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Esdebitazione fallimento: si applica la vecchia legge

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione stabilisce un principio chiave in materia di esdebitazione fallimento. Per le procedure di fallimento avviate prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi (15 luglio 2022), la richiesta di liberazione dai debiti deve seguire le regole della vecchia Legge Fallimentare. La Corte ha chiarito che l’esdebitazione non è un procedimento autonomo, ma la fase conclusiva del fallimento, e pertanto soggiace alla stessa disciplina normativa applicata all’intera procedura, senza possibilità di applicare le norme sopravvenute.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Esdebitazione Fallimento: la Cassazione chiarisce quale legge si applica

L’introduzione del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza ha sollevato numerosi interrogativi sulla sua applicazione nel tempo. Una questione cruciale riguarda la disciplina dell’esdebitazione fallimento per le procedure aperte sotto la vigenza della vecchia Legge Fallimentare. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: le vecchie procedure si concludono con le vecchie regole, senza possibilità di ‘saltare’ alla normativa più recente, anche se potenzialmente più favorevole.

I Fatti di Causa

Una società, insieme ai suoi soci illimitatamente responsabili, era stata dichiarata fallita nel 2015, sotto l’impero del Regio Decreto n. 267/1942 (la Legge Fallimentare). Nel 2023, a procedura fallimentare non ancora conclusa e dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi (15 luglio 2022), la società presentava istanza per ottenere il beneficio dell’esdebitazione, ovvero la liberazione dai debiti residui, basandosi sulle nuove disposizioni normative.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello respingevano la richiesta. Secondo i giudici di merito, le procedure fallimentari pendenti alla data di entrata in vigore della riforma dovevano essere definite secondo la vecchia legge, inclusa la fase dell’esdebitazione. Di conseguenza, i ricorrenti si rivolgevano alla Corte di Cassazione, sostenendo che l’esdebitazione fosse un procedimento autonomo e che, essendo stato richiesto dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice, dovesse essere regolato da quest’ultimo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito che non è possibile applicare la nuova disciplina sull’esdebitazione, prevista dal Codice della Crisi, a soggetti dichiarati falliti secondo la normativa precedente. Il principio cardine è quello della continuità: la procedura, una volta iniziata sotto una determinata legge, deve concludersi secondo le medesime regole.

Le Motivazioni della Sentenza sull’Esdebitazione Fallimento

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su argomenti di carattere sistematico e letterale, tracciando una linea netta tra il vecchio e il nuovo regime.

L’Accessorietà dell’Esdebitazione alla Procedura Fallimentare

Il punto centrale della motivazione è che l’esdebitazione non è un istituto a sé stante, ma rappresenta la fase conclusiva e naturale della procedura fallimentare. È destinata a completarne gli effetti nei confronti del soggetto fallito. Pertanto, essa costituisce un ‘corpus normativo unico’ con il resto della disciplina del fallimento. Se l’articolo 390 del Codice della Crisi stabilisce esplicitamente che le procedure pendenti continuano a essere regolate dalla vecchia legge (principio di ultra-vigenza), tale regola deve necessariamente estendersi anche alla fase dell’esdebitazione.

Il Principio “Tempus Regit Actum”

La decisione riafferma un principio generale del diritto processuale: la procedura è governata dalla legge in vigore al momento del suo avvio. Ammettere l’applicazione di norme sopravvenute solo per una fase specifica creerebbe una disarmonia normativa e violerebbe il principio di certezza del diritto. La Corte ha richiamato precedenti pronunce delle Sezioni Unite, le quali avevano già stabilito che, in assenza di una diversa disposizione espressa, le norme del Codice della Crisi non si applicano retroattivamente alle procedure già aperte.

Differenza tra “Fallito” e Debitore in “Liquidazione Giudiziale”

Infine, la Corte ha sottolineato una differenza non solo terminologica, ma sostanziale. La vecchia legge (art. 142 l.fall.) riservava l’esdebitazione al “fallito”. Il nuovo Codice (art. 278 CCII) la concede al “debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale”. Le due figure e le procedure a cui si riferiscono non sono pienamente sovrapponibili, in quanto presuppongono l’apertura e lo svolgimento secondo norme procedurali e sostanziali diverse.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione delinea un confine invalicabile tra i due regimi normativi. Chi è stato dichiarato fallito prima del 15 luglio 2022 dovrà chiedere e ottenere l’esdebitazione esclusivamente secondo i presupposti e le modalità previste dalla vecchia Legge Fallimentare. Non è possibile beneficiare delle nuove e potenzialmente più favorevoli disposizioni del Codice della Crisi. Questa pronuncia consolida la certezza del diritto, evitando applicazioni normative ibride e garantendo che ogni procedura segua un percorso legislativo coerente dall’inizio alla fine.

Un soggetto dichiarato fallito prima del 15 luglio 2022 può chiedere l’esdebitazione secondo le nuove regole del Codice della Crisi?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la richiesta di esdebitazione deve seguire le regole della legge in vigore al momento della dichiarazione di fallimento, ovvero la vecchia Legge Fallimentare (R.d. n. 267/1942).

Il procedimento di esdebitazione è considerato autonomo rispetto alla procedura di fallimento?
No. Secondo la sentenza, l’esdebitazione non è un procedimento indipendente ma costituisce la fase conclusiva della procedura fallimentare. Di conseguenza, è soggetta allo stesso regime giuridico temporale della procedura principale.

Perché non si possono applicare le nuove norme sull’esdebitazione ai vecchi fallimenti?
Perché le nuove norme (art. 278 e segg. CCII) sono state pensate specificamente per la figura del ‘debitore in liquidazione giudiziale’, che è un istituto giuridico diverso dal ‘fallito’ della vecchia legge. Le due procedure non sono pienamente sovrapponibili e la vecchia legge continua ad applicarsi integralmente alle procedure pendenti prima della riforma (principio di ultra-vigenza).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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