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Espropriazione parziale: indennizzo e danno funzionale

La Corte di Cassazione ha stabilito che in un caso di espropriazione parziale, l’indennizzo deve coprire non solo il valore del terreno sottratto ma anche il danno funzionale e il deprezzamento della proprietà residua. Ciò si verifica quando l’unità economica di un’azienda agricola viene compromessa, ad esempio rendendo inutilizzabile l’impianto di irrigazione o intercludendo parti del fondo. La Corte ha chiarito che l’ubicazione fisica di elementi chiave, come i pozzi, al di fuori del perimetro espropriato non è determinante se questi sono funzionalmente essenziali per l’intera proprietà.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Espropriazione Parziale: L’Indennizzo Deve Coprire il Danno all’Intera Azienda

L’espropriazione parziale è una procedura complessa che si verifica quando un’opera pubblica richiede solo una porzione di una proprietà privata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: l’indennizzo non deve limitarsi al valore della sola area sottratta, ma deve compensare anche il deprezzamento e il danno funzionale subiti dalla parte residua del bene. Questo caso, riguardante un’azienda agricola divisa in due dalla costruzione di un’autostrada, offre un’analisi dettagliata di come valutare il danno quando l’unità economica e funzionale della proprietà viene compromessa.

I Fatti del Caso

I proprietari di una vasta azienda agricola si sono opposti alla stima dell’indennità di espropriazione offerta dall’Ente Nazionale per le Strade per l’ammodernamento di un’autostrada. L’opera pubblica aveva di fatto diviso in due la loro proprietà, compromettendo gravemente l’operatività dell’azienda. In particolare, l’esproprio aveva distrutto l’impianto di irrigazione ad anello che serviva l’intero fondo, rendendo inservibili i pozzi essenziali per le colture. Inoltre, alcune particelle di terreno a nord dell’autostrada erano diventate di fatto intercluse, ovvero inaccessibili se non attraversando terreni ora di proprietà dell’ente espropriante.

La Decisione della Corte d’Appello

In secondo grado, la Corte d’Appello aveva respinto la richiesta dei proprietari di considerare il caso come espropriazione parziale. Secondo i giudici, i pozzi più importanti si trovavano tecnicamente al di fuori delle particelle espropriate; la loro occupazione era quindi un atto illecito da contestare in un separato giudizio per risarcimento danni, ma non influiva sul calcolo dell’indennità di esproprio. Per quanto riguarda l’interclusione dei terreni, la Corte aveva minimizzato il problema, sostenendo che l’ente stradale tollerava di fatto il passaggio dei proprietari e che la superficie residua era esigua.

L’Espropriazione Parziale e le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la decisione di merito, accogliendo le ragioni dei ricorrenti. I giudici supremi hanno sottolineato che la Corte d’Appello ha commesso un errore fondamentale nel non valutare la proprietà come un’unica entità economica e funzionale.

La Cassazione ha chiarito che per configurare un’espropriazione parziale non è rilevante dove si trovino fisicamente i singoli elementi (come i pozzi), ma il loro ruolo nel funzionamento complessivo del bene. L’azienda agricola era un unicum la cui produttività dipendeva interamente dal sistema di irrigazione che collegava tutte le sue parti. La distruzione di questo sistema, indipendentemente dal fatto che i pozzi fossero dentro o fuori l’area espropriata, ha causato un danno all’intera azienda, trasformandola da irrigua ad asciutta e determinando un crollo del suo valore.

Inoltre, la Corte ha rigettato l’argomentazione sulla “tolleranza” di passaggio. Un accesso precario, dipendente dalla mera benevolenza dell’ente e revocabile in ogni momento, non equivale a un diritto di passaggio legalmente costituito. L’interclusione era quindi reale e causava un oggettivo deprezzamento dei fondi residui, rendendoli di fatto inutilizzabili e invendibili.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per una nuova determinazione dell’indennizzo. Questa nuova valutazione dovrà basarsi sul principio fondamentale dell’espropriazione parziale: l’indennità deve essere calcolata come la differenza tra il valore che l’intera proprietà aveva prima dell’esproprio e il valore della sola parte residua dopo l’intervento, tenendo conto di ogni deprezzamento e perdita di funzionalità. Questa ordinanza rappresenta un importante punto di riferimento per tutti i casi in cui un’opera pubblica, pur occupando solo una parte di un fondo, ne compromette irrimediabilmente l’utilità e il valore complessivo.

Quando un’espropriazione si definisce “parziale”?
Si verifica quando l’espropriazione di una parte di un bene compromette l’unità economica e funzionale dell’intero immobile, causando un deprezzamento anche della porzione di proprietà che rimane al titolare.

L’indennizzo per espropriazione parziale copre solo il terreno sottratto?
No, la sentenza chiarisce che l’indennizzo deve coprire sia il valore della parte materialmente espropriata, sia la diminuzione di valore (deprezzamento) che la parte residua subisce a causa della divisione e della perdita di funzionalità.

La “tolleranza” di passaggio da parte dell’ente espropriante è sufficiente a escludere l’interclusione di un fondo?
No, la Corte ha stabilito che una mera tolleranza di passaggio, che può essere revocata in qualsiasi momento, non è sufficiente. L’accesso deve essere garantito da un titolo giuridico, come una servitù, per non considerare il fondo intercluso e svalutato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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