Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20530 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20530 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11683-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE MILANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1626/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/10/2018 R.G.N. 344/2018;
Oggetto
Disoccupazione
– esenzione ticket sanitario – straniero
R.G.N. 11683/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 28/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO CHE
1. La Corte d’appello di Milano ha parzialmente riformato la pronuncia di primo grado di rigetto del ricorso proposto da NOME COGNOME volto ad accertare il proprio diritto alla esenzione dal contributo di partecipazione alla spesa sanitaria (ticket sanitario EO2) di cui all’art. 8, comma 16, L. 537/93, con conseguente condanna al suo riconoscimento da parte dell’Agenzia di Tutela della Salute (RAGIONE_SOCIALE) della Città Metropolitana di Milano e dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (RAGIONE_SOCIALE) Rhodense, ed altresì con condanna della RAGIONE_SOCIALE a restituire la somma di € 94,90 oltre interessi, pagata per prestazioni non esentate dal ticket sanitario.
La Corte territoriale, respinta la questione di giurisdizione riproposta in appello dalla RAGIONE_SOCIALE Milano, ha riconosciuto il diritto del richiedente, straniero richiedente asilo, privo di impiego e che aveva dichiarato l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa durante il periodo in cui aveva chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno già concessogli il 21/6/2016 per i primi sei mesi di permanenza in Italia, alla fruizione della esenzione del contributo alla spesa sanitaria, negatagli in prime cure, perché non poteva essere considerato ‘disoccupato’, tale intendendosi colui che ha perso una precedente occupazione, in tal modo attenendosi il primo giudice ad un’interpretazione restrittiva della norma riferita ai disoccupati (che hanno perso l’occupazione) e non agli
inoccupati (che non sono mai stati occupati). Ed invece, accogliendo la tesi dell’appellante, questi rientrava nella definizione di disoccupato prevista dall’art. 19, primo e secondo comma, del D.lgs. 150/2015 (‘sono considerati disoccupati i lavoratori pr ivi di impiego’ che dichiarano in forma telematica la propria disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa), senza alcun rilievo dell’eventuale requisito reddituale previsto ai fini esentativi ai sensi dell’art. 8, comma 16, L. 537/97, per assenza di contestazione sul punto, con l’ulteriore precisazione che al suo stato di ‘non occupazione’ era egualmente riferita anche la disposizione di cui all’art. 19, comma 7, del citato D.lgs. in tema di applicazione della disciplina nazionale, regionale o regolamentare comunale, che condiziona le prestazioni di carattere sociale alla sussistenza dello stato di disoccupazione. In sostanza, la Corte d’appello ha riconosciuto che la fruizione delle prestazioni di carattere sociale, fra le quali rientra anche l’es enzione ticket, resta vincolata esclusivamente alla condizione di non occupazione, soluzione interpretativa avallata anche dalla circolare n. 5090/2016 del Ministero del Lavoro. In tal modo non si verterebbe in un’interpretazione estensiva dell’art. 8, com ma 16, L. 537/93 ma in una disciplina coordinata con quella di cui all’art. 19 D.lgs 150/15.
Al riconoscimento del diritto all’esenzione dal contributo alla spesa sanitaria faceva tuttavia seguito il rigetto della domanda di restituzione della somma versata all’A.RAGIONE_SOCIALE Fatebenefratelli -Sacco per le prestazioni mediche usufruite, avendo il richiedente ammesso che il pagamento era stato effettuato nel suo interesse da un Centro di Accoglienza di Corsico ove era all’epoca ospitato, in difetto di allegazioni sul titolo e sulle circostanze del pagamento.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione l’Agenzia della Tutela Salute di Milano articolando cinque motivi, ai quali NOME ha resistito con controricorso illustrato con successive memorie depositate prima dell’udienza.
Il PG ha depositato la propria requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso, tenuto conto che nella nozione di disoccupati sono inclusi i soggetti privi di impiego, e che gli stranieri in protezione internazionale hanno la stessa tutela dei cit tadini, come previsto dall’art. 21 D.lgs 142/15, di recepimento della direttiva 2013/33/UE, sull’accesso alle prestazioni sanitarie.
Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio e, all’esito, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
CONSIDERATO CHE
1.Nel primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione del D.lgs. 150 del 2015 in relazione all’art. 8 comma 16 della L.537/93, avendo errato la sentenza impugnata nel riferire il contenuto della prima norma, dettata in tema di riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, alla disposizione esentativa dalla partecipazione della spesa sanitaria di cui alla seconda norma; si tratterebbe di due ambiti normativi distinti, ed in particolare l’art.19 D.lgs. 150/2015 nel ritenere che ‘ sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano la propria immediata disponibilità allo svolgimento dell’attività lavorativa ‘, sottenderebbe la consapevolezza del legisl atore di operare una sintesi di condizioni per l’applicazione delle
disposizioni riportate nel medesimo testo normativo. Il giudice di appello avrebbe quindi errato nel ritenere che il citato articolo 19 fornisca una definizione di ‘disoccupati’, introducendo invece la norma un raggruppamento atecnico, al solo scopo di riordinare la normativa in materia di servizi per il lavoro e politiche attive.
Con il secondo motivo l’Agenzia per la Tutela e la Salute deduce la violazione e la falsa applicazione del D.lgs.150/15 in relazione all’art. 8, comma 16, L.537/93 per la ritenuta applicazione estensiva della disposizione sull’esenzione dal pagamento del contributo alla spesa sanitaria; la norma di esenzione ticket è norma speciale di stretta interpretazione, non analogica, né estensiva, in quanto introduce una deroga alla compartecipazione alla spesa sanitaria che comporterebbe un incremento della spesa pubblica da considerare ai sensi dell’art. 81 Cost., e la cui disciplina è rimessa alla legislazione esclusiva statale, in forza dell’art. 117 Cost. sulla tutela dei livelli essenziali di assistenza. La sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere che nella fattispecie operi non un’interpretazione ultra legem dell’art. 8, comma 16, della L.537/1993, ma soltanto abbia dato rilievo alla disciplina dal sopravvenuto art. 19, comma 7, del D.lgs.150/2015, risolvendosi in tal modo la questione in ‘una interpretazi one sistematica che tenga conto dell’intervenuto mutamento del quadro normativo’; dietro tale motivazione si celerebbe un ‘ interpretazione estensiva, non consentita, della disposizione applicata, non ricorrendo condizioni di identità fra le nozioni di disoccupato e di inoccupato. Ed inoltre, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 187/2012, ha specificato che le misure di com partecipazione ai costi dell’assistenza attengono sia ai livelli essenziali delle prestazioni -la cui determinazione è riservata
alla potestà legislativa statale esclusiva-, sia al coordinamento della finanza pubblica ed alla tutela della salute -oggetto di potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni-.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del D.lgs. 150/15 in relazione all’art. 8, comma 16, della L.537/93 e carenza di motivazione. La Corte territoriale non avrebbe considerato che la estensione agli inoccupati del le disposizioni sul diritto all’esenzione riconosciuto ai disoccupati si pone in contrasto con le note del Ministero della Salute n.14576 del 15/5/2015 e del Ministero del Lavoro n.5090 del 4/4/2016: la prima richiama un’interpretazione dell’Ufficio second o la quale il legislatore farebbe riferimento alle sole norme preesistenti che condizionano prestazioni di carattere sociale; nella seconda si evidenzia, inoltre, che le Aziende Sanitarie debbano tener conto della intervenuta modifica normativa ai fini del l’attribuzione di prestazioni di carattere sociale.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del D.lgs. 150/15 in relazione art. 8 comma 16 della L.537/93 per avere il giudice d’appello ritenuto l’esenzione dal pagamento del ticket come una prestazione sociale anziché sanitaria, a fronte di un diritto alla salute che, pur nella sua assolutezza, si presenta come un diritto finanziariamente condizionato, bilanciato con scelte di finanza pubblica ed oneri a carico dello Stato.
Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del D.lgs. 142/15 di attuazione della direttiva 2013/33/UE, laddove l’art. 21 del citato D.lgs. prevede che i richiedenti abbiano accesso alla assistenza sanitaria secondo quanto previsto dall’art. 34 del D.lgs. n. 286/1998 , in forza del
quale gli stranieri regolarmente soggiornanti hanno l’obbligo di iscrizione al SSN ed hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all’obbligo contributivo ed all’assistenza erogata in Italia dal SSN. Il legislatore non avrebbe comunque riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia una tutela più estesa di quella riconosciuta ai cittadini italiani ma la stessa tutela e protezioni in ambito sanitario, sicché sarebbe er ronea, anche sotto questo profilo, l’impugnata pronuncia che non garantisce la stessa tutela.
Nel controricorso la parte privata riporta di aver goduto di esenzioni per il primo semestre giugno-dicembre del 2016 e non vi sarebbe alcun fondamento normativo alla non rinnovabilità della esenzione; rammenta inoltre che i costi delle tre prestazioni sono stati anticipati dal centro di accoglienza, ed evidenzia l’irrilevanza della distinzione fra disoccupati e inoccupati per l’esenzione ticket perché all’epoca della introduzione della Legge 537/93 la parola ‘inoccupato’ ancora non era presente nell’ord inamento nazionale, essendo stata introdotta soltanto nell’anno 2000. Lamenta, quindi, l’infondatezza dei motivi di ricorso, sostenendo la natura interpretativa più che innovativa delle disposizioni del 2015. Riguardo all’estensione legislativa della tutel a, il Ministero della Salute si era espresso in termini dubitativi e tuttavia l’esenzione è una prestazione di carattere sociale, e lo Stato italiano, in sede di recepimento della Direttiva UE non aveva previsto una deroga alla condizione di sufficienza ec onomica per l’accesso alle prestazioni sanitarie da parte dei richiedenti protezione internazionale.
Nelle sue memorie illustrative il controricorrente produce documentazione illustrativa delle recenti aperture in sede amministrativa e giurisprudenziale sul tema di esenzione ticket per i disoccupati indipendentemente dall’esistenza di un pregresso rapporto di lavoro (delibera Regione Lombardia n.17/2024), sul tema della natura discriminatoria del rigetto della richiesta di esenzione per tutti i residenti della Regione Lombardia disoccupati che non superino condizioni di reddito ed indipendentemente dalla perdita di un pregresso lavoro (sent. CdA Milano 546/23 passata in giudicato di rigetto dell’appello dell’ente regionale avverso la pronuncia favorevole al ricorso presentato da RAGIONE_SOCIALE, e sul tema della definizione di disoccupato ai fini del D.lgs. n. 181/2000 (come da parere del Consiglio di Stato del 23/3/2022). Precisa, infine, di aver richiesto l’accertamento del diritto all’esenzione finché è durato lo stato di disoccupazione e rileva, inoltre, che non v’è alcun interesse concreto di ATS di Milano ad appellare in assenza di pronuncia di rimborso spese a suo carico.
3. Il ricorso è infondato.
I motivi possono essere trattati congiuntamente per l’intima correlazione delle questioni di diritto che reciprocamente coinvolgono diversi settori normativi dell’ordinamento. Un’ interpretazione sistematica della disciplina di esenzione ticket per lo straniero privo di occupazione, munito di permesso di soggiorno per richiedente asilo, necessita di una disamina congiunta delle disposizioni in materia di prestazioni sanitarie pubbliche, servizi per il lavoro e politiche attive, servizi di assistenza sanitaria e condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.
4. Partendo da queste ultime disposizioni normative, la direttiva n. 2013/33/UE prevede all’art. 17 che gli Stati membri provvedano a che le condizioni materiali di accoglienza assicurino un’adeguata qualità di vita che garantisca il sostentamento dei richiedenti e ne tuteli la salute fisica e mentale; inoltre, al comma 3 è previsto che gli Stati membri possano subordinare la concessione di tutte le condizioni materiali di accoglienza e di assistenza sanitaria alla condizione che i richiedenti non dispongano di mezzi sufficienti a garantire loro una qualità della vita adeguata per la loro salute e, al comma 4, che gli Stati membri possano obbligare i richiedenti a sostenere o a contribuire a sostenere i costi delle condizioni materiali dell’accoglienza e dell’assistenza sanitaria previsti nella medesima direttiva, qualora i richiedenti dispongano di sufficienti risorse, ad esempio qualora siano occupati per un ragionevole lasso di tempo. La direttiva, recepita con D.lgs. 142/215, ha espressamente previsto, al primo comma dell’art. 21, che ‘ i richiedenti hanno accesso alla assistenza sanitaria secondo quanto previsto dall’art. 34 del D.lgs. 24 luglio 1998 n. 286, fermo restando l’applicazione dell’art. 35 del medesimo decreto legislativo nelle more dell’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale ‘. Il richiamo è dunque all’assistenza degli stranieri iscritti al SSN di cui all’art. 34 (con obbligo di iscrizione e parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quant o attiene all’obbligo contributivo, all’assistenza erogata in Italia ed alla sua validità temporale, in favore degli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno per lavoro subordinato, lavoro autonomo, motivi familiari, per asilo) ed agli stranieri non ancora iscritti al SSN di cui all’art. 35 (ai quali ultimi, ove non in regola con le norme relative
all’ingresso e al soggiorno, sono garantite le prestazioni urgenti o comunque essenziali).
Sul tema della contribuzione al ticket sanitario, la disciplina nazionale prevede, all’art. 8, comma 16, della L. 537/1993 l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria di alcune categorie ivi indicate, e tra queste espressamente sono menzionati ‘i disoccupati ed i loro familiari a carico’, senza che abbia, nel caso di specie, alcuna rilevanza il superamento della soglia reddituale ivi pure indicata, tenuto conto, nel caso di specie, della non contestazione di tale ultimo requisito come espressamente affermato nell ‘ impugnata pronuncia; del pari, la medesima Agenza della Tutela della Salute, come riportato in sentenza, aveva affermato che il richiedente, iscritto al SSN, accede alle prestazioni sanitarie alle stesse condizioni e gli stessi diritti e doveri previsti per il cittadino italiano.
L’interazione fra la normativa del SSN e quella delle politiche sociali viene plasticamente in evidenza nel momento in cui la normativa che riconosce l’erogazione delle prestazioni sanitarie con esenzione dalla partecipazione alla relativa spesa fa esplicito riferimento ad una condizione sociale abbisognevole di un sostentamento per assicurare una qualità della vita adeguata per la salute dell’assistito, egualmente riferibile all’assistenza sanitaria nel caso di accoglienza prevista, per quanto innanzi visto in ambito di direttiva UE, per i richiedenti protezione internazionale. Se la normativa che garantisce l’assistenza sanitaria trova la sua ratio nei principi fondamentali di solidarietà e di tutela della salute, parallelamente la disciplina delle politiche sociali e del lavoro è volta a garantire l’accesso a tale sistema di assistenza nelle condizioni di carenza dei
mezzi di sostentamento derivanti dalla assenza di occupazione lavorativa.
La normativa di cui all’art. 8, comma 16, della L. 537/1993 si ispira a tali criteri in ragione della garanzia di prestazioni sanitarie adeguate; la legislazione sulle politiche sociali e del lavoro (di cui al D.lgs. n.150/2015 che all’art. 34 lett. g , ha abrogato l’art. 1, comma 2, D.lgs. n.181/2000 come modificato dal D.lgs. n.297/2002) individua i criteri soggettivi per una prestazione di carattere sociale che giustifichi la deroga alla partecipazione alla spesa sanitaria.
Tutto ciò posto, si osserva che la prospettiva articolata nel primo motivo di ricorso restringe in un ambito formalistico la finalità della normativa introdotta con D.lgs. n.150/2015 che si riferisce sì a servizi per il lavoro e politiche attive, ma nell’ambito d i una politica assistenziale improntata alla tutela della persona ed allo sviluppo della sua personalità attraverso l’occupazione lavorativa, e non può non interferire sulla normativa relativa alle prestazioni sanitarie garantita dall’art. 8, com ma 16, citato. Laddove l’art.19, comma 1, del D.lgs. n.150/2015 esordisce nel senso che ‘ sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro di cui all’art. 13 la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego ‘, mira ad esplicare una condizione che nel precedente art. 1, comma 2, del D.lgs. n.181/2000 veniva tenuta distinta tra ‘disoccupati di lunga durata’ (ossia coloro che, dopo aver perso un posto di lavoro, siano alla ricerca di nuova occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se
‘giovani’ -tali intendendosi i soggetti di età superiore a diciotto anni e fino a venticinque anni compiuti) e ‘inoccupati di lunga durata’ (ossia coloro che, senza aver precedentemente svolto un’attività lavorativa, siano alla ricerca di un’occupazione d a più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani); e ad ogni modo lo stesso art. 1 comma 2 forniva una specificazione del concetto di ‘stato di disoccupazione’ anch’essa prevista dal citato art. 1, comma 2, lett. c) (tale essendo la condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti). E d’altronde l’art. 19, co . 2, del D.lgs.150/2015 ha esplicitamente asserito che ‘ i riferimenti normativi allo stato di disoccupazione ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. c del D.lgs. 181/2000 si intendono riferiti alla definizione di cui al presente articolo ‘.
L’art. 19, comma 1 e comma 2, tende quindi ad eliminare ogni dubbio sulla nozione di ‘soggetto disoccupato’, senza distinzione tra colui che ha perso un posto di lavoro e colui che sia alla ricerca di un’occupazione, entrambi accomunati nei soggetti privi di impiego che dichiarino la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.
E’ questo, quindi, il contenuto, e non solo l’interpretazione letterale, del riferimento ai ‘disoccupati’ beneficiari della esenzione ticket di cui all’art. 8, comma 16, L. 537/1993. L’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria è dunque correlata alla qualifica di disoccupato, ma la norma del 1993 non definisce tale nozione (come afferma il parere del Consiglio di Stato n.1268/2022 del 23/3/2022), e per ricavare la definizion e di disoccupato, ai fini dell’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, si deve fare ricorso ad altre
norme dell’ordinamento; viene così in rilievo l’art. 19 del d.l.gs 150/2015 che, abrogando la distinzione definitoria riportata nell’art. 1 comma 2 del d.lgs. 181/2000, ha introdotto una nozione unitaria di stato di disoccupazione.
Pertanto, è egualmente infondato il secondo motivo di ricorso non vertendosi in una applicazione estensiva di una disposizione esentativa, ma in un’affermazione concettuale ex lege della condizione di disoccupato. E risulta anche corretto il riferimento riportato, nella sentenza impugnata, al comma 7 dello stesso art. 19 del D.lgs. n.150/2015 laddove, al fine di evitare una ingiustificata registrazione come disoccupato di soggetti non disponibili allo svolgimento dell’attività lavorativa , è stato previsto che le disposizioni normative, nazionali, regionali e regolamentari che condizionano prestazioni di carattere sociale allo stato di disoccupazione si intendano riferite alla ‘condizione di non occupazione’: la fruizione di siffatte prestazioni (con esenzione ticket) rimane quindi strettamente collegata alla condizione di ‘non occupazione’. Non si verte allora in un’ipotesi di interpretazione estensiva né analogica di una norma speciale, bensì di applicazione diretta del citato disposto normativo.
10. Riguardo agli ultimi motivi di ricorso, si osservi che:
– l ‘argomento speso dal ricorrente sul terzo motivo appare del tutto inconferente poiché le citate note ministeriali, che non rientrano nelle fonti normative indicate nell’art. 1 delle disposizioni preliminari al codice civile, non possono porsi in contrasto con la disposizione normativa o fornire una interpretazione restrittiva non conforme al dettato normativo innanzi citato.
– anche il quarto motivo è infondato, dovendosi considerare che il diritto alla prestazione sanitaria tutela il diritto alla salute, mentre la disciplina delle esenzioni quale deroga alla compartecipazione alla spesa sanitaria è regolato dal sistema delle prestazioni sociali. Correttamente, dunque, il giudice d’appello ha ritenuto che l’esenzione dal pagamento del ticket sia una prestazione sociale, non già sanitaria.
– ed infine, sul quinto motivo di ricorso, ritornando a quanto in esordio illustrato sulla Direttiva eurounitaria, alla quale il D.lgs.142/2015 in materia di stranieri regolamenti soggiornanti ha dato attuazione, non si ravvisa alcun ampliamento di tutela, più estesa di quanto non sia riconosciuto ai cittadini italiani, laddove egualmente per il disoccupato privo di impiego che abbia dichiarato l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa l’ordinamento nazionale consenta l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria mediante versamento di un ticket sanitario per la prestazione richiesta. D’altronde, il richiedente asilo, che abbia dichiarato la propria disponibilità al lavoro, verte in una condizione di non occupazione per essere ancora alla ricerca di un’occupazione non rinvenuta nei primi sei mesi di concesso permesso di soggiorno.
In conclusione, lo straniero disoccupato, regolarmente soggiornante in Italia e iscritto al Servizio Sanitario Nazionale, può avere diritto all’esenzione dal pagamento del ticket sanitario, in modo simile ai cittadini italiani.
11. In linea con le suddette argomentazioni, quanto fin qui illustrato trova conferma nella requisitoria del Procuratore Generale in atti. Parimenti, la produzione documentale fornita in sede di memorie riscontra l’interpretazione innanzi resa,
seguita dallo stesso ente regionale da cui derivano le Aziende sanitarie coinvolte nel presente procedimento.
Da segnalare infine la mancanza di un controricorso incidentale in merito al diniego di restituzione delle somme versate per la prestazione erogata.
Al rigetto del ricorso non si ritiene di far seguire la condanna alle spese in presenza di questioni sistematiche complesse e di argomenti concettuali e interpretativi non ancora arati all’epoca della presentazione del ricorso. Seguono, infine, le disposizioni sul contributo unificato,ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115/02
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, 28 gennaio 2025.