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Espromissione: quando la promessa verbale è vincolante

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di una figlia che aveva, secondo i giudici di merito, assunto il debito del padre verso una società fornitrice. La Corte ha rigettato il ricorso della donna, confermando che la sua promessa, comunicata anche via email, configurava una valida espromissione. L’ordinanza chiarisce che la valutazione delle prove, come le email e le testimonianze, è di competenza dei giudici di merito e non può essere ridiscussa in Cassazione proponendo una mera interpretazione alternativa. Inoltre, viene ribadito che la negazione dei fatti durante un interrogatorio formale non costituisce prova a favore di chi nega.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Espromissione: Quando la Parola di un Familiare Diventa un Debito

Può una semplice email o una promessa verbale, fatta per rassicurare il creditore di un familiare, trasformarsi in un’obbligazione giuridicamente vincolante? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6738/2024, ha fornito importanti chiarimenti sul concetto di espromissione, confermando che l’assunzione spontanea di un debito altrui non richiede forme sacramentali e può essere provata anche attraverso la corrispondenza e le testimonianze. Questo caso analizza la delicata linea di confine tra una rassicurazione morale e un impegno legale a pagare.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un debito di 85.000 euro che il titolare di un’azienda agricola aveva contratto con una società fornitrice di ortofrutta. A seguito della risoluzione del contratto, la società creditrice chiedeva la restituzione della somma. Nel corso delle trattative, la figlia del debitore interveniva attivamente, intrattenendo comunicazioni via email con la società. Il Tribunale prima, e la Corte d’Appello poi, ritenevano che, attraverso tali comunicazioni e altri comportamenti, la figlia avesse assunto personalmente l’obbligo di pagare il debito del padre, configurando un’espromissione ai sensi dell’art. 1272 del codice civile. Di conseguenza, veniva condannata al pagamento della somma.

I Motivi del Ricorso e la questione dell’espromissione

La donna proponeva ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Errata interpretazione delle email: Sosteneva che i giudici avessero interpretato in modo frammentario la sua corrispondenza, attribuendole un carattere impegnativo che non aveva. A suo dire, agiva solo per conto dell’azienda paterna e non intendeva obbligarsi personalmente.
2. Inattendibilità della prova testimoniale: Contestava il valore della testimonianza di un professionista (il commercialista delle società creditrici), ritenendola una mera espressione di sensazioni personali e non un resoconto oggettivo dei fatti.
3. Mancata valutazione dell’interrogatorio formale: Lamentava che la Corte d’Appello non avesse tenuto conto delle sue dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale, durante il quale aveva negato di aver mai assunto un impegno personale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e infondato, rigettando tutte le censure.

## Sull’interpretazione delle email e la configurazione dell’espromissione

La Corte ha chiarito che il ricorrente in Cassazione non può limitarsi a proporre una propria interpretazione delle prove (in questo caso, le email) diversa da quella accolta dal giudice di merito. È necessario, invece, dimostrare che il giudice abbia violato specifiche regole legali di interpretazione contrattuale. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva ritenuto, in modo non implausibile, che la figlia avesse agito in nome proprio. A sostegno di ciò, una frase specifica in un’email è risultata decisiva: “Il Suo credito è comunque garantito dalla parola dell’intera famiglia […], qualora qualcuno dovesse venire meno”. Questa affermazione è stata considerata una chiara assunzione di garanzia personale.

## Sulla valutazione delle prove testimoniali e dell’interrogatorio

Anche il secondo e il terzo motivo sono stati respinti. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione dell’attendibilità di un testimone è riservata al giudice del merito e non può essere sindacata in sede di legittimità, se non per vizi motivazionali gravi, qui non riscontrati. Inoltre, il testimone non si era limitato a esprimere opinioni, ma aveva riferito di un impegno personale assunto dalla ricorrente in sua presenza.
Infine, riguardo all’interrogatorio formale, la Cassazione ha spiegato la sua funzione: esso serve a provocare la confessione della parte interrogata, non a fornirle prove a suo favore. Se la parte nega le circostanze, come nel caso in esame, semplicemente non si forma la prova (la confessione), ma la sua negazione non costituisce una prova contraria. In sostanza, dall’interrogatorio formale una parte può solo subire un danno (se confessa) o, al più, rimanere nella stessa posizione processuale (se nega).

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce principi consolidati in materia di espromissione e di valutazione delle prove nel processo civile. La decisione insegna che l’assunzione di un debito altrui può avvenire anche in modo informale e che le comunicazioni scritte, sebbene non esplicitamente contrattuali, possono essere interpretate come un impegno vincolante. Inoltre, viene sottolineata la netta distinzione tra il giudizio di merito, dove le prove vengono liberamente apprezzate dal giudice, e il giudizio di legittimità, dove la Corte di Cassazione può intervenire solo in caso di violazione di legge o di vizi logici macroscopici, ma non per sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti.

Un’email o una promessa verbale possono creare un’obbligazione a pagare un debito altrui?
Sì. Secondo la Corte, l’espromissione, ovvero l’assunzione spontanea di un debito altrui, non richiede forme specifiche. Un’email in cui si garantisce il pagamento con la “parola dell’intera famiglia” può essere interpretata dal giudice come un impegno personale e giuridicamente vincolante.

La testimonianza di una persona legata professionalmente a una delle parti è automaticamente inattendibile?
No. La valutazione dell’attendibilità di un testimone è compito esclusivo del giudice di merito. Il fatto che un testimone abbia rapporti professionali con una delle parti non lo rende di per sé inattendibile; spetta al giudice ponderare la sua dichiarazione alla luce di tutte le altre prove disponibili.

Se una persona nega i fatti durante un interrogatorio formale, questo dimostra che non sono accaduti?
No. La Corte ha chiarito che l’interrogatorio formale serve per ottenere una confessione. Se la parte interrogata nega le circostanze su cui è chiamata a rispondere, semplicemente non si forma la prova della confessione. La sua negazione non costituisce una prova a suo favore, ma lascia la situazione probatoria inalterata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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