Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34783 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34783 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
Oggetto: Revocazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20765/2023 R.G. proposto da
NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME.
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME nel cui studio in Carini, INDIRIZZO sono elettivamente domiciliati.
-controricorrenti –
COGNOME
-intimati –
Per la revocazione del l’ordinanza n. 7611 /2023 emessa dalla Corte di Cassazione il 10/2/2023, pubblicata il 16/3/2023 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 novembre 2024 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (classe 1936) e NOME COGNOME (classe 1966), convenivano in giudizio, dinanzi il Tribunale di Palermo, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, esponendo di essere proprietari di alcuni appezzamenti di terreno ubicati tra la INDIRIZZO e la INDIRIZZO iscritti al catasto foglio 47 particelle 652, 1194, 651 e 650 e rappresentando che le due vie erano collegate da un viottolo della larghezza di un metro e della lunghezza di 80 metri sul quale avevano da oltre cinquant’anni esercitato la servitù di passaggio. Gli attori chiedevano, pertanto, dichiararsi l’acquisto per usucapione del diritto di passaggio sul viottolo in esame.
I convenuti chiedevano il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettava le domande.
Gli attori proponevano gravame avverso la sentenza di primo grado e i convenuti resistevano all’impugnazione chiedendone il rigetto.
La Corte d’Appello di Palermo, in riforma della sentenza del Tribunale, accertava e dichiarava l’acquisto per avvenuta usucapione della servitù di passaggio pedonale in favore degli immobili di proprietà degli appellanti attori da esercitarsi lungo il viottolo largo un metro e lungo 80 metri che collegava INDIRIZZO con INDIRIZZO come raffigurato nelle planimetrie allegate al fascicolo degli attori e a quello dei convenuti, ritenendo che testimoni di sicura attendibilità, nell’indifferenza dei fatti di causa, avessero dichiarato di aver visto gli appellanti da sempre esercitare il passaggio pedonale lungo tutta l’estensione del viottolo (in particolare i testi NOME, COGNOME NOME e altro, secondo cui esisteva il passaggio pubblico e pacifico), che la
deposizione di segno contrario resa dal teste NOME COGNOME ( rectius NOME COGNOME) non fosse rilevante in quanto la presenza di rami sporgenti non poteva essere di ostacolo al traffico, al più rendendone difficoltoso l’esercizio, che la domanda degli originari attori fosse diretta proprio a far cessare la turbativa derivante dalla presenza di rami che rendevano più difficile transitare, che non fosse rilevante la collocazione del cancello all’imbocco del viottolo, lato INDIRIZZO in difetto di prova della sua chiusura con un lucchetto, tale da rendere impossibile l’accesso al viottolo medesimo, che la mancanza di interclusione del fondo non potesse assumere rilevanza posto che per usucapione si acquisiva una servitù volontaria e, infine, che non vi fossero dubbi sull’esistenza di opere visibili e permanenti destinate al transito e all’asservimento della stradella a beneficio dei fondi.
In conclusione, secondo la Corte d’Appello, il primo giudice non aveva correttamente esaminato e interpretato la domanda in relazione agli atti essenziali prodotti che pure concorrevano a individuare il contenuto sostanziale della pretesa azionata, né aveva ricostruito integralmente il senso dell’atto introduttivo rispetto al quale era palese la domanda di riconoscimento della servitù per usucapione e la cessazione delle turbative.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME proponevano ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza con quattro motivi, mentre NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME (classe 1936) e NOME COGNOME (classe 1966) resistevano con controricorso.
Questa Corte dichiarava inammissibile il ricorso con ordinanza n. 7611/2023, ritenendo che, con la prima doglianza, si richiedesse una sostanziale rivisitazione nel merito della vicenda, che, quanto alla seconda, la qualificazione della domanda (nella specie considerata di usucapione della servitù di passaggio) spettasse al giudice di merito, che, quanto alla terza, i ricorrenti avessero
prospettato una questione nuova (quella afferente al mancato chiarimento dei presupposti della legittimazione passiva delle parti) e che, in ordine alla quarta censura, i ricorrenti non avessero indicato quali fossero i documenti asseritamente utilizzati dalla Corte d’Appello e non prodotti fin dal giudizio di primo grado.
Contro la predetta ordinanza della Corte di legittimità, COGNOME Anna, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME propongono ricorso per revocazione, affidato a quattro motivi. COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME si sono difesi con controricorso.
COGNOME NOME e COGNOME NOME sono rimasti invece intimati.
Il consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
In seguito a tale comunicazione, i ricorrenti, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, hanno chiesto la decisione del ricorso.
E’ stata fissata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso, ci si duole della declaratoria di inammissibilità del primo motivo, col quale si lamentava l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e la violazione degli artt. 1158, 1163, 1167, 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, nn. 3-5, cod. proc. civ., perché la stessa aveva avuto riguardo alla mancata valutazione da parte dei giudici di merito della non contestazione di alcune circostanze in fatto, date dalla presenza di un cancelletto chiuso con lucchetto rugginoso e di un’autovettura posta proprio davanti all’imbocco del viottolo idonee a impedire l’accesso allo stesso, le quali proprio perché pacifiche non avrebbero dovuto essere provate, con la
conseguenza che i giudici di merito avevano errato nell’applicare il principio del riparto dell’onere della prova allorché avevano considerato indimostrate le suddette circostanze.
Col secondo motivo, si lamenta la declaratoria di inammissibilità del secondo motivo, col quale era stata lamentata la violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. per oggetto ‘diverso e nuovo’ della causa d’appello, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito omesso di considerare che gli attori avevano fondato la domanda afferente al loro diritto di passaggio ora su una pretesa titolarità di servitù prediale acquisita per usucapione, ora su una pretesa comproprietà fondata su una scrittura del 6/4/1954, di cui avevano prodotto una nota di trascrizione, oltre ad avere proposto per la prima volta una domanda risarcitoria secondo equità, sicché, per un verso, la prima questione non afferiva alla qualificazione della domanda e, per altro verso, la seconda questione, siccome proposta per la prima volta in appello, avrebbe dovuto essere valutata ai fini delle spese.
Col terzo motivo, si lamenta la declaratoria di inammissibilità del terzo motivo, con quale era stata lamentata la violazione dell’art. 100 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e, dunque, il difetto di legittimazione passiva, in quanto detta questione non era nuova, essendo stata proposta già nel primo grado del giudizio. In quella sede era stata infatti evidenziata l’inammissibilità di una contestuale domanda di accertamento della comproprietà del bene e della servitù di passaggio, ponendosi una tale affermazione in contrasto col principio del nemini res sua servit , e comportando dubbi sulla legittimazione passiva e sulla integrità del contraddittorio.
Col quarto motivo, si lamenta la declaratoria di inammissibilità del quarto motivo di doglianza, col quale era stata lamentata la violazione degli artt. 345 cod. proc. civ. 1158, 1061 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.,
perché i giudici di merito avevano omesso di considerare che l’unico documento prodotto dalle controparti in primo grado era la nota di trascrizione dell’atto di permuta del 1954, sicché non avrebbero potuto decidere sulla base degli altri documenti prodotti tardivamente in giudizio in quanto nuovi.
5. Il ricorso per revocazione è inammissibile.
In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l’errore revocatorio è configurabile nelle ipotesi in cui la Corte sia giudice del fatto e, in particolare, quando abbia valutato sull’ammissibilità e procedibilità del ricorso, e si individua nell’errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati (Cass., Sez. U, 30/10/2008, n. 26022; Cass., Sez. 5 , 08/06/2018, n. 14929;Cass., Sez. 1, 2/2/2024, n. 3059).
Non è, invece, viziata da errore revocatorio la sentenza della Corte di Cassazione nella quale il collegio abbia dichiarato l’inammissibilità del ricorso per motivi attinenti al merito delle questioni ed a valutazioni di diritto e, segnatamente, all’asserita erronea applicazione di norme processuali, vertendosi, in tali casi, su errori di giudizio della Corte (Cass., Cass., Sez. U, 19/7/2024, n. 20013; Cass., Sez. 1, 2/2/2024, n. 3059; Cass., Sez. U, 27/11/2019, n. 31032; Cass., Sez. 5 , 08/06/2018, n. 14929; Cass., Sez. U, 30/10/2008, n. 26022), né è viziata da errore di fatto la sentenza della quale si censuri la valutazione di uno dei motivi del ricorso ritenendo che sia stata espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell’atto d’impugnazione,
perché in tal caso è dedotta un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso (Cass., Sez. 6-3, 15/2/2018, n. 3760; Cass., Sez. 2, 12/5/2011, n. 10466).
Nel caso di specie, i ricorrenti censurano l’interpretazione e la valutazione dei motivi di ricorso per cassazione e deducono fatti che costituirono punti controversi sui quali l’ordinanza ebbe a pronunciarsi, mentre sulla questione della novità riscontrata dall’ordinanza impugnata nell’esame del terzo motivo, non colgono neppure la ratio della pronuncia, che era fondata sul fatto che mancassero indicazioni sulla localizzazione, cioè sulla fase e sull’atto processuale in cui la questione era stata sollevata, cioè su un difetto di autosufficienza. Soluzione, questa, in linea con la costante giurisprudenza di legittimità secondo cui, ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr. tra le varie, Sez. 2 – , Ordinanza n. 2038 del 24/01/2019).
In definitiva, non essendo la valutazione del contenuto degli atti di parte e della motivazione della ordinanza impugnata idonea ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 391 bis e 395, n. 4) cod. proc. civ., il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico del ricorrente.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vanno applicati -come
previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge – in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso per revocazione e condanna in solido i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge; condanna altresì il ricorrente, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma ulteriore liquidata in € 3.500,00, nonché al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20/11/2024.
Il Presidente NOME COGNOME