Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20331 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20331 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33021/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME PAOLO (CODICE_FISCALE);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrente –
nonchè contro
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI LECCE – SEZ.DIST. DI TARANTO n. 409/2019, depositata il 01/08/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE chiedeva al Tribunale di Taranto l’annullamento per errore essenziale, errore di diritto o bilaterale, o in subordine la risoluzione, con domanda di risarcimento del danno, di due contratti stipulati in data 07.02.2007 tra l’attrice acquirente e le venditrici, NOME e NOME COGNOME, per la compravendita di un vasto terreno per il prezzo di €. 2.300.000,00, sito nel Comune di Grottaglie.
Sosteneva RAGIONE_SOCIALE che dal certificato di destinazione urbanistica (‘ CDU ‘) allegato al contratto di vendita il terreno risultava ricadere in diverse parti: E (agricola), EAR (area di interesse archeologico), F2 (parchi pubblici) nonché viabilità di progetto.
Successivamente alla stipula dei contratti, RAGIONE_SOCIALE apprendeva che il terreno acquistato era stato quasi interamente incluso nel Parco Regionale delle Gravine sin dalla sua data di istituzione, avvenuta con L.R. 20 dicembre 2005, n. 18. Circostanza, questa, che frustrava qualsiasi intento speculativo della società acquirente, che si era determinata all’acquisto per attivare iniziative di trasformazione del territorio al fine di incentivare interventi costruttivi (di edilizia popolare e produttiva) valevoli anche per la zona agricola.
RAGIONE_SOCIALE citava in giudizio anche il Comune di Grottaglie per sentire accertare la sua responsabilità per lesione dell’affidamento riposto sul CDU, atteso che detto certificato era incompleto, avendo il Comune omesso di indicare il vincolo derivante dall’inclusione dell’area nel perimetro del Parco delle Gravine.
1.1. Il Tribunale di Taranto rigettava le domande attoree ritenendo che RAGIONE_SOCIALE non fosse incorsa in alcun errore di fatto né di diritto rilevante giuridicamente, poiché il terreno oggetto di compravendita, ricadendo in zona agricola ed interesse archeologico, non possedeva alcuna vocazione edificatoria (come risultava dal CDU); non rilevava nemmeno l’istituto della presupposizione, essendo rimasto «motivo inespresso» l’intenzione dell’acquirente di edificare o di attuare altro tipo di sfruttamento dell’area; rigettava anche la domanda di risarcimento del danno avanzata nei confronti del Comune di Gravina, sul presupposto che il CDU era stato redatto in conformità all’art. 30 del T.U. Edilizia, riportando solo le prescrizioni risultanti dalla pianificazione urbanistica esistente, mentre le misure di salvaguardia provvisoria previste nell’art. 4, L.R. n. 18/2005 istitutiva del Parco d elle Gravine non hanno natura pianificatoria, non essendo stato ancora emanato il Piano territoriale del Parco.
La pronuncia veniva appellata da RAGIONE_SOCIALE innanzi alla Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto che, con sentenza n. 409/2019, rigettava il gravame cosi argomentando:
-non poteva sussistere errore sull’edificabilità del terreno per effetto dell’istituzione del Parco delle Gravine, atteso che il terreno era già prevalentemente inedificabile in relazione alla sua natura agricola ed archeologica;
presenta rilevanza assorbente la circostanza che l’istituzione del Parco delle Gravine è avvenuta attraverso una legge regionale
pubblicata nel Bollettino Ufficiale Puglia 27 dicembre 2005, n. 157, sicché costituiva onere dell’acquirente assumere relativa diretta conoscenza, senza necessità di doverne ricevere notizia dalle venditrici. L’errore, pertanto, si configura come inescusabile;
all’inescusabilità del presunto errore deve aggiungersi la sua non riconoscibilità, sia perché praticamente non erano intervenute variazioni urbanistiche incidenti sul regime dell’edificabilità, sia perché non risulta che le venditrici conoscessero il programma edilizio che aveva mosso RAGIONE_SOCIALE all’acquisto del bene;
la non riconoscibilità degli intenti di RAGIONE_SOCIALE esclude anche la configurabilità di presupposizione, ossia la sussistenza di una tacita condizione negoziale afferente all’edificazione del terreno compravenduto, circostanza questa priva di riscontri;
nessuna correlata responsabilità può essere ascritta al Comune di Grottaglie: non si può ritenere che l’assenza di richiami normativi all’interno del CDU abbia potuto generare fallace valutazione in capo all’acquirente, atteso che esso descrive analiticamente la vocazione urbanistica delle varie particelle compravendute e, comunque, non appariva necessario il richiamo ad un dato normativo che, da un lato, doveva essere noto all’acquirente, dall’altro abbisognava di ulteriori misure per l’attuazione e per la conseguente variazione urbanistica. Infatti, l’effettiva e definitiva variazione urbanistica sopravviene solamente all’esito di strumenti attuativi, che non consta fossero già intervenuti al tempo del negozio impugnato.
Avverso la suddetta pronuncia proponeva ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandosi a cinque motivi.
Resistevano con separati ricorsi il Comune di Grottaglie e INDIRIZZO COGNOME.
In prossimità dell’adunanza tutte le parti depositavano memorie.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo si deduce error in iudicando ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. – Violazione degli artt. 2, 3, 4 e 7 del D.M. n. 1444/69 – Violazione dell’art. 41quinquies della legge n. 1150/42 – Violazione dell’art. 4 della L.R. n. 18/2005 e dell’art. 12 della legge n. 394/1991. E’ privo di fondamento l’assunto cui perviene l’impugnata pronuncia – ossia che le potenzialità edificatorie dei terreni compravenduti erano già precluse dall’originaria destinazione urbanistica dell’area prevalentemente agricola – in quanto omette di considerare le differenze prescrittive e, conseguentemente, di valutazione economica che intercorrono tra il regime previsto dalle norme statali e comunali per le zone agricole (E) e il regime «a parco» impresso dalle leggi regionali n. 19/1997 e n. 18/2005.
2. Con il secondo motivo si deduce error in iudicando ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.- Violazione o falsa applicazione degli artt. 1428 e 1429 cod. civ. Violazione dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/2001 Violazione dell’art. 8 della L.R. n. 19 del 1997 e dell’art. 4 della L.R. n. 18 del 2005. Subordinando l’annullabilità del contratto ex art. 1428 cod. civ. alla scusabilità dell’errore (oltre all’essenzialità ed alla riconoscibilità), il giudice di seconde cure ha effettuato un allargamento ingiustificato della portata della norma. Inoltre, sono infondate le conclusioni del giudice d’appello laddove ritiene che il CDU non abbia potuto incidere sul processo formativo del consenso dell’acquirente: la presenza del vincolo taciuto dal venditore e non riportato nel CDU – in violazione dell’art. 30 D.P.R. n. 380 nel 2001, in virtù del quale tra le prescrizioni urbanistiche di cui il CDU deve fornire un quadro completo rientrano certamente le norme dettate dalla legge istitutiva del Parco delle Gravine nonché le misure di salvaguardia previste dalla legge regionale sulle aree naturali protette (L.R. n.
19/1997) – rispetto alla conosciuta destinazione agricola dei terreni attestata dal certificato, è stata determinante (quindi è essenziale) del consenso dato dall’acquirente. Da qui discende la chiara responsabilità del Comune di Grottaglie, atteso che le qualità del terreno hanno senz’altro ingenerato un affidamento incolpevole sulla tipologia dell’area in vendita.
Con il terzo motivo si deduce error in iudicando ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. – Violazione degli artt. 1428 e 1430 cod. civ. -Violazione del principio di presupposizione -Violazione dell’art. 1429 cod. civ. L’errore in cui è incorsa la società ricorrente, oltre ad essere determinante del consenso, era certamente riconoscibile dalle venditrici, avuto riguardo alla qualità di imprenditore edile qualificato della RAGIONE_SOCIALE, nota alle venditrici; all’elevato prezzo di acquisto indicato in atti, improponibile per aree con la destinazione indicata nel cdu; alla notorietà, nel territorio in cui risiedevano le venditrici, dell’istituzione del Parco regionale «Terra delle Gravine». In ogni caso, anche a voler ritenere che le parti venditrici non conoscessero il programma edilizio che aveva mosso la società all’acquisto dei terreni, il contratto andava annullato per errore bilaterale, cioè errore comune ad entrambe le parti contraenti per il quale non è richiesto il requisito della riconoscibilità. Peraltro, erroneamente la Corte d’Appello ha escluso la configurabilità della presupposizione perché rimasta priva di riscontri, posto che emerge per tabulas l’inesistenza originaria della situazione presupposta, ossia la destinazione agricola dei terreni immaginata dai contraenti e attestata dal CDU, in realtà mai esistita.
3.1. I primi tre motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto tutti censurano la pronuncia impugnata sotto il profilo di un error in iudicando , nella parte in cui ritiene l’insussistenza dell’errore
afferente all’edificabilità del terreno compravenduto. Essi sono infondati per le ragioni che seguono.
In tema di vendita immobiliare, la falsa rappresentazione della realtà circa la potenzialità edificatoria di un terreno può integrare l’ipotesi normativa dell’errore di fatto su una qualità dell’oggetto ove le parti abbiano concluso il contratto ignorando la vera natura del bene. Le eventuali diverse determinazioni delle competenti autorità in materia urbanistica possono determinare, in applicazione dell’istituto della presupposizione, la risoluzione del contratto di compravendita di un immobile che le parti abbiano concluso nel comune presupposto della sua edificabilità, sempreché tale fatto non abbia costituito oggetto di espressa regolamentazione.
3.1.1. Nel caso che ci occupa, q uanto all’errore di fatto , deve escludersi l’ i potesi dell’errore comune , posto che è pacifico che la destinazione urbanistica del terreno venduto fosse nota ad entrambe le parti. Del resto, le potenzialità edificatorie sulle quali insiste il ricorso (pp. 14 -16) dipendono comunque da scelte discrezionali dell’Amministrazione (v. sul punto controricorso COGNOME, p. 4 ultimi due capoversi). Né è ravvisabile la responsabilità del Comune di Grottaglie in punto di mancata indicazione dell’inserimento del terreno nel Parco delle Gravine, posto che – come ampiamente argomentato nel controricorso del Comune di Grottaglie: pp. 11 – 21) – il contenuto obbligatorio del CDU, emergente dal complesso normativo rilevante, è limitato all’indicazione della destinazione urbanistica dell’area, senza dover dar conto delle eventuali misure di salvaguardia (nel caso di specie, contenute nella L.R. n. 18 del 2005) temporanee e soggette a termini di decadenza, in attesa dell’approvazione definitiva del Piano Regolatore da parte della Regione Puglia.
3.1.2. Q uanto all’errore unilaterale , vale richiamare il costante orientamento di questa Corte per il quale (cfr. Cass. n. 980/1991) il requisito della riconoscibilità è dettato dagli artt. 1431 e 1428 cod. civ. a tutela della buona fede dell’altro contraente, per modo che l’indagine sulla ricorrenza di detto requisito si risolve in un’indagine sulla buona fede dell’altro contraente. Ed infatti, in tema di annullamento del contratto per errore è necessario accertare, da un lato, se la parte caduta in errore si sia indotta alla stipula del contratto in base ad una distorta rappresentazione della realtà, determinante nell’indurlo a concludere il negozio; dall’altro, se con l’uso della normale diligenza l’altro contraente avrebbe potuto rendersi conto dell’altrui errore, non essendo in concreto richiesto che l’errore sia stato riconosciuto, bensì l’astratta possibilità di tale riconoscimento, in una persona di media avvedutezza (così ex multis : Cass. Sez. U, 01.07.1997, n. 5900; Cass. 1 ottobre 1993, n. 9777; Cass. n. 2518/1990). Trattasi peraltro di un’indagine, quella sul concorso degli elementi dell’essenzialità e riconoscibilità, che si risolve in un accertamento di fatto (Cass., 28/11/2019 n. 31078, Cass. 29/06/1985 n. 3892).
3.1.3. La Corte d’Appello ha ritenuto insussistente l’errore sull’edificabilità del terreno, non solo in quanto esso era già prevalentemente inedificabile in relazione alla sua natura agricola ed archeologica, ma soprattutto per il rilievo assorbente assunto dalla circostanza per cui l’istituzione del Parco delle Gravine è avvenuta attraverso una Legge Regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale Puglia, sicché costituiva onere dell’acquirente assumere relativa diretta conoscenza senza necessità di riceverne notizia dalle venditrici. Tanto basta, quindi, ad escludere, nel convincimento del giudice di seconde cure, quella «distorta rappresentazione della realtà» impropriamente
qualificata in motivazione come «inescusabilità» (v. sentenza p. 5 ultimo capoverso; p. 6, 1° e 2° capoverso).
3.2. Quanto al richiamato istituto della presupposizione (o condizione non svolta) essa è configurabile «quando dal contenuto del contratto risulti che le parti abbiano inteso concluderlo soltanto subordinatamente all’esistenza di una data situazione di fatto che assurge a presupposto della volontà negoziale, la mancanza del quale comporta la caducazione del contratto stesso, ancorché a tale situazione, comune ad entrambi i contraenti, non sia fatto espresso riferimento» ( ex multis : Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13435 del 15.05.2024, Rv. 671351 -02; Cass. Sez. 2, Sez. 2, Sentenza n. 13578 del 17/12/1991, Rv. 475078 -01; Cass. n. 8200 del 11.08.1990). La presupposizione sussiste, dunque, laddove acquisti rilievo una circostanza esterna, comune alle parti ovvero rispetto alla quale una parte abbia conosciuto l’importanza determinante che la circostanza assume per l’altra. Tuttavia, la semplice conoscenza dell’importanza che una circostanza ha per la controparte non vale a subordinare a tale circostanza la sorte del contratto, poiché ne risulterebbe violata l’esigenza dell’affidamento: se una parte attribuisce importanza ad una data circostanza, non può riversarne il rischio sull’altra parte per il solo fatto che questa ne era a conoscenza. Il problema della presupposizione, in altri termini, non può essere risolto nel richiamo alla volontà delle parti, ma ad un criterio obiettivo di equilibrio contrattuale, non oggetto di discussione tra le parti. Inoltre, la circostanza che il terreno medesimo, contrariamente alle aspettative del promissario acquirente, risulti inedificabile, può abilitare quest’ultimo a chiedere la risoluzione ex tunc del rapporto, in applicazione dell’istituto della cosiddetta presupposizione, solo se si tratti di inedificabilità sopravvenuta alla conclusione del contratto
(Cass. n. 13435 del 2024, cit.), altrimenti si ricadrebbe nell’ipotesi di errore.
3.2.1. A giudizio della Corte territoriale, ad escludere il ricorso all’istituto della presupposizione sta il fatto che la prevalente inedificabilità del suolo oggetto della compravendita fosse già ritenuta rilevante ai fini dell’esclusione dell’errore: v. supra punto 3.1.1. Va ricordato che l’indagine diretta a stabilire se una determinata situazione di fatto o di diritto, esterna al contratto, sia stata tenuta presente dai contraenti nella formulazione del consenso, secondo lo schema della presupposizione, si esaurisce nell’interpretazione del contratto e costituisce, pertanto, un accertamento di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se, come in specie, immune da vizi logici e giuridici (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24295 del 2006, citata nel ricorso).
3.3. I motivi di ricorso, così come articolati, si risolvono in sostanza in un’indebita sollecitazione a questa Corte a procedere ad una nuova rivalutazione dei fatti essenzialmente ispirata ad una soggettiva valutazione della convenienza dell’affare, ancorché la sussunzione della vicenda concreta nella norma astratta, ritenuta applicabile alla fattispecie, sia supportata da un’esaustiva motivazione che logicamente e coerentemente ha esaminato i diversi elementi.
Con il quarto motivo si deduce violazione ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. La ricorrente censura l’omessa pronuncia, essendosi il giudice d’appello limitato a valutare la mancata configurabilità della presupposizione non pronunciandosi sull’eccezione riguardante la garanzia ex art. 1489 cod. civ. per la presenza di un onere non apparente da cui risultava gravato il terreno compravenduto, in violazione del principio tra chiesto e pronunciato.
4.1. Il motivo è infondato. Vero che nel caso in cui sia stata garantita la destinazione edificatoria del suolo la fattispecie può essere ricondotta nell’ambito della garanzia prevista dall’art. 1489 cod. civ. in materia di cosa gravata da oneri non apparenti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13435 del 15/05/2024, Rv. 671351 – 02). Tuttavia, nel caso che ci occupa, la Corte d’ Appello ha implicitamente statuito negativamente sul punto: come evidenziato supra (punto 3.1.1.), la motivazione della Corte territoriale è fondata sul mancato riconoscimento della diligenza di parte acquirente, che non ha assunto le informazioni necessarie per soddisfare gli scopi dell’acquisto semplicemente consultando la Gazzetta Ufficiale, senza necessità di «accurate indagini» (cfr. ricorso p. 24, 1° capoverso).
5. Con il quinto motivo si deduce violazione ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. La ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sulla richiesta di prova testimoniale, benché l’allora appellante avesse espressamente riproposto con l’atto di appello le stanze istruttorie formulate in primo grado, al fine di evidenziare sia la notorietà sul territorio di residenza delle venditrici dell’istituzione del Parco Regionale Terra delle Gravine, sia le motivazioni che avevano indotto la stessa RAGIONE_SOCIALE a stipulare l’atto di acquisto.
5.1. Il motivo è inammissibile. La denuncia in sede di legittimità dell’omessa valutazione della richiesta di ammissione di prove deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali la prova trascurata avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass., 26/06/2018, n. 16812; Cass., 28/09/2016, n. 19150). Il mezzo di gravame, invece, si limita a sostenere -come rivelano i riportati capitoli di prova sottoposti all’esame del giudice di merito -la responsabilità di parte venditrice riguardo la conoscenza dell’inclusione del terreno oggetto di vendita nel Parco delle G ravine:
conoscenza che, come più volte ricordato, a giudizio della Corte d’Appello incombeva alla diligenza di parte acquirente.
6. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore di ciascuno dei controricorrenti, che liquida in € . 9.000 ,00 per compensi, oltre ad € . 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Seconda Sezione