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Espulsione e matrimonio: l’intento non basta

Un cittadino straniero, colpito da un decreto di espulsione per soggiorno irregolare, ha impugnato il provvedimento sostenendo di trovarsi in Italia per sposare una cittadina italiana. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la semplice fissazione di un appuntamento per le pubblicazioni di matrimonio non è sufficiente a dimostrare la “serietà di intenti” necessaria a configurare un progetto di vita familiare che possa ostacolare l’espulsione. È necessario fornire prove concrete della relazione e del progetto matrimoniale.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Espulsione e matrimonio: basta un appuntamento in Comune?

Il delicato equilibrio tra il diritto di formare una famiglia e le normative sull’immigrazione è spesso al centro di complesse vicende giudiziarie. Un recente caso affrontato dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5911/2024, offre importanti chiarimenti su un tema specifico: il rapporto tra espulsione e matrimonio. In particolare, la Corte ha stabilito che la sola intenzione di sposarsi, manifestata con un appuntamento per le pubblicazioni, non è sufficiente a bloccare un decreto di espulsione se non è supportata da prove concrete sulla serietà del progetto di vita comune.

I Fatti del Caso

Un cittadino albanese, destinatario di un decreto di espulsione per essersi trattenuto in Italia per oltre 90 giorni senza permesso di soggiorno, presentava ricorso. A sua difesa, sosteneva di essere entrato nel Paese con l’obiettivo di sposare una cittadina italiana. A riprova di ciò, produceva una comunicazione via e-mail che attestava la fissazione di un appuntamento presso il Comune di Genova per procedere alle pubblicazioni di matrimonio, fissato per il giorno immediatamente successivo alla notifica del provvedimento di espulsione.
Il Giudice di Pace, in prima istanza, aveva respinto il ricorso. Successivamente, il cittadino straniero si rivolgeva alla Corte di Cassazione, lamentando che il giudice di merito non avesse considerato adeguatamente la prova dell’appuntamento e il fatto che non avesse potuto procedere con le pubblicazioni a causa del ritiro del passaporto, misura alternativa all’espulsione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione del Giudice di Pace. Secondo gli Ermellini, il ricorrente non è riuscito a superare la valutazione di merito che aveva riscontrato una carenza di prove riguardo alla “effettiva serietà di intenti” di iniziare una vita matrimoniale.

Le Motivazioni: la serietà dell’intento nell’espulsione e matrimonio

Il cuore della decisione risiede nel concetto di “serietà dell’intento matrimoniale”. La Corte ha specificato che, per opporsi a un’espulsione, non è sufficiente allegare un futuro e ipotetico matrimonio. Il giudice deve poter valutare, in concreto, l’esistenza di un progetto matrimoniale effettivo e di una vita familiare già in essere o in procinto di formarsi.

Nel caso specifico, il ricorrente si è limitato a produrre un’e-mail per un appuntamento. Mancavano, invece, elementi cruciali per dimostrare la serietà del legame, come:

* Prove di una relazione stabile e continuativa (ad esempio, una convivenza connotata da solidarietà e assistenza morale e materiale).
* La produzione del nulla osta al matrimonio, documento necessario per i cittadini stranieri.
* Qualsiasi altro elemento idoneo ad attestare l’effettiva sussistenza di un progetto di vita comune, al di là del singolo atto formale dell’appuntamento per le pubblicazioni.

La Corte ha distinto questo caso da precedenti giurisprudenziali in cui, ad esempio, le pubblicazioni erano già state effettuate, dimostrando uno stadio più avanzato e concreto del progetto matrimoniale. L’appuntamento, di per sé, è stato ritenuto un atto preparatorio insufficiente a provare quella “serietà di intenti” che la legge richiede per tutelare il diritto a contrarre matrimonio in relazione alle norme sull’immigrazione.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il diritto a contrarre matrimonio non può essere invocato in modo astratto per eludere le norme sul soggiorno degli stranieri. Chi si oppone a un provvedimento di espulsione sulla base di un imminente matrimonio deve fornire prove concrete e tangibili che dimostrino la genuinità e la solidità del legame affettivo e del progetto di vita familiare. La semplice intenzione, anche se formalizzata con un appuntamento per le pubblicazioni, non costituisce, da sola, una condizione ostativa all’espulsione. È necessario dimostrare che dietro l’intenzione c’è una relazione reale e un progetto di vita comune serio e documentabile.

Avere un appuntamento in Comune per le pubblicazioni di matrimonio è sufficiente per bloccare un decreto di espulsione?
No, secondo la Corte di Cassazione, il solo appuntamento non è sufficiente. È necessario dimostrare la “serietà dell’intento matrimoniale” con prove concrete che attestino l’esistenza di un effettivo progetto di vita familiare.

Quali prove possono dimostrare la serietà di un progetto matrimoniale per opporsi a un’espulsione?
La sentenza suggerisce che è necessario fornire prove che vadano oltre il semplice appuntamento, come la dimostrazione di una convivenza stabile, di una relazione caratterizzata da solidarietà e assistenza reciproca, o altri elementi concreti che attestino un progetto di vita comune e non solo un matrimonio di convenienza.

Perché il ricorso del cittadino straniero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava efficacemente la ragione centrale della decisione del giudice precedente, ovvero la mancanza di prove sulla serietà dell’intento matrimoniale. Il ricorrente ha sollecitato una nuova valutazione dei fatti, che non è consentita in sede di legittimità, senza fornire elementi giuridici idonei a confutare la decisione impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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