Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2445 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 2445  Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 01/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. r.g. 26940/2022 proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE per procura speciale in calce al ricorso
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, e per essa RAGIONE_SOCIALE, in persona del  legale  rappresentante p.t. , rappresentata  e  difesa  dall’AVV_NOTAIO  (CODICE_FISCALE)    per  procura  speciale  in calce al controricorso
–
controricorrente –
e contro
CURATELA  FALLIMENTO  RAGIONE_SOCIALE,  COMUNE  SCARPERIA,  DEMIROV  DIMITRI,
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE CATTOLICA SPA, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE COGNOME BRUNO, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE NOME, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME
-intimati –
avverso il decreto n. cronol. 123/2022 della Corte di Appello di Perugia depositato il 13 maggio 2022;
udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio  del 11/7/2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
1.La Corte di Appello di Perugia, con decreto del 13.5.2022, ha respinto il  reclamo  proposto ,  ai  sensi  dell’art.  26  e  143 l.  fall.,  da  NOME COGNOME e NOME COGNOME -falliti, quali soci illimitatamente responsabili della RAGIONE_SOCIALE, per ripercussione del fallimento della società – avverso il decreto del tribunale reiettivo della loro istanza di esdebitazione
2.La  corte  territoriale  ha  ritenuto  insussistenti  i  presupposti  per  la concessione  del  beneficio  ai  reclamanti,  i  quali:  i)  non  avevano collaborato  con  gli  organi  della  procedura ,  omettendo  fra  l’altro  di ottemperare al decreto ex art. 46, 2° comma del G.D. che imponeva loro di versare parte delle retribuzioni percepite,  in termini che, se ritenuti iniqui, avrebbero potuto essere modificati mediante gli appositi
rimedi previsti dalla legge; ii) avevano ritardato la chiusura del fallimento mediante la proposizione di opposizioni manifestamente infondate; iii) avevano posto in essere condotte distrattive in danno dei creditori, volte a privare la RAGIONE_SOCIALE poi fallita della quasi totalità degli automezzi di cui era proprietaria. Ha inoltre rilevato che i creditori erano stati soddisfatti in misura esigua e che nei confronti di NOME COGNOME erano stati emessi un decreto penale di condanna e una sentenza di applicazione concordata della pena per reati inerenti l’attività di impresa , per i quali non era intervenuta la riabilitazione.
2.  Il  decreto  è  stato  impugnato  da  NOME  e  NOME  COGNOME  con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui RAGIONE_SOCIALE ha resistito  con  controricorso. Il  Fallimento e gli altri  creditori  ammessi allo stato passivo non hanno svolto difese.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, che denuncia ‘ violazione art. 142 l.f. -omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti. ‘ i ricorrenti lamentano che la corte d’appello abbia ritenuto insussistenti i presupposti per accordare il beneficio senza tener conto del parere favorevole espresso dal curatore, che certificava la loro meritevolezza, e senza fondare le proprie valutazioni su dati certi, anziché su argomenti induttivi. Aggiungono che i reati per i quali era intervenuto il patteggiamento erano stati dichiarati estinti ai sensi dell’art. 145, 2° comma, c.p.p. , con provvedimento equiparabile in tutto e per tutto alla riabilitazione.
1.1 Il motivo è inammissibile, laddove – nel dedurre l’ omesso esame di fatti decisivi che non vengono in alcun modo indicati – richiede in realtà  a  questa  Corte  un  nuovo  e  diverso  apprezzamento  delle circostanze  sulla  cui  scorta  il  giudice  del  reclamo  ha  assunto  la decisione,  ovvero  un  sostanziale  riesame  delle  condotte  tenute  dai ricorrenti nel corso della procedura di fallimento, pretendendo in tal modo  di  trasformare  il  giudizio  di  legittimità  in  un  nuovo,  non
consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere le valutazioni espresse  nel decreto impugnato,  non  condivise  e  per  ciò solo censurate, al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative.
L ‘inammissibilità delle censure concernenti i primi tre profili di fatto in base ai quali, con accertamento integrante un’autonoma ratio decidendi , di per sé sufficiente a sorreggere la decisione, la corte del merito ha rigettato il reclamo, rende inammissibile, per sopravvenuto difetto di interesse all’impugnazione (cfr.,fra molte, Cass. nn. 5122/2024, 15399/2018, 21490/2005) la censura con la quale si sostiene, in diritto, che il provvedimento di estinzione del reato ai sensi dell’art. 145 , 2à comma, c.p.p. equivale a riabilitazione, nonché il secondo motivo di ricorso, col quale si contesta l’ulteriore (terza) ratio decidendi, costituita dal difetto del presupposto di cui all’art. 142, 2 ° comma l. fall., e si invoca, in ogni caso, l’applicazione dell’art. 281 CCII. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in via fra loro  solidale, al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500 per compensi e in € 200 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e ad Iva e Cpa come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 11.7.2024