Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28137 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28137 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23296/2024 R.G. proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende
– ricorrenti –
contro
CASSA ITALIANA DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI GEOMETRI LIBERI PROFESSIONISTI, elettivamente domiciliata all’indicato indirizzo PEC dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO , rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO
e contro
RAGIONE_SOCIALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE DELLA MARCA RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.c., già Banca di Credito Cooperativo Marcon S.c., RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, REGIONE VENETO, RAGIONE_SOCIALE e BPER RAGIONE_SOCIALE SRAGIONE_SOCIALE
– intimate – avverso il decreto della Corte d’Appello di Venezia cron. n. 1229/2024, depositato il 10.7.2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14.10.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME, dopo essersi sottoposti alla procedura di liquidazione del patrimonio ai sensi della legge n. 3 del 2012, proposero domanda al Tribunale di Venezia per essere ammessi al beneficio dell’esdebitazione.
Instaurato il contraddittorio con i creditori, il tribunale rigettò la domanda, applicando gli artt. 282 e s. del d.lgs. n. 14 del 2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza , in breve c.c.i.i.) e ritenendo che il sovraindebitamento fosse stato determinato dai ricorrenti con colpa grave.
NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero reclamo contro la decisione del tribunale, ma la Corte d’Appello di Venezia confermò il rigetto della loro domanda, previa affermazione che le norme applicabili al caso fossero ancora quelle della legge n. 3 del 2012 e non quelle del sopravvenuto c.c.i.i.
Contro il decreto della corte d’appello NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno presentato ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Si sono difesi con controricorso i creditori RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Sia i ricorrenti che le controricorrenti hanno depositato memoria nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denunciano «violazione e falsa applicazione dell’art. 390 d.lgs. n. 14 del 2019 nonché dell’art. 11 preleggi c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», prospettandosi la «errata applicazione, al caso di specie, della previgente legge n. 3 del 2012 in luogo del c.c.i.i.».
1.1. Il motivo è infondato, perché -come questa Corte ha già avuto occasione di statuire -« i debitori assoggettati alla procedura del fallimento, così come regolata dagli artt. 1 ss. legge fall., ovvero alla procedura di liquidazione del patrimonio, così come prevista dagli artt. 14 -ter ss. della legge n. 3/2012, possono chiedere il beneficio dell’esdebitazione solo a fronte dei presupposti soggettivi e oggettivi e nel rispetto delle norme procedurali previste, rispettivamente, dagli artt. 142 ss. legge fall. e dall’art. 14 -terdecies della legge n. 3 cit., dovendosi, per contro, escludere che le relative loro domande, semplicemente perché depositate dopo il 15.7.2022, siano assoggettate alle norme dettate dagli artt. 278 ss. c.c.i.i. oppure dagli artt. 282 ss. c.c.i.i. » (Cass. n. 14835/2025, alla cui motivazione si rinvia ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. ).
Vi sono varie differenze tra la disciplina dell’esdebitazione successiva alla liquidazione del patrimonio contenuta nella legge n. 3 del 2012 e la corrispondente disciplina contenuta nel c.c.i.i. a beneficio delle persone assoggettate alla liquidazione controllata. Per quello che qui interessa, diversa è anche la norma che individua i soggetti immeritevoli del beneficio per avere colpevolmente determinato il sovraindebitamento : l’art. 14 -terdecies , comma 2, lett. a , della legge n. 3 del 2012 esclude dal beneficio il caso in cui «il sovraindebitamento del debitore è imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali ». L’art. 282, comma 2, c.c.i.i. non contiene alcun riferimento alla sproporzione dei debiti assunti rispetto alle capacità patrimoniali e richiede -perché scatti l’ impedimento -che il debitore abbia determinato la situazione di sovraindebitamento «con colpa grave, malafede o frode».
Nel caso in esame, il tribunale, ritenendo applicabile la nuova disposizione del codice, aveva tuttavia negato il beneficio qualificando «grave» la colpa dei ricorrenti per avere assunto debiti che non avrebbero ragionevolmente potuto adempiere. La corte d’appello, invece, ritenendo applicabile la legge n. 3 del 2012, ha confermato il diniego del beneficio, a prescindere dalla qualificazione della colpa in termini di gravità e rimarcando anche l’assenza del requisito di proporzionalità tra debiti assunti e «capacità patrimoniali» dei debitori.
È quindi pertinente e comprensibile che il primo motivo di ricorso sia volto a contestare la premessa dell’applicabilità della legge n. 3 del 2012 e ad invocare l’applicazione della diversa norma contenuta nel c.c.i.i. Tuttavia il motivo è infondato, perché -come anticipato -alle domande di esdebitazione presentate dopo l’entrata in vigore del codice della crisi
(15.7.2022), ma relative a vicende liquidatorie aperte (e quindi anche chiuse) secondo la legislazione previgente, si devono continuare ad applicare le norme sull’esdebitazione anteriori, le quali -pur non menzionate espressamente nell’art. 390 c.c.i.i. -« costituiscono un unico corpus normativo con le disposizioni che l precedono e integrano a pieno titolo la complessiva disciplina del fallimento (o della liquidazione del patrimonio del debitore in stato di sovraindebitamento), delle quali, pertanto, sono destinati a mutuare l’efficacia ultrattiva » (Cass. n. 14835/20255, cit.).
Con il secondo motivo, i ricorrenti censurano «violazione e falsa applicazione degli artt. 280 e 282 d.lgs. n. 14 del 2019 nonché dell’art. 14 -terdecies , comma 2, lett. a), della legge n. 3 del 2012, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.», dal che sarebbe conseguita una «errata valutazione della meritevolezza dei debitori effettuata sulla base del criterio della ‘proporzionalità tra sovraindebitamento e capacità patrimoniali’ in luogo del criterio della ‘colpa grave’ ».
2.1. Il motivo è strettamente collegato al primo, di modo che il rigetto di questo comporta l’assorbimento (improprio) di quello.
Infatti i ricorrenti intendono con questo mezzo dimostrare che, applicando la norma contenuta nel codice della crisi, la loro domanda di esdebitazione sarebbe dovuta essere accolta. Ma poiché, invece, la disciplina applicabile è quella della legge n. 3 del 2012, l’argomentazione a sostegno d ella tesi prospettata con questo secondo motivo si rileva del tutto ininfluente.
Il terzo motivo di ricorso è rubricato «violazione e falsa applicazione degli artt. 124 e 124 -bis del Testo Unico Bancario (d.lgs. n. 385 del 1993), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.» e si duole della «omessa valutazione del merito
creditizio in controtendenza anche rispetto ai principi sovranazionali (Direttiva 2019/1023/UE)».
3.1. Il motivo è inammissibile, per mancanza di specificità, posto che i ricorrenti denunciano la violazione di disposizioni che riguardano il «credito ai consumatori» (rubrica del capo II, del titolo VI, del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia; d.lgs. n. 385 del 1993), ma dalla sentenza impugnata non risulta che essi abbiano allegato la loro qualifica di consumatori ai sensi della disciplina invocata, né tantomeno che tale qualifica sia stata accertata dai giudici del merito.
Risulta, anzi, che all’origine de l sovraindebitamento ci furono i debiti assunti personalmente dai coniugi per finanziare una infelice «operazione immobiliare», tentata tramite una società di capitali, poi fallita, nella gestione della quale erano entrambi direttamente coinvolti. Tant’è che la corte d’appello, per giustificare il differente esito della domanda rispetto a quanto avvenuto in una sua precedente decisione richiamata dai reclamanti, ha posto in evidenza che in quel caso si trattava, invece, di «fideiussioni prestate per consentire il rilascio ed il mantenimento di affidamenti bancari nell’interesse di società gestite dal marito della garante, estranea all’attività imprenditoriale svolta dal coniuge». E ciò con pertinente e chiaro riferimento alla possibilità di considerare consumatore anche il fideiussore persona fisica che garantisce un debito d’ impresa, purché egli stipuli la fideiussione per finalità estranee alla propria attività professionale (Cass. S.u. n. 5868/2023; Cass. n. 25612/2025).
3.2. Ulteriore profilo di inammissibilità, questa volta per irrilevanza della questione, si rileva con riferimento alla considerazione che anche questo motivo, a tutto concedere, potrebbe valere ad attenuare, ma non ad eliminare, la colpa dei
debitori, come del resto sostenuto dallo stesso COGNOME nella relazione che pure viene citata a sostegno della fondatezza del ricorso («colpa sì. Ma non grave»). Pertanto, in virtù di quanto detto sopra circa l’applicabilità, nel caso di specie, dell’art. 14 -terdecies , comma 2, lett. a), della legge n. 3 del 2012, l’eventuale qualificazione della colpa in termini di non gravità non potrebbe giovare ai ricorrenti.
Rigettato il ricorso, le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. Non occorre ovviamente provvedere sulle spese di lite con riguardo alle controparti dei ricorrenti rimaste intimate.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna delle controricorrenti, in € 7.000 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.10.2025.
Il Presidente NOME COGNOME