Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30515 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30515 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6251-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 7398/2021 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 21/09/2021 R.G.N. 30442/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Oggetto
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/09/2024
CC
RILEVATO CHE
COGNOME NOME impugna la sentenza n. 7398/2021 del Tribunale di Roma che ha respinto il suo ricorso in opposizione ad RAGIONE_SOCIALE ex art. 445bis, comma 6, cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. relativamente alla condanna al pagamento delle spese processuali e di CTU.
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 19 settembre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
L’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ.: parte ricorrente, richiamando la giurisprudenza di legittimità, evidenzia che nelle cause proposte in sede di accertamento tecnico preventivo il soccombente, che si trovi nelle condizioni indicate dal comma 11 dell’art. 42 del D.L. n.269/2003, non può essere condannato al pagamento delle spese di lite e di CTU.
Va, in primis , precisato che, nonostante il motivo censuri la sentenza in punto condanna al pagamento delle spese sia processuali che di CTU, nel dispositivo la ricorrente è stata
condannata al pagamento delle sole spese processuali e gli oneri di CTU sono stati posti a carico dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, laddove, viceversa, nella motivazione la condanna di parte attrice concerne il pagamento delle spese sia di lite che di consulenza, ‘vista l’assenza di dichiarazione reddituale’.
Posto che «nel rito speciale del lavoro, in caso di contrasto tra motivazione e dispositivo, deve attribuirsi prevalenza a quest’ultimo che, acquistando pubblicità con la lettura in udienza, cristallizza stabilmente la decisione assunta nella fattispecie concreta, mentre le enunciazioni della motivazione incompatibili con il dispositivo devono considerarsi come non apposte ed inidonee a costituire giudicato (cfr. Cass. 19/06/2002 n. 8912, 07/07/2003 n. 10653, 18/06/2004 n. 11432)» (Cass. n. 21618/2019 ex multis ), in ordine alle spese della consulenza d’ufficio difetta l’interesse a ricorrere, posto che delle stesse è stato onerato l’Istituto previdenziale.
Tanto premesso, relativamente alla condanna al pagamento delle spese processuali il motivo è fondato.
Parte ricorrente ha lamentato l’erroneità della decisione del Tribunale di Roma sulla base del fatto che la dichiarazione di esonero ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ. era stata inserita sia nel ricorso per RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che nel successivo ricorso in opposizione ex art. 445 bis, comma 6, cod. proc. civ. e che ad entrambi i ricorsi era allegata dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in cui la parte attestava di avere un reddito personale pari ad € 12.051,00 e si impegnava a comunicare variazioni, dichiarazione che è stata inserita come parte integrante del ricorso in cassazione.
Il motivo è stato prospettato in osservanza dei principi di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 e 369 cod.
proc. civ., nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso come interpretato dalle SSUU con sentenza n. 8950/2022, posto che riproduce i contenuti delle dichiarazioni di cui sopra, essenziali per consentire a questa Corte di legittimità di accogliere o rigettare il ricorso, previa mera verifica della veridicità di quanto affermato, e con il ricorso sono stati depositati gli atti contenenti le dette conclusioni, identificati quanto a collocazione nel fascicolo.
La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito (Cass. n. 16616/2018, n.16284/2011, ex multis ) che l’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo modificato dal D.L. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003, laddove richiede che la parte che versi nelle condizioni reddituali per beneficiare dell’esonero dagli oneri processuali in caso di soccombenza renda apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione, va interpretato nel senso che tale dichiarazione deve essere formulata con il ricorso introduttivo di primo grado ed esplica la sua efficacia, senza necessità di ulteriore reiterazione, anche nei gradi successivi (anche se l’evoluzione di tali condizioni non è indifferente, cosicché l’interessato deve dichiarare le variazioni che facciano venir meno le condizioni di esonero e, per converso, ove tali condizioni si concretizzino nel prosieguo del giudizio, può rendere, anche nei gradi successivi, apposita dichiarazione). Le condizioni minime formali per fruire dell’esonero sono state riconosciute anche nell’ipotesi in cui dei contenuti sopra indicati venga dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, ancorché la dichiarazione sottoscritta dalla parte personalmente sia materialmente redatta su foglio separato ed essa sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo.
Considerato che nel ricorso per RAGIONE_SOCIALE e nel successivo ricorso ex art. 445 bis, comma 6, cod. proc. civ., che la ricorrente in cassazione ha prodotto, è presente la dichiarazione, sottoscritta dalla parte, ai fini dell’art. 152 disp. att . cod. proc. civ., e che ad entrambi i ricorsi era stata allegata dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in cui la parte precisava di avere un reddito personale pari ad € 12.051,00, di essere divorziata dall’anno 2017 e senza assegno di mantenimento, e si impegnava a comunicare variazioni, va richiamata la giurisprudenza ormai consolidata con cui questa Corte ha evidenziato che, con le modifiche apportate all’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. dal d.l. n. 269/2003, non è stato imposto all’interessato di formulare la dichiarazione sostitutiva di certificazione secondo uno schema normativamente predeterminato, né è stato previsto l’utilizzo di rigide formule per la compilazione ( ex multis , Cass. n. 19887/2023, n. 11511/2024), e che dalla legge non è richiesto che venga allegata una separata dichiarazione reddituale -come, viceversa, preteso nella sentenza impugnata -(Cfr., ex multis, Cass. n. 11511/2024, n. 27443/2022, n. 16589/2022, n. 9412/2020), purchè la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali possegga, come nella specie, i connotati necessari (sottoscrizione, data certa, impegno a comunicare variazioni) (Cass. n. 19887/2023): l’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. «non impone alla parte ricorrente l’indicazione specifica dell’entità del reddito nella prescritta dichiarazione sostitutiva, in un’ottica di semplificazione delle condizioni di accesso alla tutela giurisdizionale, coerente con la “ratio” ispiratrice della disciplina di favorire l’effettivo accesso alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti, benchè diretta ad evitare e punire gli abusi (Cass. n. 24303/2016; Cass. n. 8478/2017)» (Cass. n. 36571/2022).
Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza va cassata in parte qua senza rinvio, poiché il Tribunale ha condannato parte ricorrente al pagamento delle spese di lite senza disporre, in concreto, del relativo potere, alla luce del tenore letterale del disposto dell’ art. 152 disp. att cod. proc. civ. in forza del quale, ‘nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte …non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari…’ : ancorché la statuizione sulle spese sia espressione di un potere del giudice officioso, essendo effetto automatico della proposizione della domanda giudiziale, laddove sia resa in mancanza del potere del giudice in concreto è riconducibile alla fattispecie dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 11511/2024, n. 23920/2023, n. 12454/2022).
Le spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, disponendosene la distrazione in favore del difensore della parte, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 1000,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, con distrazione in favore del difensore
dichiaratosi antistatario, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 19 settembre