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Esimente art 598: quando l’offesa in giudizio non è reato

Un professionista ha citato in giudizio un ospedale e il suo avvocato per un presunto danno alla reputazione, causato da un documento prodotto in un precedente processo. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, confermando l’applicazione dell’esimente art. 598 c.p. Questa norma protegge le parti e i difensori da accuse di diffamazione per scritti e discorsi pronunciati in un procedimento, a condizione che le espressioni siano pertinenti all’oggetto della causa. La Corte ha chiarito che tale valutazione di pertinenza deve essere effettuata “ex ante”, cioè al momento della produzione dell’atto, e non in base alla sua successiva valutazione di decisività da parte del giudice.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Esimente Art. 598 c.p.: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Difesa in Giudizio

Nell’ambito di un procedimento legale, fino a che punto possono spingersi le affermazioni di una parte o del suo avvocato senza incorrere in responsabilità per diffamazione? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata su questo tema delicato, offrendo chiarimenti fondamentali sull’applicazione dell’esimente art. 598 del codice penale, la norma che garantisce una speciale immunità per le espressioni utilizzate in giudizio. La decisione sottolinea un principio cruciale: la valutazione della pertinenza delle affermazioni deve essere fatta ex ante, cioè dal punto di vista di chi le ha formulate al momento della difesa.

I Fatti del Caso: una Nota Controversa in Tribunale

La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento per danni all’immagine, alla reputazione e all’onore avanzata da un professionista. Quest’ultimo lamentava che, nel corso di un precedente giudizio amministrativo, il difensore di un Policlinico avesse prodotto una nota a suo dire gravemente diffamatoria e del tutto estranea all’oggetto della causa.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda, ritenendo che la produzione del documento rientrasse nel legittimo esercizio del diritto di difesa. Il professionista, non soddisfatto, ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che i giudici di merito avessero errato nel non considerare la natura diffamatoria e l’impertinenza della nota prodotta.

L’Applicazione dell’Esimente Art. 598 e la Decisione della Cassazione

Il cuore della questione giuridica ruota attorno all’interpretazione e all’applicazione dell’esimente art. 598 c.p. Questa norma stabilisce che non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro difensori in un procedimento dinanzi all’Autorità Giudiziaria, quando le offese concernono l’oggetto della causa.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito e fornendo importanti principi interpretativi.

La Valutazione “Ex Ante” della Pertinenza

Il punto centrale della motivazione della Cassazione riguarda il criterio con cui valutare la pertinenza delle espressioni potenzialmente offensive. Il ricorrente sosteneva che, poiché il giudice amministrativo aveva poi ritenuto quella nota irrilevante, la sua produzione non poteva essere protetta dall’esimente.

La Corte ha respinto questa tesi, affermando un principio consolidato: la valutazione deve essere condotta ex ante, non ex post. Ciò significa che, per stabilire se l’esimente si applichi, non bisogna guardare alla decisione finale del giudice sull’utilità del documento, ma bisogna porsi nella prospettiva della parte che lo ha prodotto al momento della sua difesa. Rileva l’intenzione del soggetto e la funzionalità dell’atto rispetto alla tesi difensiva che intendeva sostenere in quel momento. Escludere l’esimente ogni volta che un documento viene giudicato irrilevante svuoterebbe la norma della sua funzione di garanzia del diritto di difesa.

La Questione delle Spese Legali e il Principio di Causazione

Un altro motivo di ricorso riguardava la condanna del ricorrente a pagare le spese legali sostenute dalla compagnia di assicurazione, chiamata in causa da uno dei convenuti. Il ricorrente riteneva ingiusta tale condanna, non avendo egli proposto alcuna domanda diretta contro l’assicurazione.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto al ricorrente. La Corte ha applicato il cosiddetto “principio di causazione”: se la chiamata in causa di un terzo (l’assicurazione) si è resa necessaria a causa della domanda proposta dall’attore e tale domanda risulta infondata, è giusto che l’attore si faccia carico di tutte le spese processuali che ha indirettamente generato, comprese quelle del terzo chiamato.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto inammissibili o infondati tutti e cinque i motivi di ricorso. In particolare, ha specificato che le argomentazioni legali di un avvocato in un atto difensivo non possono essere qualificate come confessioni su fatti. Ha inoltre ribadito che la valutazione sull’applicazione dell’esimente prevista dall’art. 598 c.p. si basa sulla sussistenza di due condizioni: le espressioni offensive devono attenere in modo diretto e immediato all’oggetto della controversia e devono avere rilevanza funzionale per le argomentazioni difensive. La Corte d’Appello aveva correttamente applicato questo principio, procedendo a un apprezzamento dei fatti che non è sindacabile in sede di legittimità. Infine, i motivi relativi alla condanna alle spese sono stati rigettati in applicazione dei consolidati principi di soccombenza e causazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione rafforza la tutela del diritto di difesa, chiarendo che la libertà espressiva nell’ambito di un processo è ampia. La scriminante dell’esimente art. 598 c.p. opera sulla base di una valutazione di pertinenza funzionale da effettuarsi ex ante, proteggendo la parte e il suo difensore anche quando gli argomenti o i documenti prodotti vengano successivamente ritenuti non decisivi dal giudice. La decisione offre anche un importante monito sul fronte delle spese legali: chi intraprende un’azione legale deve essere consapevole che, in caso di sconfitta, potrebbe essere chiamato a rimborsare non solo le spese della controparte diretta, ma anche quelle dei terzi la cui partecipazione al processo è stata resa necessaria dalla sua iniziativa.

Quando si applica la giustificazione (esimente) prevista dall’art. 598 del codice penale per le offese in scritti giudiziari?
La giustificazione si applica a due condizioni: le espressioni offensive devono essere direttamente e immediatamente collegate all’oggetto della controversia e devono avere una rilevanza funzionale per le argomentazioni difensive. La valutazione di questi requisiti va fatta con un criterio ex ante, cioè al momento della produzione dell’atto difensivo.

Chi paga le spese del terzo chiamato in garanzia se la domanda dell’attore viene rigettata?
In base al principio di causazione, le spese del terzo chiamato in garanzia sono a carico dell’attore la cui domanda, risultata infondata, ha reso necessaria la chiamata in causa. Questo vale anche se l’attore non ha proposto alcuna domanda diretta nei confronti del terzo.

La valutazione sull’utilità di un documento ai fini dell’esimente deve essere fatta al momento della sua produzione in giudizio o alla fine del processo?
La valutazione deve essere fatta ex ante, ovvero al momento della produzione del documento. Ciò che conta non è la successiva decisione del giudice sulla sua effettiva decisività (ex post), ma la potenziale funzionalità dell’atto alla strategia difensiva nel momento in cui è stato presentato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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