Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2459 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2459 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 02/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 17764-2022 r.g. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME (CODICE_FISCALE), titolare dell’ omonima impresa individuale, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME Nicola (CODICE_FISCALE in forza di procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (06363391001), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato (80224030587)
-controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE -intimati –
avverso il decreto della Corte di appello di Torino n. 40/2022, depositato il 6 maggio 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/7/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte d’appello di Torino, con decreto del 6.5.2022, ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME titolare dell’omonima impresa individuale, il cui fallimento era stato chiuso il 30.9.2020, avverso il provvedimento del Tribunale di Asti reiettivo della sua istanza di esdebitazione.
2. La corte del merito, pur non condividendo la tesi del primo giudice secondo cui il beneficio non poteva essere concesso , ai sensi dell’art. 142, 1° comma, n. 6 l. fall., per il solo fatto che COGNOME era stato sottoposto a un procedimento penale, per varie imputazioni di bancarotta fraudolenta, conclusosi con una sentenza di patteggiamento, ha ritenuto che detta sentenza potesse essere utilizzata come elemento di valutazione , ai sensi del n. 5) dell’art. cit., unitamente ad altri elementi convergenti ed ha osservato che dalla relazione ex art. 33 del curatore emergevano le plurime condotte distrattive del reclamante che avevano dato origine al procedimento penale e che, inoltre, doveva dubitarsi anche della sussistenza dei requisiti di cui ai nn. 1 e 2 della disposizione, non avendo COGNOME riferito al curatore dell’esistenza di un conto corrente cointestato alla moglie e potendosi difficilmente escludere che il ritardo nella chiusura del fallimento (apertosi nel 2011), determinato dalla necessità di esperire numerose azioni revocatorie, non fosse correlato alla qualità della gestione dell’impresa, quantomeno nel cd. periodo sospetto, e alla tenuta della contabilità.
Il decreto è stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione affidato a un unico motivo, cui l ‘ Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Gli altri creditori del fallimento ai quali il ricorso è stato notificato non hanno svolto difese.
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 445, comma 1 bis c.p.p.. Sostiene in primo luogo che la sentenza di applicazione della pena su richiesta non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi , potendo tutt’al più valere come utile indizio anche ai fini dell’esdebitazione. Lamenta, sotto altro profilo, che la corte d’appello a bbia tenuto conto solo del suo comportamento antecedente al fallimento e non della condotta di piena collaborazione col curatore, e da questi attestata, da lui osservata dopo l’apertura della procedura concorsuale. Deduce, infine, che il giudice del reclamo, pur avendo escluso la necessità di verificare la ricorrenza del presupposto di cui al 2° comma dell’art. 142 l. fall., avrebbe erroneamente affermato che tale presupposto non poteva ritenersi realizzato in quanto, a fronte di un passivo ingente, di cui circa 2.500.000 euro relativi a crediti privilegiati, erano stati pagati in minima parte solo questi ultimi.
2 Il motivo è inammissibile in ogni sua articolazione
2.1. La prima censura non muove alcuna critica alla ratio sottesa al rigetto del reclamo (con cui la corte del merito, in consonanza con quanto sostenuto dal ricorrente, ha espressamente escluso che la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. possa costituire accertamento insindacabile del fatti- reato presupposti nel giudizio civile) ma sembra anzi condividerla là dove sostiene che, tutt’al più, la sentenza di patteggiamento può valere come utile indizio anche ai fini dell’esdebitazione, dato che il giudice del reclamo ha per l’appunto affermato che la sentenza in questione può ‘ essere utilizzata come
elemento di valutazione, nel contesto di tutti gli altri elementi da considerare… ‘ ed ha, in conseguenza, ritenuto le condotte distrattive penalmente contestate ostative al riconoscimento del beneficio ai sensi del n. 5 dell’art. 142 , 1° comma, l. fall..
2.2. La seconda censura risulta invece volta ad ottenere un nuovo apprezzamento delle risultanze istruttorie, diverso da quello compiuto dal giudice del merito, come noto sindacabile nella presente sede di legittimità solo nei ristretti termini di cui all’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c., per come costantemente interpretato da questa Corte a partire da Cass. S.U. n. 8053/2014.
2.3. La terza censura, infine, risulta rivolta contro una mera osservazione del giudice del reclamo, non costituente autonomo capo della decisione suscettibile di passare in giudicato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.500 per compensi e in euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, l’ 11.7.2024