sospensiva, ma, come sopra evidenziato, si tratta di un provvedimento di non luogo a procedere, che, pertanto, non ha avuto alcuna incidenza sulla validità ed efficacia del provvedimento di espulsione, perché, appunto, non ha deciso sulla richiesta di sospensione.
Ciò che la parte ha ritenuto rilevante è la motivazione posta a fondamento della statuizione della Corte d’appello ed è dunque evidente che la censura non ha prospettato l’ omesso esame di un fatto, inteso nel senso sopra indicato, ma l ‘adozione di una valutazione giuridica in senso non conforme alla valutazione giuridica sottesa alla decisione della Corte d’appello di non provvedere sulla richiesta di sospensione.
5.3. Le censure sono, tuttavia, inammissibili anche nella parte in cui prospettano la ritenuta violazione di legge, poiché la censura non si confronta con la decisione impugnata.
Come più volte affermato da questa Corte, la proposizione, mediante ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata, comporta l’inammissibilità del ricorso, risolvendosi in un ‘ non motivo ‘ (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 9450 del 09/04/2024).
Il motivo di impugnazione è, infatti, costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. Tale nullità si risolve in un “non motivo” del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1341 del 12/01/2024; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 15517 del 21/07/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015).
In altre parole, con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 22478 del 24/09/2018).
Nella specie, il Giudice di Pace ha statuito come segue: « … A sua volta, il comma III, statuisce che, la proposizione del ricorso sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, tranne che nelle ipotesi in cui il ricorso viene proposto: … c) avverso il provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 32, comma I, lettera b-bis) … Ora, a fronte delle superiori emergenze documentali, normative e processuali, occorre evidenziare come la Commissione per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Siracusa in data 24.07.2015 ha rigettato per manifesta infondatezza la richiesta domanda di protezione internazionale dello straniero.»
In altre parole, il Giudice di Pace -contrariamente a quanto ritenuto dalla menzionata Corte d’appello ha affermato che la proposizione del ricorso contro il decreto della Commissione Territoriale
che ha respinto per manifesta infondatezza la domanda di protezione internazionale non ha comportato la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato.
In effetti, l’art. 19, comma 4 (e non comma 3, come indicato nell’ordinanza impugnata) , d.lgs. n. 150 del 2011, nel testo vigente ratione temporis (anteriore alla riforma introdotta con d.l. n. 13 del 2017, conv. con modif. in l. n. 46 del 2017), prevede quanto segue: «La proposizione del ricorso sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, tranne che nelle ipotesi in cui il ricorso viene proposto: … d) avverso il provvedimento adottato dalla Commissione territoriale che ha dichiarato l’istanza manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 32, comma 1, lettera b-bis), del citato decreto legislativo.»
Il riferimento è all’ art. 32, comma 1, lett. b-bis) d.lgs. n. 25 del 2008, il quale prevede che: «Fatto salvo quanto previsto dagli articoli 23, 29 e 30 la Commissione territoriale adotta una delle seguenti decisioni: … b -bis) rigetta la domanda per manifesta infondatezza quando risulta la palese insussistenza dei presupposti previsti dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero quando risulta che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.»
Il ricorrente ha affermato, invece, che, ai sensi della stessa disposizione sopra menzionata, e cioè del l’art. 19, comma 4, d.lgs. n. 150 del 2011, deve ritenersi che la proposizione del ricorso in sede giurisdizionale sospen de l’esecutività del provvedimento di diniego della protezione e, dunque, impedisce di adottare l’ordinanza di espulsione.
Non ha, tuttavia, spiegato gli argomenti giuridici della propria tesi né le ragioni della ritenuta infondatezza della diversa opinione espressa dal Giudice di merito.
Il cittadino straniero ha semplicemente richiamato il provvedimento adottato dalla Corte di appello, investita della richiesta di sospensione, senza spiegare le ragioni della ritenuta condivisibilità degli argomenti ivi spesi e senza tenere conto che, trattandosi di un provvedimento di non luogo a procedere, detto provvedimento non ha avuto alcuna incidenza sulla validità ed efficacia del provvedimento di espulsione, perché, appunto, non ha deciso sulla sospensione richiesta.
Anche il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
In primo luogo, nella decisione impugnata non si fa menzione ad alcuna questione in ordine alla esistenza o meno di una delega per la firma del decreto di espulsione, essendosi il Giudice pronunciato solo sulla eccepita assenza di firma del Prefetto, e il ricorrente non ha dedotto di avere già illustrato al Giudice di pace la contestazione in ordine alla assenza di delega di firma, omettendo, anzi, ogni indicazione in ordine al se, al quando, con quale atto e a mezzo di quali argomenti abbia formulato detta eccezione.
La questione deve pertanto ritenersi del tutto nuova e, come tale, inammissibile.
Con riferimento a tutti i vizi formali, dedotti nel motivo in esame, comunque, il ricorrente non ha riportato in modo completo e comprensibile il contenuto dell’atto, al fine di consentire a questo Collegio di valutare lo specifico vizio volta per volta ritenuto esistente, né ha illustrato le ragioni della specifica invalidità prospettata, contrastando gli argomenti spesi sul punto dal Giudice di merito.
Si tratta, dunque, di censure inammissibili per difetto di specificità.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, essendo la Prefettura rimasta intimata.
Essendo il procedimento esente, non si applica l’art. 13, comma 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile