Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16043 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16043 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 646/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t. , COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME NOME elett.te domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende con l ‘AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso;
–
-ricorrenti –
Oggetto:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE esclusione socio
AC – 06/06/2024
COGNOME NOME NOME elett.te domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l o studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 6623/2022, pubblicata il 20 ottobre 2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t., nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale aveva dichiarato l’invalidità della delibera assembleare della ridetta RAGIONE_SOCIALE, assunta in data 2 dicembre 2015, con cui NOME COGNOME era stata esclusa dalla compagine sociale, ai sensi degli artt. 2286 e 2287 cod. civ., respingendo la domanda di condanna generica al risarcimento del conseguente lamentato danno.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che la deliberazione di esclusione contestava alla NOME COGNOME, per il periodo in cui aveva amministrato la RAGIONE_SOCIALE, ‘ perdite che la Società parrebbe avere accumulato negli esercizi in cui la sig.ra NOME COGNOME ha ricoperto l’incarico di amministratore ‘ e imputava altresì alla medesima lo ‘ stato attuale di incertezza
esclusivamente imputabile alle omissioni della sig.ra NOME COGNOME COGNOME; b) che la genericità di tali contestazioni era stata corretta dall’ avvenuta specificazione, nel corso del giudizio di primo grado, delle circostanze inerenti alla contestazione della violazione dell’ obbligo di rendiconto, con particolare riguardo alla presenza di perdite (per € 1.089.401,80) e di ammanchi di cassa (per € 412.917,00) che avrebbero impedito ai soci di essere informati della situazione debitoria e di adottare i necessari correttivi, se del caso interrompendo l’attività e liquidando la RAGIONE_SOCIALE, ciò che li avrebbe invece esposti al rischio di azioni dei terzi creditori; c) che la dedotta violazione dell’obbligo di rendiconto non costitui va nella fattispecie in esame un grave inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto sociale e non ne legittimava quindi l’esclusione come socio, non avendo inciso sull’ affectio societatis , a nulla rilevando il sequestro conservativo subito dalla NOME COGNOME in altro giudizio, promosso per l’accertamento della responsabilità di quest’ultima quale amministratore della stessa RAGIONE_SOCIALE, stante la diversità oggettiva dei presupposti delle due azioni.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso lamenta «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2286, 2287 e 1455 c.c. (art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.). Nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 132, 1° comma, n. 4 c.p.c. e all’art. 118 disp. att. c.p.c., nonché all’art. 111 Cost. (art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c.)» deducendo l’ erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto che l’omessa rendicontazione annuale per oltre dieci anni rappresenterebbe soltanto una violazione degli obblighi di
amministratore, ma non costituirebbe ‘ anche un inadempimento grave da parte del socio, tale da rendere meno agevole il conseguimento dello scopo sociale, che è quello di esercitare l’impresa collettiva allo scopo di dividere gli utili conseguiti, e da giustificare l’esclusione dalla RAGIONE_SOCIALE ‘ , atteso che nelle RAGIONE_SOCIALE di persone non sarebbe possibile distinguere la posizione di socio da quella di amministratore, con la conseguenza che anche la violazione dei doveri gestori ridonderebbe in una lesione dell’ affectio societatis , tale da legittimare l’esclusione del socioamministratore. Sotto diverso profilo, la sentenza sarebbe nulla perché solo apparentemente motivata nella parte in cui avrebbe escluso la gravità dell’ inadempimento imputato all’odierna controricorrente e laddove avrebbe attribuito rilevanza all’inerzia di controllo da parte degli altri soci e al ‘ ringraziamento ‘ espresso dai soli soci pignoratizi in occasione della cessazione della predetta dalla carica.
Il ricorso è fondato.
La sentenza impugnata non è conforme alla costante e condivisibile giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 4404 del 02/07/1988; Sez. 1, Sentenza n. 2736 del 9/3/1995; più di recente, Sez. 1, Ordinanza n. 26059 del 05/09/2022), secondo cui nelle RAGIONE_SOCIALE di persone, e ancor più nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che ne costituisce l’archetipo di base, il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore non impedisce che le irregolarità o illiceità commesse dal solo amministratore determinino non solo la relativa revoca dalla carica, ma anche l’esclusione del socio per violazione dei doveri previsti dallo statuto a tutela della finalità e degli interessi dell’ente .
Invero, nelle RAGIONE_SOCIALE di persone non opera la struttura organicistica, propria delle RAGIONE_SOCIALE di capitali, in cui l’ente agisce per il tramite di organi diversi e distinti dai soci, con compiti e responsabilità altrettanto diversificati.
Il carattere distintivo dei due tipi societari – oltre che la diversa dinamica della responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali – è, infatti, anche la circostanza che nella RAGIONE_SOCIALE di persone la proprietà, la gestione e il controllo sono indistintamente affidati a tutti i soci, laddove nelle RAGIONE_SOCIALE di capitali le tre funzioni sono, o possono essere a seconda del tipo sociale, distinte tra loro.
Da tanto deriva, sempre a livello sistematico che, mentre nelle RAGIONE_SOCIALE di capitali la violazione dei doveri da parte dei diversi organi è affidata a ipotesi diverse e giuridicamente distinte tra loro, nelle RAGIONE_SOCIALE di persone (con la sola esclusione della RAGIONE_SOCIALE per la caratteristica tipologica inerente all’esistenza di due categorie distinte di soci) la violazione dei doveri del socio può essere dedotta da comportamenti che minino l’ affectio societatis sia in relazione ad atti di disposizione uti socius che da atti posti in essere nell’esercizio di funzioni gestorie o di controllo, parimenti rinvenibili in automatico nel patrimonio giuridico di tutti i soci.
Ciò è tanto più vero nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, come quella per cui è causa, ove la legge riconosce a tutti i soci, per la RAGIONE_SOCIALE constatazione dell’assunzione di tale qualità, il diritto di amministrare, distinguendosi solo le modalità (disgiuntiva o, congiuntiva) con cui tale attività può essere realizzata.
Peraltro, la circostanza che alcuni soci, pur avendone diritto, si astengano dall’ amministrare, affidando la gestione agli altri (eventualità che si è verificata nel caso di specie, ove è pacifico che NOME COGNOME abbia amministrato la RAGIONE_SOCIALE per dieci anni)
è espressamente contemplata dall’art. 2261 cod. civ. che, in tale evenienza, ribadisce che anche i soci non amministratori mantengono il diritto di ricevere da chi amministra tutte le informazioni inerenti allo svolgimento degli affari sociali, ivi compreso, ove tale esclusiva gestione duri più di un anno, il rendiconto analitico della gestione.
Con il ché si palesa l’ evidente erroneità della sentenza impugnata, laddove, senza minimamente confrontarsi con il dato normativo appena ricordato, si rinviene l’affermazione (pag. 6) secondo cui ‘ la dedotta violazione dell’obbligo di rendiconto non costituiva nella fattispecie in esame una grave inadempienza delle obbligazioni derivanti dal contratto sociale e non legittimava l’esclusione del socio, non avendo inciso sull’affectio societatis ‘.
Da tanto discende l’ erroneità del successivo accertamento in fatto compiuto dalla Corte di appello, che ha parcellizzato la rilevanza della condotta ascritta a NOME COGNOME, distinguendo erroneamente tra contestazioni inerenti alla sua posizione di socio e contestazioni connesse alla sua posizione di amministratore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza va, dunque, cassata e le parti rinviate alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà a rinnovare il giudizio secondo i principi sopra esposti e a regolare le spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Corte di appello
di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 giugno