LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Esonero contributivo: esteso a docenti precarie

Una docente con contratto a tempo determinato e madre di tre figli si è vista negare l’esonero contributivo previsto dalla L. 213/2023, riservato per legge ai soli lavoratori a tempo indeterminato. Il Tribunale di Torino ha accolto il suo ricorso, stabilendo che tale esclusione costituisce una discriminazione vietata dal diritto dell’Unione Europea. Di conseguenza, il giudice ha disapplicato la norma nazionale, riconoscendo il diritto della lavoratrice a beneficiare dell’esonero e condannando l’amministrazione alla restituzione delle somme trattenute.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Esonero Contributivo: Spetta Anche alle Madri con Contratto a Termine

Una recente sentenza del Tribunale del Lavoro di Torino ha stabilito un principio di fondamentale importanza: l’esonero contributivo per le madri lavoratrici, noto anche come “bonus mamme”, deve essere esteso anche alle dipendenti con contratto a tempo determinato. Questa decisione interviene disapplicando la normativa nazionale che limitava il beneficio alle sole lavoratrici assunte a tempo indeterminato, in quanto ritenuta discriminatoria e contraria al diritto dell’Unione Europea.

I Fatti del Caso

Il caso ha visto come protagonista una docente di scuola superiore, madre di tre figli minori di dieci anni, impiegata con un contratto a tempo determinato per l’anno scolastico 2023/2024. La lavoratrice aveva richiesto di poter usufruire dell’esonero dal versamento della quota di contributi previdenziali a suo carico, previsto dalla Legge di Bilancio 2024 (L. 213/2023). Tale beneficio, che può arrivare fino a 3.000 euro annui, era stato però negato dall’amministrazione scolastica, in quanto la legge lo riservava esplicitamente alle lavoratrici con contratto a tempo indeterminato.

Ritenendo tale esclusione una forma di discriminazione illegittima, la docente ha adito il Tribunale del Lavoro, sostenendo che la norma nazionale violasse il principio di non discriminazione sancito dalla Direttiva europea 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato.

Esonero Contributivo e Principio di Non Discriminazione Europeo

La difesa dell’amministrazione convenuta si basava su una lettura letterale della norma, sostenendo che il legislatore avesse volutamente limitato il beneficio per ragioni oggettive legate alla stabilità del rapporto di lavoro. Inoltre, eccepiva che l’esonero non potesse essere considerato una “condizione di impiego” ai sensi della normativa europea, ma un mero beneficio di natura previdenziale.

Il Tribunale ha respinto completamente questa linea difensiva. Richiamando consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il giudice ha chiarito che il concetto di “condizioni di impiego” deve essere interpretato in senso ampio. Qualsiasi beneficio che incida direttamente sulla retribuzione del lavoratore, come nel caso dell’esonero che aumenta lo stipendio netto, rientra a pieno titolo in tale nozione.

Di conseguenza, trattare in modo diverso i lavoratori a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato riguardo a tale beneficio, senza una valida ragione oggettiva, costituisce una violazione del divieto di discriminazione previsto dalla clausola 4 dell’accordo quadro europeo.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della sentenza risiede nel potere del giudice nazionale di disapplicare la legge interna in contrasto con il diritto dell’Unione Europea. Il Tribunale ha affermato che la norma italiana, limitando l’esonero contributivo alle sole lavoratrici a tempo indeterminato, crea una disparità di trattamento ingiustificata.

Il giudice ha specificato che l’esonero, pur avendo una finalità di sostegno alla famiglia, si realizza attraverso una modifica diretta della busta paga, configurandosi come un vero e proprio “supplemento retributivo”. La sua negazione sulla base della sola tipologia contrattuale è quindi palesemente discriminatoria.

Il Tribunale ha pertanto disapplicato i commi 180 e 181 dell’art. 1 della L. 213/2023 nella parte in cui escludono le lavoratrici a tempo determinato. Ha quindi accertato il diritto della ricorrente a fruire del beneficio per tutto il periodo lavorato nel 2024 e ha condannato l’amministrazione a restituirle le somme indebitamente trattenute a titolo di contributi previdenziali, nel limite massimo di 3.000 euro annui.

Conclusioni

Questa pronuncia rappresenta un importante precedente per tutte le lavoratrici madri con contratto a termine. Essa ribadisce con forza la supremazia del diritto europeo e del principio di non discriminazione sulla normativa nazionale. La decisione chiarisce che i benefici economici legati al rapporto di lavoro non possono essere usati come strumento per creare distinzioni basate sulla natura, a termine o indeterminata, del contratto. Per le lavoratrici precarie, si apre così la strada per rivendicare un diritto che mira a sostenere la genitorialità e che, secondo i giudici, deve essere garantito in modo equo a tutte.

L’esonero contributivo per le madri lavoratrici spetta anche a chi ha un contratto a tempo determinato?
Sì. Secondo questa sentenza, escludere le lavoratrici a tempo determinato è discriminatorio e contrario al diritto dell’Unione Europea. Pertanto, il giudice ha disapplicato la norma nazionale che limitava il beneficio alle sole lavoratrici a tempo indeterminato.

Perché la legge nazionale è stata “disapplicata” dal giudice?
Il giudice ha disapplicato la legge italiana perché ha ritenuto che fosse in contrasto con un principio fondamentale del diritto dell’Unione Europea (Direttiva 1999/70/CE), ovvero il divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a tempo determinato riguardo alle “condizioni di impiego”.

L’esonero contributivo è considerato parte della retribuzione?
Sì. La sentenza stabilisce che l’esonero, riducendo le trattenute in busta paga, comporta un aumento della retribuzione netta. Per questo motivo, rientra a pieno titolo nelle “condizioni di impiego” tutelate dalla normativa europea contro la discriminazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati