Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30275 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30275 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11813-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 1143/2021 del TRIBUNALE di BENEVENTO, depositata il 26/10/2021 R.G.N. 520/2021;
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
COGNOME NOME impugna la sentenza n. 1143/2021 del Tribunale di Benevento, con cui è stata respinta la sua opposizione ad RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ed è stata pronunciata condanna al pagamento delle spese processuali in favore dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, sebbene il ricorrente avesse dichiarato di possedere un reddito familiare inferiore al limite previsto dall’art. 41, comma 11, del d.l. n. 269 del 2003.
Il ricorso è basato su un unico motivo.
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 19 settembre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.)
CONSIDERATO CHE
L’unico motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp att cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., relativamente alla condanna al pagamento delle spese processuali. Nullità della sentenza per carenza ed illogicità della motivazione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.’
Parte ricorrente, richiamando la giurisprudenza di legittimità, si duole che il Tribunale abbia violato il principio per cui nelle cause proposte in sede di accertamento tecnico preventivo il soccombente, che si trovi nelle condizioni indicate dal comma 11 dell’art. 42 del D.L. n.269/2003, non può essere condannato al pagamento delle spese di lite , pretendendo l’allegazione di una dichiarazione reddituale che la legge non richiede.
Il ricorso è fondato.
Parte ricorrente ha dedotto l’erroneità della decisione del Tribunale di Benevento sulla base del fatto che la dichiarazione di esonero ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., completa degli elementi necessari, era stata inserita sia nel ricorso per RAGIONE_SOCIALE che nel successivo ricorso in opposizione ex art. 445 bis, comma 6, cod. proc. civ.
Il motivo è stato prospettato in osservanza dei principi di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 e 369 cod. proc. civ., nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso come interpretato dalle SSUU con sentenza n. 8950/2022, poiché riproduce i contenuti delle dichiarazioni di cui sopra, essenziali per consentire a questa Corte di legittimità di accogliere o rigettare il ricorso, previa mera verifica della veridicità di quanto affermato, e sono stati depositati gli atti contenenti le dette conclusioni, identificati quanto a collocazione nel fascicolo.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito ( ex multis , Cass. n.16284/2011; n. 16616/2018) che l’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo modificato dal D.L. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003, laddove richiede che la parte che versi nelle condizioni reddituali per beneficiare dell’esonero dagli oneri processuali in caso di
soccombenza renda apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione, va interpretato nel senso che tale dichiarazione deve essere formulata con il ricorso introduttivo di primo grado ed esplica la sua efficacia, senza necessità di ulteriore reiterazione, anche nei gradi successivi (anche se l’evoluzione di tali condizioni non è indifferente, cosicché l’interessato deve dichiarare le variazioni che facciano venir meno le condizioni di esonero e, per converso, ove tali condizioni si siano concretizzate nel prosieguo del giudizio, può rendere, anche nei gradi successivi, apposita dichiarazione). Le condizioni minime formali per fruire dell’esonero, poi, sono state riconosciute anche nell’ipotesi in cui dei contenuti sopra indicati venga dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, ancorché la dichiarazione sottoscritta dalla parte personalmente sia materialmente redatta su foglio separato ed essa sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo.
Considerato che nel ricorso per RAGIONE_SOCIALE e nel successivo ricorso in opposizione, che il ricorrente in cassazione ha prodotto, è presente la dichiarazione, sottoscritta dalla parte, ai fini dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., va richiamata la giurisprudenza ormai consolidata con cui questa Corte ha evidenziato che con le modifiche apportate all’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. dal d.l. n. 269/2003 non è stato imposto all’interessato di formulare la dichiarazione sostitutiva di certificazione secondo uno schema normativamente predeterminato, né è stato previsto l’utilizzo di rigide formule per la compilazione ( ex multis , Cass. n. 19887/2023, n. 11511/2024), e che dalla legge non è richiesto che venga allegata una separata dichiarazione reddituale -come, viceversa, preteso nella sentenza impugnata -(Cfr. ex multis Cass. n. 11511/2024, nn. 9412/2020, 16589/2022,
27443/2022), purchè la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali possegga, come nella specie, i connotati necessari (sottoscrizione personale della parte, data certa, impegno a comunicare variazioni) (Cass. n. 19887/2023): l’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. «non impone alla parte ricorrente l’indicazione specifica dell’entità del reddito nella prescritta dichiarazione sostitutiva, in un’ottica di semplificazione delle condizioni di accesso alla tutela giurisdizionale, coerente con la “ratio” ispiratrice della disciplina di favorire l’effettivo accesso alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti, benchè diretta ad evitare e punire gli abusi (Cass. n. 24303/2016; Cass. n. 8478/2017)» (Cass. n. 36571/2022).
Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza va cassata in parte qua senza rinvio, poiché il Tribunale ha condannato parte ricorrente al pagamento delle spese di lite senza disporre, in concreto, del relativo potere, alla luce del tenore letterale del disposto dell’art. 152 disp. att cod. proc. civ. in forza del quale, ‘ne i giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte …non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari…’: ancorché la statuizione sulle spese sia espressione di un potere del giudice officioso, essendo effetto automatico della proposizione della domanda giudiziale, laddove sia resa in mancanza del potere del giudice in concreto è riconducibile alla fattispecie dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 11511/2024, n. 23920/2023, n. 12454/2022).
Le spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, disponendosene la distrazione in favore del difensore della parte, dichiaratosi antistatario.
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €1400,00 per compensi professionali ed €200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 19 settembre