Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5803 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5803 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6113/2023 R.G. proposto da: COGNOME
COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore PREFETTURA DI MILANO, in persona del AVV_NOTAIO
-intimati ORDINANZA del GIUDICE DI PACE di MILANO n.
avverso l’ 12776/2022 depositata il 02/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2023 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Il ricorrente, cittadino albanese, è stato raggiunto da un decreto emesso dal AVV_NOTAIO della Provincia di Milano, con il quale ‘ rilevato che il cittadino straniero si è trattenuto nel Territorio Nazionale in violazione dell’art. 1, c. 3 della L 68/2007 … che il
cittadino straniero ha a suo carico precedenti penali e di polizia: inosservanza norme straniere’ se ne decretava l’espulsione . Avverso detto decreto l’interessato ha proposto opposizione, eccependo che non si è tenuto conto dei suoi legami familiari. Il Giudice di Pace di Milano, in data 02/08/2022 ha pronunciato ordinanza di rigetto sul rilievo che lo straniero si è trattenuto in Italia oltre 90 giorni, che non è provato che sia stato impedito a regolarizzare il soggiorno perché sottoposto a quarantena causa covid, se non per un certificato rilasciato in data successiva all’espulsione; che il decreto è stato tradotto in lingua albanese; che la convivenza con la sorella in Italia non esclude che lo straniero non abbia più alcun rapporto con il suo paese di origine.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il cittadino straniero affidandosi a quattro motivi. L’Avvocatura dello Stato si è costituita -tanto per il AVV_NOTAIO che per il Ministero dell’Interno- ai soli fini della partecipazione all’eventuale discussione orale. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 14 novembre 2023.
RITENUTO CHE
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione art. 3 L. 241/1990, dell’ art. 1 co. 3 L. 68/2007, degli artt. 13 co. 2 l. b) e 13 co. 3 del T.U.I. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Il ricorrente deduce che il provvedimento impugnato difetta di motivazione perché è stato emesso sull’assunto che il cittadino si è trattenuto nel territorio nazionale senza che nel provvedimento venisse individuata in concreto la condotta illegittima che si assume essere stata posta in essere dall’odierno ricorrente, specificazione che sarebbe doverosa, in particolare perché la norma prevede distinte ipotesi di espulsione (mancata comunicazione della presenza sul territorio in caso di soggiorni inferiori a 90 giorni, essersi trattenuto senza avere chiesto permesso di soggiorno, permesso di soggiorno scaduto). Rileva che non è consentito al
Giudice, per sanare tale lacuna, di estendere il proprio sindacato oltre al contenuto dell’atto espulsivo sottoposto al suo esame, così integrandolo, né all’amministrazione di porre in essere successive integrazioni al provvedimento viziato.
2.- Il motivo è infondato.
Dal contesto dell’atto, per come richiamato e ricapitolato in ricorso e nel provvedimento impugnato, ben si comprende che la specifica violazione che viene addebitata al ricorrente è quella di essersi trattenuto nel territorio nazionale senza avere richiesto il permesso di soggiorno; inoltre dall’esame del provvedimento impugnato e dai documenti che il ricorrente richiama nel suo ricorso si evince che è stata esattamente questa la questione dibattuta in giudizio, laddove il soggetto si è difeso asserendo che non avrebbe potuto richiedere il permesso di soggiorno a causa della quarantena covid, circostanza la cui rilevanza è stata esclusa in punto di fatto dal giudice di pace e ritenuta pretestuosa perché la quarantena covid era successiva alla sua espulsione.
3.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.. Il ricorrente deduce che i l decreto di espulsione è stato emesso sull’assunto che ‘ il cittadino straniero si è trattenuto nel Territorio Nazionale in violazione dell’art. 1, comma 3 della L. 68/2007 (art. 13 co. 2. l. b) T.U.I. e succ. Mod. ) ‘ La condotta illegittima viene individuata nell’omessa presentazione della dichiarazione di presenza ma la stessa Questura di Milano, Ufficio Immigrazione, con ‘rapporto’ del 01/02/2022 denominato ‘COGNOME Frrok’ depositato in atti in pari data, ha confermato che il ricorrente aveva, all’atto dell’ingresso sul Territorio Nazionale, regolarmente ‘ presentato la dichiarazione di presenza ai sensi dell’art. 1 c. 2 l 68/2007 ‘ . Il fatto decisivo, nella prospettazione del ricorrente consiste nell’avvenuta presentazi one della dichiarazione di presenza da parte del ricorrente a ll’atto dell’ingresso nel Territorio Nazionale e l’ingresso in area Schengen
documentato sul timbro del passaporto, che surrogherebbe a ogni effetto di legge la dichiarazione di presenza. La circostanza è dedotta come decisiva atteso che, ove il giudice di primo grado avesse preso in esame tale fatto, ben avrebbe dovuto concludere per l’insussistenza dell’omissione della dichiarazione di soggiorno dallo stesso assunta a fondamento del decreto di espulsione, con conseguente annullamento del provvedimento espulsivo, in quanto fondato su di un erroneo presupposto in fatto.
4.- Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente non chiarisce adeguatamente la decisività della circostanza il cui esame sarebbe stato emesso dal giudice, in relazione alla circostanza che, pur se il soggetto presenta la prescritta dichiarazione, ma si trattiene sul territorio nazionale oltre i 90 giorni senza richiedere il permesso di soggiorno, sussistono i presupposti per la sua espulsione così come peraltro ampiamente argomentato dal Giudice di pace.
5.Con il terzo motivo del ricorso si lamenta l’ omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’ art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. Il ricorrente deduce che nel procedimento di primo grado aveva documentato la presenza in Italia del proprio nucleo familiare (dell’instaurata convivenza sul territorio nazionale con la sorella e il di lei marito, della volontà di formalizzare istanza di ricongiungimento familiare), questione che il giudice aveva omesso di esaminare
Con il quarto motivo, condizionato al mancato accoglimento del terzo, il ricorrente lamenta la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione degli artt. 132 n. 4) c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111 Cost. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. Deduce che il Giudice di pace, rispetto alla dedotta violazione dell’art. 13. co. 2 bis del D.lgs. n. 286/1998, ha riposto con una motivazione apparente, limitandosi ad osservare che : ‘ Nel caso de quo lo straniero asserisce di convivere con la sorella in Italia. Tale circostanza non esclude però
che lo straniero non abbia più alcun rapporto o vincolo con il suo paese d’origine ‘ .
6.- I motivi possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi.
Il terzo motivo è infondato. Il giudice di pace ha esaminato la questione dei dedotti legami familiari e l’ha respinta rilevando che la convivenza con la sorella non esclude che il soggetto abbia ancora legarmi in patria; il passaggio motivazionale si espone tuttavia alla censura di nullità in quanto effettivamente non si traduce in un accertamento effettivo dei legami familiari in Italia, accertamento cui il Giudice di pace era tenuto, stante la rilevanza che assumono i legami familiari, tutelati anche dall’art 8 CEDU, che possono anc he rendere recessivi quelli con il paese di origine. In tal senso, si è affermato che, in tema di espulsione del cittadino straniero, l’art. 13, comma 2 bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, secondo il quale è necessario tener conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno, nonché dell’esistenza di legami con il paese d’origine, si applica – con valutazione caso per caso ed in coerenza con la direttiva comunitaria 2008/115/CE anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorché non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare, in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU e fatta propria dalla sentenza n. 202 del 2013 della Corte Cost. Tuttavia il giudice del merito è tenuto, onde pervenire all’applicazione della tutela rafforzata di cui al citato art.13, comma 2 bis, a dare conto di tutti gli elementi qualificanti l’effettività di detti legami, oltre che delle difficoltà conseguenti all’espulsione, senza che sia possibile, fuori dalla valorizzazione in concreto di questi elementi, fare riferimento ai criteri suppletivi relativi alla durata del soggiorno, all’integrazione sociale nel
territorio nazionale, ovvero ai legami culturali o sociali con il Paese di origine (Cass. 781/2019; Cass. 11955/2020).
Ne consegue in accoglimento del quarto motivo di ricorso, respinti gli altri, la Cassazione del provvedimento impugnato e il rinvio al Giudice di pace di Milano in persona di diverso magistrato per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il quarto motivo del ricorso, respinti gli altri, cassa la ordinanza impugnata e rinvia al giudice di pace di Milano in persona di diverso magistrato per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14/11/2023.