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Esclusione socio associazione: vale lo statuto

Un socio, espulso da un’associazione sportiva per commenti offensivi su un social network, ha fatto ricorso in Cassazione. La Corte Suprema ha stabilito che, per l’esclusione del socio di un’associazione, il giudice deve attenersi alle specifiche cause previste dallo statuto, come il ‘danno morale o patrimoniale’, e non può basarsi sulla clausola generale dei ‘gravi motivi’ del Codice Civile se lo statuto è più specifico. La sentenza è stata annullata con rinvio.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Esclusione Socio Associazione: La Cassazione Sottolinea la Prevalenza dello Statuto

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nella vita delle associazioni: le condizioni e i limiti per l’esclusione di un socio. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, chiarisce che quando lo statuto prevede cause specifiche di esclusione, il giudice deve limitarsi a verificare la loro esistenza, senza poter ricorrere a clausole generali come quella dei ‘gravi motivi’ prevista dal Codice Civile. Questa pronuncia rafforza l’autonomia statutaria e definisce con precisione i confini del controllo giurisdizionale.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla delibera con cui un’associazione sportiva dilettantistica ha escluso uno dei suoi membri. Le accuse mosse al socio erano duplici: aver svolto attività non consentite e, soprattutto, aver pubblicato post offensivi e denigratori su un noto social network nei confronti di alcuni esponenti del Consiglio Direttivo. Il socio ha impugnato la delibera di espulsione, ritenendola illegittima per violazione del diritto di difesa e per carenza dei gravi motivi richiesti.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste. In particolare, la Corte territoriale ha considerato le esternazioni sui social network come un comportamento grave, idoneo a minare in modo irrimediabile il rapporto associativo e a renderne impossibile la prosecuzione, giustificando così l’espulsione.

La Questione Giuridica: Statuto vs. Codice Civile

Il socio ha quindi proposto ricorso per cassazione, basando il suo motivo principale su un punto di diritto fondamentale. Lo statuto dell’associazione, all’articolo 9, elencava in modo specifico le cause di esclusione, tra cui quella di ‘arrecare danni gravi patrimoniali e/o morali all’associazione’.

Il ricorrente ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse errato applicando la norma generale dell’articolo 24 del Codice Civile, che consente l’esclusione per ‘gravi motivi’, invece di verificare se il suo comportamento avesse effettivamente causato un danno concreto (patrimoniale o morale) all’associazione, come richiesto dalla norma statutaria specifica.

L’esclusione socio associazione secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto questo motivo, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: se l’atto costitutivo o lo statuto di un’associazione descrive in modo specifico e puntuale i motivi che possono portare all’esclusione, la valutazione del giudice deve limitarsi a verificare se quei fatti specifici si sono effettivamente verificati.

In altre parole, la clausola generale dei ‘gravi motivi’ dell’art. 24 c.c. interviene solo quando lo statuto è vago, generico o non prevede nulla in merito. Se, come nel caso di specie, lo statuto è preciso e richiede un ‘danno grave’, il giudice non può sostituire questo requisito con una valutazione più generica sulla rottura del rapporto di fiducia (affectio).

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è chiara e rigorosa. La Corte d’Appello si è limitata a constatare che le esternazioni offensive del socio avevano minato il rapporto associativo, ritenendo questo sufficiente per l’esclusione. Tuttavia, così facendo, ha omesso il passaggio logico-giuridico fondamentale richiesto dallo statuto: accertare se da quelle offese fosse derivato un pregiudizio concreto, un ‘danno conseguenza’ per l’ente.

I giudici di legittimità sottolineano che ‘danno morale’ e ‘danno patrimoniale’ sono concetti giuridici con un significato specifico. Non basta l’evento in sé (l’insulto sui social) per presumere il danno; occorre accertare che l’associazione, come soggetto giuridico, abbia subito un pregiudizio effettivo. La Corte territoriale ha invece confuso la lesione del clima di collaborazione tra i soci con il danno all’associazione, che sono due cose distinte. L’indagine si è spostata impropriamente sul mantenimento di ‘buone relazioni’, compromesso dagli insulti, anziché sulla sussistenza del danno richiesto dalla norma interna dell’associazione.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per le associazioni e per chi è chiamato a giudicare le loro delibere. La stesura dello statuto è un atto di fondamentale importanza: se le cause di esclusione sono dettagliate, esse diventano la legge vincolante per le parti e per il giudice. Un comportamento, per quanto sgradevole o offensivo, può non essere sufficiente per un’esclusione socio associazione se non integra pienamente la fattispecie descritta nello statuto. La decisione della Cassazione, annullando la sentenza e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame, riafferma la centralità dell’autonomia statutaria e impone un’analisi più rigorosa e aderente al testo delle regole che i soci si sono dati.

Quando lo statuto di un’associazione elenca cause specifiche per l’esclusione di un socio, il giudice può applicare la norma generale dei ‘gravi motivi’ del Codice Civile?
No. Secondo la Cassazione, se lo statuto contiene una descrizione specifica dei motivi di esclusione, la valutazione del giudice deve limitarsi ad accertare la ricorrenza di quei fatti specifici, senza poter applicare la clausola generale e più ampia dei ‘gravi motivi’.

Pubblicare commenti offensivi sui social network contro i dirigenti di un’associazione è di per sé causa di esclusione?
Non necessariamente. Dipende da cosa prevede lo statuto. Se lo statuto, come nel caso esaminato, richiede che il comportamento del socio arrechi un ‘danno grave, patrimoniale o morale’ all’associazione, non basta provare l’offesa. È necessario dimostrare che da quell’offesa sia derivato un danno concreto e specifico all’ente associativo.

Qual è la differenza tra la rottura del rapporto di fiducia tra soci e il ‘danno morale’ all’associazione?
La rottura del rapporto di fiducia (affectio) riguarda il clima di collaborazione e le relazioni interpersonali tra i soci. Il ‘danno morale’ all’associazione, invece, è un pregiudizio subito dall’ente in sé, come una lesione alla sua reputazione, al suo prestigio o alla sua immagine pubblica. La sentenza chiarisce che il primo non implica automaticamente il secondo, che deve essere accertato in modo specifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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