Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23459 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23459 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2193/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale EMAIL -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con rispettivo domicilio digitale ; ;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1170/2019 depositata il 07/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Palermo con la sentenza n. 1170 depositata il 7 giugno 2019 ha respinto il gravame proposto in via principale dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE nei confronti della pronuncia del Tribunale di Palermo che, in accoglimento dell’opposizione avanzata dall’RAGIONE_SOCIALE aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso nel 2012 su istanza del medesimo Consorzio per il pagamento di euro 32.413.525,77 oltre accessori, quale corrispettivo parziale del contratto di appalto stipulato il 6 giugno 2006 ed avente come oggetto principale ‘l’affidamento della progettazione esecutiva e della realizzazione di tre linee ferroviarie denominate Roccella, INDIRIZZO, Cep-Calatafimi”, con compensazione delle spese di lite.
Con l’impugnazione il Consorzio aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado e, nel merito, la condanna dell’appellata al pagamento della somma di euro 2.056.857,26 ‘attualizzata con gli interessi di mora alla data dell’effettivo soddisfo’. In subordine era stata chiesta la condanna della controparte al pagamento di una somma minore.
La Corte d’appello aveva respinto i tre motivi del gravame principale riguardanti la non esigibilità del credito (1), la mancata determinazione dell’importo del credito residuo del Consorzio (2) e la mancata condanna al pagamento degli interessi dal dovuto al saldo (3).
3.1. Con riguardo al primo motivo la Corte territoriale aveva osservato che, al momento della proposizione della domanda di adempimento, il Consorzio appellante non aveva il diritto di agire per il pagamento dei menzionati lavori, riguardanti opere extra contratto richieste espressamente dal direttore dei lavori e dal responsabile del procedimento, in quanto mancava l’apposita perizia di variante approvata, così come previsto dal regolamentazione contrattuale in relazione alle varianti e lavori aggiuntivi definiti da RAGIONE_SOCIALE. La circostanza che tale approvazione del progetto esecutivo fosse stata deliberata dalla Giunta comunale di Palermo in data 16 settembre 2013 confermava che al momento della domanda, nel 2012, il credito non era ancora esigibile.
3.2. Con riguardo al secondo motivo, relativo alla domanda di condanna al pagamento di euro 291.417,92 la Corte territoriale evidenziava come il Consorzio non aveva specificato a quali lavorazioni si riferissero le somme non versate dalla stazione appaltante in quanto il Consorzio non aveva indicato se le opere in questione fossero relative a lavori eseguiti, prima, extra-contratto e, poi, inseriti nella perizia di variante, ovvero a lavori contrattuali.
3.3. In ogni caso la Corte territoriale evidenziava che dagli atti difensivi delle parti risultava che la somma residua ancora dovuta al Consorzio era stata poi pagata successivamente alla sentenza di primo grado.
3.4. Con riguardo al terzo motivo la Corte distrettuale osservava che la domanda non poteva essere accolta in ragione della mancanza di prova degli elementi essenziali per procedere alla determinazione degli interessi richiesti, che neppure con la richiesta ctu avrebbero potuto accertarsi.
La cassazione della sentenza d’appello è chiesta dal Consorzio con ricorso affidato a sei motivi illustrati da memoria, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.) la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1399 cod. civ. in relazione alle previsioni dettate in tema di perizia di variante ex art. 36 del capitolato speciale d’appalto, richiamato nell’articolo 1 del contratto tra le parti per non avere considerato che l’approvazione della perizia di variante avvenuta in corso di causa aveva efficacia retroattiva e dava così diritto al pagamento degli interessi maturati.
5.1. La doglianza è inammissibile perché non si confronta con le considerazioni svolte dalla Corte territoriale per confermare sul punto la decisione di prime cure di inesigibilità del credito al momento della proposizione della domanda di adempimento nel 2012, a fronte dell’approvazione del progetto esecutivo in variante e suppletivo intervenuta solo con la deliberazione del 16 settembre 2013. Il credito peraltro è stato quasi completamente saldato durante il processo di primo grado ed il residuo, precisa la Corte d’appello, è stato pagato dopo la sentenza di primo grado.
Con il secondo motivo si deduce (in relazione all’articolo 360 comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112,167,189,643 e 653 cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale limitato il proprio giudizio alla verifica dei presupposti del provvedimento monitorio senza considerare che una volta emersa la ratifica, il credito doveva essere considerato esigibile, con conseguente condanna della appellata al pagamento degli interessi.
6.1. Anche il secondo motivo è inammissibile.
6.2. La Corte territoriale ha rigettato il gravame per mancata specificazione delle allegazioni e prove giustificative del richiesto pagamento (cfr. pag. 9 e 10 della sentenza d’appello). Tale motivazione non è attinta dal motivo, articolato nel richiamo alle conclusioni già svolte nei precedenti gradi senza correlazione con la ratio decidendi del rigetto sul punto.
Con il terzo motivo si deduce (in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4 cod. proc. civ.) la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. per avere la Corte territoriale con una motivazione sostanzialmente apparente confutato gli assunti di parte appellante in merito ai pretesi ritardi nella redazione della perizia di variante.
7.1. La censura è infondata.
7.2. Premesso che la motivazione è apparente quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. 6758/2022) e, segnatamente, anche quando sia basata su una affermazione generale e astratta (Cass. 4166/2024), la Corte territoriale ha argomentato, sia in fatto che in diritto, e comunque oltre il minimo costituzionale ed in termini non apparenti, le ragioni che sorreggono la conclusione sfavorevole sul punto: la mancanza, al momento della domanda giudiziale dell’apposita perizia di variante approvata secondo quanto previsto dall’art. 36.2. del contratto concernente ‘varianti e lavori aggiuntivi definiti da RAGIONE_SOCIALE‘, la redazione tardiva del progetto esecutivo, presentato a circa tre anni dall’inizio dei lavori, e irrilevanza dell’assunto che nel contratto e nel capitolato speciale di appalto non fosse espressamente indicato alcun termine per la consegna del progetto esecutivo.
Con il quarto motivo si censura (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc civ.) la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 645 seguenti del codice di rito per avere erroneamente affermato che il Consorzio aveva chiesto gli interessi genericamente dal dovuto, quando al contrario ne aveva esplicitamente precisato il decorso.
8.1. La censura è inammissibile per difetto di specificità. Nel censurare il relativo capo di appello il ricorrente si limita a fornire un elenco compendiato in due tabelle ( cfr. pag. 37 e 39 del ricorso) che si riferiscono all’epoca in cui sono state disposte le lavorazioni extracontratto, il che una volta ribadita l’inesigibilità originaria del credito perché quei lavori non erano stati disposti in conformità a perizie di varianti, esclude che la decorrenza degli interessi potesse farsi risalire in allora, ma neppure consente di stabilirne diversamente la decorrenza.
Con il quinto motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.) la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 3 del d.lgs. 31/2002 per non avere considerato come fatto non contestato da RAGIONE_SOCIALE l’ammontare degli interessi indicati in giudizio dal consorzio.
9.1. La censura è inammissibile, sia per difetto di specificità, sia per mancata correlazione con la motivazione della sentenza impugnata.
9.2. In primo luogo, ed ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui viene dedotta la violazione del principio di non contestazione deve indicare sia la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, inserendo nell’atto la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, sia, specificamente, il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori scritti difensivi, in modo da consentire alla Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (Cass. 15058/2024).
Il ricorrente non ha assolto tale onere.
9.3. In secondo luogo, come osservato dalla controricorrente e come già osservato nel contesto del quarto motivo, la Corte territoriale ha ritenuto non assolto l’onere di allegazione degli
elementi essenziali per procedere alla determinazione degli interessi richiesti ed il motivo non si confronta con questa statuizione.
10. Con il sesto motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione degli articoli 1224, 1282 1284 cod. civ. e artt. 3, 4 e 5 d.lgs. 231/2002 in tema di ritardato pagamento poiché gli elementi sostanziali della domanda di pagamento degli interessi, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, erano stati allegati enunciando dettagliatamente il credito e deducendo il mancato pagamento; inoltre, dopo i versamenti ricevuti in corso di causa, era stato invocato il ritardo nella loro esecuzione rispetto alle originarie scadenze.
10.1. La censura è inammissibile perché, diversamente dall’allegazione della violazione di legge, mira ad una rivalutazione in fatto della decisione impugnata, insindacabile da questa Corte nei termini formulati ( Cass. 5987/2021; id. 16056/2016).
Conclusivamente il ricorso è rigettato.
In applicazione del principio della soccombenza parte ricorrente è condannata alla rifusione delle spese di lite a favore della parte controricorrente e liquidate come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate in euro 18.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione civile,