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Esenzione spese legali: la Cassazione chiarisce

Una cittadina, pur avendo presentato la dichiarazione di basso reddito, era stata condannata a pagare i costi di un procedimento previdenziale. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, ribadendo che la presentazione di detta dichiarazione garantisce l’esenzione dalle spese legali, come previsto dalla legge, senza che rilevi l’anno di riferimento del reddito rispetto alla data della pronuncia.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Esenzione Spese Legali: La Cassazione Difende i Cittadini con Basso Reddito

L’accesso alla giustizia è un diritto fondamentale, ma i costi di un procedimento legale possono rappresentare un ostacolo insormontabile per molti. Per questo motivo, la legge prevede meccanismi di tutela, come l’esenzione spese legali nelle cause di previdenza e assistenza per chi ha un reddito basso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha rafforzato questo principio, annullando la decisione di un Tribunale che aveva erroneamente condannato una cittadina al pagamento delle spese di lite nonostante avesse i requisiti per l’esonero.

I Fatti del Caso: Una Condanna Nonostante il Diritto

Una cittadina aveva avviato un procedimento giudiziario in materia di previdenza. All’atto del ricorso, depositato nell’aprile 2022, aveva allegato un’autocertificazione attestante il possesso dei requisiti di reddito per l’anno 2020/21, necessari per beneficiare dell’esenzione dal pagamento delle spese processuali, come previsto dall’art. 152 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.

Il Tribunale, pur omologando le risultanze tecniche a lei favorevoli, l’ha condannata a rimborsare le spese di lite e i costi della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU). La motivazione del giudice di primo grado si basava su un presupposto errato: che la dichiarazione reddituale prodotta non si riferisse all’anno precedente la data della pronuncia, ritenendola quindi inefficace ai fini dell’esonero.

L’Errore del Giudice di Merito e il Principio sull’Esenzione Spese Legali

La ricorrente ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione della norma che garantisce l’esenzione. Il suo unico motivo di ricorso si è concentrato sull’errata interpretazione da parte del Tribunale.

La legge, infatti, è chiara: la parte che si trova nelle condizioni di reddito previste e che deposita la prescritta dichiarazione “non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari”. La norma non pone alcuna condizione temporale stringente sull’anno di riferimento del reddito, se non quella di attestare la propria condizione al momento dell’avvio della causa. L’interpretazione del Tribunale, che pretendeva una dichiarazione riferita all’anno immediatamente precedente alla decisione, è stata giudicata dalla Cassazione come un’aggiunta non prevista dalla legge e, pertanto, illegittima.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso, definendo “affatto erronea” la decisione del giudice di merito. Gli Ermellini hanno ribadito che la presentazione della dichiarazione reddituale idonea a dimostrare il possesso dei requisiti di legge è condizione sufficiente per ottenere l’esenzione.

Citando un proprio precedente consolidato (Cass. n. 16515 del 2016), la Corte ha specificato che questo principio si estende anche alle spese di CTU. Tali costi non possono gravare sul ricorrente che beneficia dell’esonero, a meno che la sua pretesa non sia giudicata manifestamente infondata e temeraria, circostanza non verificatasi nel caso di specie. La Corte ha quindi cassato senza rinvio il decreto impugnato nella parte relativa alla condanna alle spese, affermando un principio di diritto chiaro e inequivocabile a tutela del cittadino.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è di fondamentale importanza pratica. Conferma che il diritto all’esenzione dalle spese legali nelle materie previdenziali è un meccanismo di protezione solido, volto a non scoraggiare i cittadini con minori capacità economiche dal far valere i propri diritti in giudizio. La decisione chiarisce che i giudici non possono introdurre requisiti aggiuntivi non previsti dalla legge, come la richiesta di una dichiarazione reddituale aggiornata all’anno prima della sentenza. La semplice produzione della documentazione richiesta al momento dell’instaurazione del giudizio è sufficiente a garantire il beneficio, tutelando così il diritto di difesa costituzionalmente garantito.

È possibile essere condannati a pagare le spese legali in una causa di previdenza se si ha un reddito basso?
No. Se una persona si trova nelle condizioni di reddito previste dalla legge e deposita l’apposita dichiarazione, l’art. 152 disp. att. c.p.c. stabilisce che non può essere condannata al pagamento delle spese di lite, a meno che la sua richiesta non sia manifestamente infondata o temeraria.

La dichiarazione dei redditi per ottenere l’esenzione dalle spese legali a quale anno deve riferirsi?
La sentenza chiarisce che è sufficiente depositare una dichiarazione idonea al momento dell’introduzione del giudizio (nel caso specifico, il ricorso era del 2022 e la dichiarazione si riferiva al reddito 2020/21). La Corte ha ritenuto errata la pretesa del giudice di merito che la dichiarazione dovesse riguardare l’anno precedente alla data della pronuncia.

L’esenzione dalle spese legali copre anche i costi della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU)?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche le spese relative alla CTU non possono gravare sul ricorrente che beneficia dell’esenzione, salvo che la sua pretesa sia giudicata manifestamente infondata e temeraria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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