Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27556 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27556 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18993/2024 R.G. proposto da
:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO GENOVA n. 851/2024 depositata il 17/06/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2025 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Massa ha respinto la domanda con cui NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedevano, previa dichiarazione di
nullità dell’art. 9 dello Statuto della RAGIONE_SOCIALE, di cui erano soci, l’annullamento della delibera di esclusione emessa nei loro confronti dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con l’accusa di aver svolto attività di pesca non consentita e aver diffamato a mezzo Facebook alcuni esponenti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. COGNOME ha proposto appello, eccependo la violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e la carenza dei gravi motivi per l’espulsione. La Corte d’appello ha respinto l’impugnazione. COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidando a dieci motivi. RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’art. 24 c.c., degli artt. 1175 e 1375 c.c. e dell’art. 19 Statuto associativo in relazione all’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c.. Il ricorrente deduce che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non si è attenuto alla procedura stabilita, omettendo di convocarlo, violazione rilevante anche ex artt. 1175 e 1375 c.c. Deduce che in ben due occasioni, il RAGIONE_SOCIALE aveva dettato le norme regolamentari della vicenda, ovvero di sentire previamente i tre soggetti cui erano state mosse le originarie contestazioni. Il ricorrente si riferisce specificamente al verbale del 3.12.2019 (qui doc. sub 6), per cui « il C.D. si riserva di avviare un chiarimento, così come richiesto nella e -mail convocandone i mittenti, prima di intraprendere ogni provvedimento del caso, nel solo intento di tutelare l’RAGIONE_SOCIALE stessa da ogni possibile coinvolgimento»; nonché al successivo verbale del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 20.12.2019, (qui doc. sub 7), per cui «per quanto riguarda la richiesta pervenuta x email da tre soci (vedi verbale precedente), Il Presidente è in attesa di informazioni specifiche in materia. Al ricevimento delle stesse, chiede autorizzazione, (che viene accordata) per discuterne con un gruppo
limitato di interlocutori (presidenti/vicepresidenti/ segretari) ed i richiedenti stessi, per poi relazionarne al RAGIONE_SOCIALE per le decisioni del caso».
1.2. -Il motivo è infondato.
Nei verbali che parte ricorrente trascrive non è stata deliberata alcuna regola procedurale: nel primo verbale si enuncia solo la riserva di una facoltà e nel secondo si autorizza il presidente a sentire le parti, ma non si impone che la audizione debba avvenire. Di contro l’art. 9 dello Statuto non fa menzione della obbligatorietà della convocazione ed è inconferente il riferimento agli articoli 1175 e 1375 c.c.
2. -Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione degli artt. 329 e 342 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c. in ragione del passaggio in giudicato per omessa specifica impugnazione della sentenza di primo grado della statuizione in ordine alla carenza di prova di uno degli addebiti. Il ricorrente deduce che una delle imputazioni poste a base dell’esclusione era l’asserita pesca di specie vietata e che tale imputazione è stata esclusa dalla sentenza di primo grado con pronuncia non specificamente impugnata.
2.1 -Il motivo è inammissibile.
La parte travisa il contenuto e la portata delle ragioni decisorie.
In primo luogo, non risulta che vi sia stato un accertamento specifico né in primo né in secondo grado sulla fondatezza dell’accusa di pesca antisportiva: nella frase indicata dalla parte a riprova del preteso passaggio in giudicato di una ‘statuizione’ non vi è accertamento sul fatto, nè sui suoi effetti, anzi esplicitamente si afferma che se ne può prescindere . La sentenza così si esprime « Tuttavia, a prescindere dalla controversa prova se gli attori avessero effettivamente praticato l’attività venatoria di specie protette, utilizzando le strutture dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE» e ciò significa
che ai fini della decisione è stata considerata rilevante altra ragione.
Deve qui ricordarsi che il giudicato interno si determina su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia (Cass. n. 10760 del 17/04/2019). Non tutte le affermazioni contenute in sentenza formano giudicato interno, ma solo quelle configurabili come capi completamente autonomi, risolutivi di questioni controverse che, dotate di propria individualità ed autonomia, integrino una decisione del tutto indipendente, e non anche quando si tratti di mere argomentazioni, oppure della valutazione di presupposti necessari di fatto che, unitamente agli altri, concorrano a formare un capo unico della decisione (Cass. n. 40276 del 15/12/2021)
La questione è peraltro di scarsa rilevanza perché la Corte ha ritenuto assorbente il profilo delle esternazioni sul social F acebook . Si legge infatti in motivazione: « Il socio COGNOME si è abbandonato a inutili e offensive esternazioni, pubblicate su Facebook, nei confronti degli organi dell’Associazione, minando in modo irrimediabile le fondamenta del rapporto associativo e rendendone impossibile la prosecuzione. Irrilevante appare, infine, il confronto con l’asserito diverso trattamento che sarebbe stato riservato alla socia COGNOME, non essendo la medesima in alcun modo coinvolta nella vicenda degli epiteti offensivi, posti a fondamento dell’esclusione del COGNOME ».
Peraltro, la circostanza che nelle strutture dell’RAGIONE_SOCIALE le parti avessero manipolato una specie protetta (tonno rosso) è dedotta dallo stesso ricorrente il quale stigmatizza il comportamento di altra socia che avrebbe prelevato una parte di questo tonno rosso (frutto della dedotta pesca antisportiva); il motivo presenta così una intrinseca contraddizione.
3. -Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la erronea applicazione dell’art. 9 Statuto e falsa applicazione dell’art. 24 c.c. e degli artt. 329 e 342 c.p.c.. Il ricorrente deduce che la sentenza gravata ha applicato l’art. 24 c.c. a fini di esclusione, anziché l’art. 9 dello Statuto, espressamente richiamato dalla delibera impugnata; non ha quindi valutato l’insussistenza degli elementi indicati dalla norma statutaria (prevalente su quella codicistica), ed in particolare l’assenza di danno patrimoniale o morale. Deduce che a mente dell’art. 9 dello Statuto la esclusione può avvenire se a) il socio non ottemperi alle disposizioni dello statuto dei regolamenti e delle deliberazioni adottate dagli organi direttivi dell’RAGIONE_SOCIALE; c) si rende moroso del versamento del contributo annuale per un periodo superiore tre corrente dall’inizio dell’esercizio sociale; c) svolga e tenti di svolgere attività contrarie agli interessi dell’RAGIONE_SOCIALE; d) in qualunque modo rechi i danni gravi patrimoniali e/o morali all’RAGIONE_SOCIALE. Lamenta che la Corte abbia fatto riferimento all’articolo 24 invece di accertare se sussistevano i presupposti di cui all’art 9 lett. d) e cioè che egli avesse arrecato gravi danni patrimoniali e/o morali alla RAGIONE_SOCIALE, come contestato.
3.1. -Il motivo è fondato.
Il Collegio intende dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale ove l’atto costitutivo dell’RAGIONE_SOCIALE contenga già una ben specifica descrizione dei motivi ritenuti così gravi da provocare l’esclusione dell’associato, la verifica giudiziale è destinata ad arrestarsi al mero accertamento della puntuale ricorrenza o meno, nel caso di specie, di quei fatti che l’atto costitutivo contempla come causa di esclusione; quando, invece, nessuna indicazione specifica sia contenuta nel medesimo atto costitutivo, o quando si sia in presenza di formule generali ed elastiche, destinate ad essere riempite di volta in volta di contenuto
in relazione a ciascun singolo caso, o comunque in qualsiasi altra situazione nella quale la prefigurata causa di esclusione implichi un giudizio di gravità di singoli atti o comportamenti, da operarsi necessariamente “post factum”, il vaglio giurisdizionale si estende necessariamente anche a quest’ultimo aspetto (Cass. n. 17907 del 04/09/2004; Cass. n. 2117 del 22/01/2024).
Nella specie, l’articolo 9 dello statuto (trascritto a pagina 9 del ricorso) è molto specifico nell’indicare le cause di esclusione del socio che: a) non ottemperi alle disposizioni dello statuto dei regolamenti e deliberazioni adottate dagli degli organi direttivi dell’RAGIONE_SOCIALE; b) si renda moroso del versamento del contributo annuale dovuto per un periodo superiore a mesi tre decorrente dall’inizio dell’esercizio sociale; c) svolga e tenti di svolgere attività contrarie agli interessi dell’RAGIONE_SOCIALE; d) che in qualunque modo arrechi danni gravi patrimoniali e/o morali alla RAGIONE_SOCIALE. Il ricorrente rileva inoltre che la stessa comunicazione della delibera di esclusione faceva riferimento all’articolo 9 dello statuto e segnatamente al comma d) (danni patrimoniali e morali). Di conseguenza la verifica giudiziale doveva ad arrestarsi all’accertamento della puntuale ricorrenza o meno, nel caso di specie, di quei fatti che l’atto costitutivo contempla come causa di esclusione, e non poteva più farsi riferimento alla clausola generale dei gravi motivi.
La Corte territoriale non ha accertato se il socio con il suo comportamento avesse recato danni patrimoniali o morali all’RAGIONE_SOCIALE, ma si è limitata ad accertare che erano stati pubblicati epiteti offensivi nei confronti degli organi dell’RAGIONE_SOCIALE e che questo aveva minato il rapporto sociale. Questi comportamenti sono stati ritenuti rilevanti in quanto integranti i gravi motivi di cui all’art. 24 c.c. poiché « idonei a incidere in modo irrimediabile sulla prosecuzione del rapporto
associativo. Di ciò non è possibile dubitare, in quando, pur avendo avuto la possibilità di difendersi nell’ambito dell’Associazione, utilizzando gli strumenti previsti all’uopo dallo Statuto, il socio COGNOME si è abbandonato a inutili e offensive esternazioni, pubblicate su Facebook, nei confronti degli organi dell’Associazione, minando in modo irrimediabile le fondamenta del rapporto associativo e rendendone impossibile la prosecuzione ».
Dalla motivazione della Corte di merito non emerge dunque la ritenuta sussistenza di un vero e proprio danno morale (né patrimoniale) arrecato all’RAGIONE_SOCIALE per il tramite di questi insulti nei confronti degli organi associativi, quanto piuttosto che ciò abbia minato il clima di affectio che dovrebbe connotare la società; il che però è cosa diversa dal fatto indicato nella lettera d) dell’art 9. dello Statuto. Le parole ‘danno patrimoniale’ e ‘danno morale’ hanno infatti uno specifico significato; per ritenere la sussistenza del danno non ci si può limitare all’accertamento del fatto in sé (evento) ma occorre che si accerti anche il pregiudizio subito dal soggetto e cioè il danno conseguenza. Nella sentenza impugnata manca completamente l’esame del pregiudizio che l’RAGIONE_SOCIALE (e non il Presidente o altri associati facenti parte degli organi sociali) avrebbe subito per effetto di questi comportamenti, perché l’indagine è piuttosto spostata sul mantenimento di buone relazioni tra socio e altri associati, ritenuto compromesso dagli insulti sul social network .
4. -Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la nullità della sentenza e del procedimento ex artt. 112 c.p.c. e 342 c.p.c. per non aver esaminato un motivo di appello. Il ricorrente deduce di avere eccepito la carenza di valenza ingiuriosa o diffamatoria delle espressioni attribuitegli ma tale motivo non è stato esaminato dalla Corte.
5. -Con il quinto motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’art. 24 c.c. e dell’art. 1455 c.p.c. e dell’art. 599 c.p. in relazione al diritto di critica: nel ritenere rilevanti le ingiurie ai fini dell’esclusione la Corte territoriale non ha valutato l’esistenza di una provocazione (le illegittime accuse di pesca di frodo).
5.1. -Questi motivi sono assorbiti, posto che la Corte di merito ha affermato che non si deve valutare se ricorrono i reati di ingiuria o diffamazione ma se il fatto di avere esternato commenti offensivi fosse un comportamento grave, idoneo a minare il rapporto societario. Le censure restano quindi assorbite perché l’errore della Corte è stato valutare questi fatti come comportamenti gravi – non necessariamente rilevanti penalmente -e non verificare se avessero cagionato un danno patrimoniale o morale alla RAGIONE_SOCIALE dovendo invece la verifica essere condotta su questo punto; vale a dire che si dovrà verificare non se sussistono tutti i presupposti dell’illecito penale, ma dell’illecito civile produttivo di danno.
6. -Con il sesto motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c. in ordine al valore probatorio assegnato alle conversazioni in chat. Il ricorrente deduce che la Corte territoriale, per ritenere provati gli addebiti ha utilizzato documenti ( screenshot di chat tratte da Facebook ) privi di certezza in ordine alla provenienza, alla data, alla riferibilità ed ampiamente contestati sin dal primo grado.
6.1. -Il motivo è infondato.
In primo luogo si rileva che nel processo civile possono anche avere in ingresso prove atipiche, secondo la discrezionale valutazione del giudice, mancando una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purché idonee a fornire elementi di giudizio
sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico -riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato -con le altre risultanze del processo (Cass. n. 9507 del 06/04/2023; Cass. n. 9957 del 16/04/2025). In ogni caso si rileva che le riproduzioni fotografiche costituiscono prova (art 1712 c.c.) se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose e nel caso di specie il ricorrente contesta che dette chat fossero prive di data e riferimenti nominativi, ma non che le fotografie non corrispondessero a quanto era stato pubblicato sul profilo Facebook. Deve inoltre qui ricordarsi che il disconoscimento delle fotografie non produce gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215, secondo comma, c.p.c., perché mentre questo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. n. 13519 del 29/04/2022).
7. -Il settimo motivo riguarda -così come quelli successivi -la statuizione sulle spese e si lamenta il passaggio in giudicato della statuizione inerente il valore della causa, per omessa specifica impugnazione della sentenza di primo grado in parte qua. Il ricorrente deduce che la Corte territoriale ha liquidato le spese come se la causa fosse di valore indeterminabile, laddove in primo grado, con statuizione non impugnata, si era applicato lo scaglione sino a 1.100,00 euro. Con l’ottavo motivo si deduce che la violazione di cui al motivo settimo rileva anche un come nullità del procedimento in relazione all’esistenza di un giudicato interno e con il nono motivo si deduce che l’effettivo valore della controversia va determinato alla luce del principio della domanda. Il ricorrente lamenta che ai fini della liquidazione delle spese legali la Corte di
merito non abbia tenuto conto del valore attribuito alla domanda giudiziale nell’atto di citazione del valore effettivo della stessa. Infine con il decimo motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’art. 75 disp. att. c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c. per aver la Corte territoriale liquidato somme superiori a quelle richieste in nota spese, con violazione del principio della domanda ex art. 112 c.p.c..
8. -I motivi sono assorbiti, poiché in esito al giudizio di rinvio si dovranno anche liquidare ex novo le spese del giudizio.
Ne consegue in accoglimento del terzo motivo del ricorso respinti i motivi primo secondo e sesto, assorbiti gli altri, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione per un nuovo esame sul punto e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie terzo motivo del ricorso, respinge i motivi primo, secondo e sesto, dichiara assorbiti i rimanenti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione per un nuovo esame sul punto e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 11/09/2025.
Il Presidente NOME COGNOME