Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24105 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24105 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18030/2023 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Ministro QUESTORE DI MILANO, PREFETTO DI MILANO –
-intimati avverso l’ ORDINANZA del GIUDICE DI PACE MILANO n. 38888/2022 depositata il 18/08/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/06/2024
dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con ricorso del 19.09.2022 l’odierno ricorrente impugnava il decreto di espulsione emesso dal AVV_NOTAIO della Provincia di AVV_NOTAIO il 31.08.2022 e il consequenziale provvedimento di allontanamento emesso dal AVV_NOTAIO, deducendo la violazione
dell’accordo Schengen in ordine ai termini per rendere la dichiarazione di presenza sul territorio nazionale e la violazione dell’art 19 comma 1.2 del Dlgs 286/98 (TUI) nonché dell’art . 8 Cedu, posto a tutela della vita privata e familiare.
Il giudice di pace ha respinto il ricorso sul rilievo che egli era tenuto a dichiarare la sua presenza entro otto giorni dall’ingresso in Italia e non avendo dato prova della data di ingresso in Italia, il termine doveva farsi decorrere dalla data ingresso Schengen (18 agosto 2022), e pertanto era già scaduto alla data del 31.08.2022, di emissione del decreto di espulsione; rilevando inoltre che non risultava formalizzata la domanda di protezione speciale, perché presentata a mezzo pec, modalità non ritenuta valida dalla Questura; ed infine rilevando che il matrimonio conferisce allo straniero il diritto al soggiorno in Italia in quanto sussista l’effettiva convivenza, la cui prova è a carico dello stesso straniero non essendo la convivenza presumibile in base al mero vincolo coniugale e che non emergevano dagli atti elementi tali da ritenere che l’espulsione potesse pregiudicare irreparabilmente la salute dell’interessato .
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato affidandosi a quattro motivi. L’Avvocatura dello Stato non tempestivamente costituita ha depositato istanza per la partecipazione all’eventuale discussione orale. Il ricorrente ha depositato memoria.
RILEVATO CHE
1.Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione ed errata applicazione dell’art 19 del Dlgs 286/1998 come modificato dal DL 130/2020 convertito in legge n. 173/2020, nonché la – violazione dell’art. 2 del D.lgs. n. 142/2015. Il ricorrente lamenta che il giudice di pace abbia erroneamente ritenuto che la domanda di protezione speciale non fosse
validamente presentata a mezzo pec; deduce che la domanda, presentata per tale mezzo in data 8 settembre 2022, avrebbe dovuto essere formalizzata e determinava pertanto la sospensiva della espulsione.
Il motivo è infondato.
1.1- È corretto affermare che la domanda presentata a mezzo pec doveva essere ricevuta dalla amministrazione (cfr. Cass. 9597/2024), tuttavia nel caso di specie essa non produce l’effetto sospensivo auspicato dal ricorrente, posto che egli riferisce di avere presentato domanda di protezione speciale e non di protezione internazionale, e in ogni caso di averla presentata in data successiva alla espulsione (31 agosto 2022).
1.2.- Da ciò consegue, in primo luogo, che egli non può invocare l’applicazione dell’art. 7 del D.lgs . 25/2008, norma attuativa delle direttive eurounitarie (cfr. Cass. 5437/2020 e Cass. 12206/2020). L’art 7 cit. dispone infatti che il ‘richiedente’ è autorizzato a permanere sul territorio nazionale fino alla decisione della Commissione territoriale; secondo quanto dispone l’art. 2 dello stesso D.lgs. 25/2008, per ‘richiedente’ si intende il cittadino straniero che ha presentato la domanda di protezione internazionale, e per domanda di protezione internazionale si intende la domanda diretta ad ottenere lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria. Nel caso di specie invece, è lo steso ricorrente a precisare di avere presentato domanda di protezione speciale direttamente al AVV_NOTAIO e pertanto non nell’ambito di una richiesta di protezione internazionale.
Inoltre, anche la stessa domanda protezione internazionale proposta dopo l’adozione del decreto di espulsione, non rende invalido il suddetto decreto, poiché nel momento in cui esso è stato adottato non sussisteva la relativa condizione di (temporanea) inespellibilità; la domanda successiva al decreto di espulsione ne
sospende l’efficacia con la conseguenza che il giudice di pace, adito a norma dell’art. 13, comma 8, del d.lgs. n. 286 del 1998 non può, in ragione della proposizione della menzionata domanda, pronunciarne l’annullamento, pur se l’amministrazione non può eseguirlo finché non interviene la decisione, con la conseguenza che il ricorrente, ove l’amministrazione tenti di eseguirlo, può opporsi all’accompagnamento alla frontiera (Cass. 5437 del 27/02/2020; Cass. n. 26633 del 15/09/2023).
Infine, deve osservarsi che per quanto riguarda i motivi ostativi all’espulsione di cui all’art . 19 del D.lgs. 286/1998 (TUI) r atione temporis vigente (prima delle modifiche apportate dall’art. 7 del D.L. 10 marzo 2023, n. 20, convertito con modificazioni dalla l. 5 maggio 2023, n. 50) che il ricorrente ha posto a fondamento della sua domanda di protezione speciale, vi è il dovere del sindacato incidentale parte del giudice di pace (Cass. n. 26633 del 15/09/2023) posto che l’art. 19 del TUI impone al giudice di pace, in adempimento del suo l’obbligo di cooperazione istruttoria, di esaminare e pronunciarsi sull’allegata sussistenza dei divieti sanciti dai commi 1 e 1.1, nel testo vigente ratione temporis ; e, ove sia allegato il rischio di violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, la valutazione deve avvenire e avere riguardo anche al criterio dell’effettivo inserimento sociale in Italia (Cass. n. 15843 del 06/06/2023). Tuttavia, nel caso di specie, il giudice di pace ha esaminato, incidenter tantum , le cause ostative dedotte dal ricorrente (legami familiari, motivi di salute) che in ipotesi potrebbero portare al riconoscimento della protezione speciale e le ha ritenute non sussistenti, con giudizio di merito di cui in questa sede non può sollecitarsi la revisione.
Si deve concludere pertanto che non incide sulla validità del provvedimento di espulsione e dell’ordine di allontanamento la domanda di protezione speciale successivamente presentata, né
produce alcun effetto sospensivo della esecuzione del provvedimento ove il giudice di pace abbia vagliato, incidneter tantum, la sussistenza delle cause asseritamente ostative alla espulsione, a meno che nelle more della esecuzione non intervenga il riconoscimento di un permesso di soggiorno a tale titolo, perché ciò renderebbe il decreto di espulsione ineseguibile (Cass., 24/06/2014, n. 14268; Cass. n. 21609 del 04/09/2018; Cass. n. 109 del 07/01/2020).
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione ed errata applicazione dell’art. 19 comma 1 del D.lgs. n. 286/1998, nonché dell’art. art. 8 Cedu in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Il ricorrente deduce che egli è arrivato in Italia dalla Georgia in data 28.08.2022, per raggiungere sua moglie, regolarmente soggiornante sul territorio nazionale e per stabilire lo svolgimento della propria vita privata e familiare in Italia. Deduce che la vita familiare è tutela dall’art 8 Cedu e che l’ordinanza del giudice di prime cure enfatizza la mancata prova della convivenza, che egli tuttavia non aveva onere di dare, essendo sufficiente provare l’avvenuto matrimonio con la produzione del certificato, come in realtà ha fatto. Deduce che la Questura di AVV_NOTAIO non ha avviato la procedura per il riconoscimento della protezione speciale pur avendo il ricorrente depositato via pec apposita richiesta corredata da documentazione attestante il rapporto di coniugio. Il certificato di matrimonio è atto valido ad attestare l’avvenuto matrimonio, quindi, l’esistenza di una famiglia che va sempre e comunque tutelata, a meno che vi siano interessi superiori a tutela dello Stato.
2.1.- Il motivo è infondato.
I legami familiari vengono tutelati in quanto effettivi e il certificato di avvenuto matrimonio non consente di per sé di
presumere la convivenza né l’effettività della relazione familiare (Cass. n. 23598 del 03/11/2006; Cass. n. 35684 del 21/12/2023).
Nella specie il ricorrente non solo non ha provato la convivenza, o un serio progetto di riunione familiare, ma non l’ha neppure allegata, né ha offerto altri elementi dai quali ritenere che la relazione sia effettiva ed attuale; si limita ad affermare di avere allegato il certificato di matrimonio, il che prova il matrimonio inteso come atto, e come fatto storico, ma non il matrimonio inteso come rapporto, nelle sue connotazioni attuali, ed è quest’ultimo ad essere tutelato dall’art 8 Cedu.
Secondo la giurisprudenza della Corte Edu l’elemento essenziale della vita familiare è il diritto di vivere insieme affinché possano svilupparsi normalmente rapporti familiari e i membri della famiglia possano godere della reciproca compagnia. Il concetto di famiglia di cui all’art. 8 riguarda in primo luogo le relazioni basate sul matrimonio ed anche le relazioni di fatto pur non assistite da matrimonio, ma non i matrimoni fittizi (Corte Edu: Olsson c. Svezia 254 marzo 1988; Grande Camera, Paradiso e COGNOME c. Italia 24 gennaio 2017; COGNOME c. Belgio, DATA_NASCITA). Il matrimonio è infatti connotato dalla comunione materiale e spirituale di vita tra i coniugi; mancando quest’ultima, può essere sciolto e comunque è privo di quella effettività relazionale che costituisce il legame familiare tutelato dall’art 19 del TUI ratione temporis vigente.
Pertanto, correttamente il giudice di pace ha ritenuto che il certificato di matrimonio non provasse di per sé l’esistenza di una relazione familiare da tutelare.
3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione ed errata applicazione dell’art. 35 del D.lgs. n. 286/1998, degli artt. 3 Cedu e 32 Cost. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Il ricorrente deduce di avere sottoposto all’attenzione del giudicante le sue
gravi condizioni salute poiché, in seguito ad una caduta, ha riportato le lesioni di cui alla documentazione medica acclusa. Difatti, oltre ai quattro interventi chirurgici ed a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro a cui veniva sottoposto, il ricorrente odierno ha bisogno di una terapia adeguata con somministrazione di farmaci e con il divieto da parte dei medici di compiere sforzi, sollevare pesi etc . Egli, quindi, ha bisogno oltre che dei controlli e di cure adeguate anche della presenza di un familiare che gli possa dare quell’aiuto di cui ha bisogno , come si evidenzia nella relazione infermieristica alle dimissioni.
3.- Il motivo è infondato.
La garanzia del diritto fondamentale alla salute impedisce l’espulsione temporanea dello straniero ove questi, dall’immediata esecuzione del provvedimento, sia esposto ad un irreparabile pregiudizio, dovendo, tale garanzia, comprendere non solo le prestazioni di pronto soccorso e di medicina d’urgenza, ma anche tutte le altre prestazioni essenziali per la vita (Cass. n. 8371 del 26/03/2019; Cass. n. 24585 del 04/11/2020).
Nel caso di specie il giudice di pace ha motivatamente escluso che si trattasse di prestazioni salvavita e rilevato che non vi era necessità di sottoporsi a controlli successivi; la censura pertanto sollecita una revisione del giudizio di fatto inammissibile in questa sede.
4.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la violazione ed errata applicazione dell’ art. 1 comma 2 della legge 28 maggio 2007 n. 68 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., deducendo il ricorrente che egli giungeva in Italia dalla Georgia in data 28.08.2022 per venire dalla moglie , dopo aver fatto scalo in Grecia il 18.08.2022, come risulta dal suo passaporto con timbro partenza dalla Georgia e timbro entrata in Grecia (Atene), quindi, in regola, nei novanta giorni, con la normativa, che riconosce la possibilità
per i cittadini stranieri di trascorrere un periodo massimo di tre mesi in uno Stato dell’Area Schengen- art. 1 comma 1 della legge 28 maggio 2007 n. 68 Purtroppo, a soli tre giorni del suo ingresso in Italia, non avendo avuto il tempo di contattare un legale per lo svolgimento delle formalità relative alla sua permanenza, gli venivano notificati i provvedimenti impugnati e perché a suo carico vi sono denunce per tentato furto.
4.1.- Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente afferma di essere entrato in Italia il 28 agosto 2023 ma, come osserva il primo giudice, non ne ha dato alcuna prova, sicché correttamente si è fatto riferimento all’unica data certa (il visto su passaporto) e cioè il 18 agosto 2022, al fine di ritenere assolto l’obbligo di dare notizia della presenza sul territorio entro 8 giorni di cui all’art 1 comma 2 della legge 68/2007. La censura si limita ad una contestazione in punto di fatto insistendo nel proporre una versione dei fatti diversa da quella che è stata ricostruita nel merito, in base agli elementi probatori disponibili.
Ne consegue il rigetto del ricorso; nulla sulle spese in difetto di regolare costituzione della controparte.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso . Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27/06/2024.