Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4145 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 4145  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 2619/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO,  rappresentato  e  difeso  da ll’ AVV_NOTAIO, come da procura a margine del ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro  tempore ,  elettivamente  domiciliata  in  Roma,  INDIRIZZO ,  presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO come da procura in calce al controricorso
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del procuratore speciale NOME COGNOME, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della
Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO, come da procura in calce al controricorso
– controricorrente –
 avverso la sentenza n. 707/2022 del la Corte d’appello di Lecce, depositata in data 22.6.2022;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 14.12.2023 dal AVV_NOTAIO relatore AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 6.5.2009, RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Lecce la RAGIONE_SOCIALE, esponendo che in data 11.1.2008, in Lecce, alcuni dipendenti della convenuta, nel corso della esecuzione di lavori stradali di ‘ sbancamento e rifacimento del manto stradale per la realizzazione di una rotatoria spartitraffico ‘, avevano danneggiato con un mezzo meccanico un cavo da ‘2400 cp TARGA_VEICOLO‘ di proprietà di essa attrice; che tale attività era stata eseguita in assenza dei tecnici RAGIONE_SOCIALE ed in mancanza della fornitura – da parte della stessa società della ‘pianta dei sottoservizi’; che la riparazione del danno ad opera dell’intervento dei tecnici di RAGIONE_SOCIALE aveva comportato costi pari ad € 10.452,09. Chiedeva quindi la condanna della convenuta al risarcimento dei danni subiti. Costituitasi, la RAGIONE_SOCIALE chiamò in causa la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, quale società subentrante a RAGIONE_SOCIALE, che la copriva per i danni cagionati nel corso della propria attività; contestò poi le avverse domande, chiedendone il rigetto, nonché, in subordine, di essere manlevata dalla RAGIONE_SOCIALE da quanto eventualmente fosse stata condannata a pagare in favore dell’attrice. Costituitasi la RAGIONE_SOCIALE – che
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eccepiva la inoperatività della copertura assicurativa per effetto della assunta vigenza di una clausola che escludeva tra i rischi assicurati ‘ i danni a condutture ed impianti sotterranei in genere ‘ – ed istruita la causa, il Tribunale di Lecce, con Sentenza n.2727/2016 del 6.5.2016, accolse la domanda attorea e condannò RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della stessa RAGIONE_SOCIALE della somma di € 5.603,82, oltre IVA e competenze del giudizio. La RAGIONE_SOCIALE propose gravame e la Corte d ‘a ppello di Lecce, con sentenza del 22.6.2022, resa nel contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, accolse l’appello e , in riforma della prima decisione, dichiarò non operativa la garanzia assicurativa invocata dalla stessa COGNOME, rigettando ogni domanda da questa formulata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE; condannò poi RAGIONE_SOCIALE alla restituzione in favore della stessa RAGIONE_SOCIALE di tutte le somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza ricorre ora per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandosi a tre motivi, cui resistono con autonomi controricorsi RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) e RAGIONE_SOCIALE Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1366, 1367, 1369 e 1370, 1341, 1342, 1363 e 1364,  c.c.  e  106  c.p.c.  per  avere  la  Corte  d ‘a ppello  di  Lecce  erroneamente escluso la operatività della garanzia assicurativa fatta valere da RAGIONE_SOCIALE nei  confronti  di  RAGIONE_SOCIALE  sul  presupposto  dell’applicabilità  alla
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fattispecie della clausola limitativa della responsabilità dell’assicuratrice di cui all’art. 5.09,  lett.  m),  delle  condizioni  generali  contenute  nella  polizza  n. 761/30/5231944 sottoscritta fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
1.2 -Col secondo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1341 e 1342 c.c. ovvero, subordinatamente, omesso esame di un fatto decisivo per la controversia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di rilevare la vessatorietà della clausola di esclusione della responsabilità di cui all’art. 5.09, lett. m), delle condizioni generali contenute nella polizza n. 761/30/5231944 sottoscritta da RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALEna RAGIONE_SOCIALE.
1.3 -Con il terzo motivo, infine, si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. ovvero, subordinatamente, omesso esame di un fatto decisivo per la controversia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per avere la Corte d ‘a ppello di Lecce omesso di accertare la corresponsabilità di RAGIONE_SOCIALE nella causazione del danno occorso nella esecuzione degli interventi manutentivi stradali realizzati dalla RAGIONE_SOCIALE
2.1 -Il primo motivo è inammissibile.
Premesso anzitutto che, in relazione alla contestata operatività della polizza, la ricorrente  omette  di  riportare  per  esteso  (o  comunque,  con  una  congrua riassunzione) il complesso delle clausole governanti i rapporti inter partes , già solo per questo incorrendo nella sanzione processuale ex art. 366, comma 1, n. 3,  c.p.c.  (nel  testo  vigente ratione  temporis ),  da  quanto  emergente  dal controricorso risulta che il rischio garantito, oggetto del contratto, concerneva
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quanto l’assicurato (ossia, la COGNOME) fosse ‘ tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) per danni involontariamente cagionati a terzi per morte, lesioni personali, e per danneggiamenti a cose in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione alla costruzione delle opere, che abbia avuto origine nel luogo di esecuzione delle stesse ‘ (art. 5.02); alla successiva clausola di cui all’art. 5.09, denominata ‘rischi esclusi dall’assicurazione’ , era poi previsto che ‘ l’assicurazione non copre i danni … m) a condutture ed impianti sotterranei in genere ‘ .
Ora, la Corte salentina, a fronte di tale assetto convenzionale, ha ritenuto che ‘ la parte di clausola di cui si discute -lungi dall’ampliare smisuratamente la zona d’ombra entro la quale la società assicuratrice non risponde dei danni cagionati dall’assicurata si limita ad individuare una serie ben circoscritta di casi che non compo rtano l’insorgere dell’obbligazione dell’assicuratore ad eseguire la prestazione indennitaria, in quanto l’evento dannoso è connotato da una peculiarità predeterminata, ossia dalla particolare tipologia di beni interessati dal sinistro ‘; ed ha concluso, evidenziando che ‘ L’esclusione dal rischio garantito di una così limitata casistica (‘danni a condutture ed impianti sotterranei’) non è … certamente idonea né a comportare una preventiva limitazione di responsabilità, tale da violare le norme in materia di allocazione del rischio, né a svuotare di contenuto l’obbligazione della società assicuratrice fino a svilire la stessa causa del negozio giuridico de quo ‘ .
2.2 -Ebbene, il mezzo in esame si rivela comunque inammissibile perché -nonostante la nient’affatto implausibile ricostruzione ermeneutica operata dal
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giudice d’appello propugna (assumendo la formale veste contraria) non già la violazione delle norme in tema di interpretazione del contratto, bensì una propria personale interpretazione, che contrappone a quella operata dal giudice del merito, al quale detta attività è riservata. È ben noto il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui ‘ il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata ‘ (così, ex multis , Cass. n. 9461/2021).
Il mezzo che occupa, in tutta evidenza, non si conforma a tale granitica impostazione della giurisprudenza di questa Corte, per di più incorrendo -su un piano più generale -in una ulteriore ragione di inammissibilità, correlata alle modalità di denuncia del vizio di violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto: in proposito, non può che richiamarsi il principio affermato da Cass., Sez. Un., n. 23745/2020, secondo cui ‘ In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo
con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col  precetto  normativo,  non  potendosi  demandare  alla  Corte  il  compito  di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa ‘. Da tanto discende, dunque, la complessiva inammissibilità del primo motivo.
3.1 -Il secondo motivo è infondato.
Una volta definitivamente ricondotta la clausola in questione (per effetto dell’inammissibilità del mezzo che precede) al piano dell’oggetto del contratto di assicurazione, quale delimitazione del rischio garantito, ne resta evidentemente esclusa la pretesa natura limitativa della responsabilità ex art. 1229 c.c.; pertanto, la censura non coglie nel segno, perché ciò che attiene all’oggetto del contratto non può per definizione assumere carattere vessatorio, ex art. 1341 c.c. (si veda, per tutte, Cass. n. 12119/2020), come correttamente statuito dal giudice salentino.
4.1 -Il terzo motivo, infine, è inammissibile.
Anzitutto, lo è per insufficiente ed inidonea esposizione del fatto processuale, ex art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., nel testo vigente ratione temporis , perché la ricorrente  omette  di  indicare,  in  ricorso,  quali  domande  avesse  proposto  in appello  nei  confronti  di  RAGIONE_SOCIALE,  oltre  a  chiedere  la  conferma  della decisione del Tribunale.
La censura si rivela comunque inammissibile perché, come rilevato dalla Corte salentina (peraltro, con statuizione qui non censurata, se non altro adeguatamente), la COGNOME s’è costituita tardivam ente nel giudizio d’appello,
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chiedendo il rigetto dell’appello della RAGIONE_SOCIALE e proponendo ‘ richieste sostanzialmente integranti un inammissibile … appello incidentale condizionato ‘. Se dunque tali richieste sono state qualificate inammissibili, per come formulate nel giudizio d’ appello, non può la COGNOME qui dolersi di una presunta omessa pronuncia (e men che meno di un omesso esame di fatto decisivo per il giudizio): del tutto correttamente pretermettendo il giudice l’esame del merito di una domanda, ove abbia rilevato un impedimento preclusivo in rito.
5.1 -In  definitiva,  il  ricorso  è  rigettato.  Le  spese  di  lite,  liquidate  come  in dispositivo, seguono la soccombenza.
In  relazione  alla  data  di  proposizione  del  ricorso  principale  (successiva  al  30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio  di  legittimità,  che  liquida  per  ciascuna  delle  controricorrenti in  € 3.000,00  per  compensi,  oltre €  200,00  per  esborsi ,  oltre  rimborso  forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co . 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il  versamento,  da  parte  della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno